fbpx L’antimalarico solleva i CD4 | Scienza in rete

L’antimalarico solleva i CD4

Primary tabs

Read time: 1 min

Dopo la scoperta dell’efficacia di un trattamento precoce per bloccare la trasmissione dell’HIV, arriva un’altra buona notizia dal fronte, ormai un po’ troppo trascurato, della lotta all’AIDS. Anche in questo caso non si tratta di nuovi costosi farmaci o interventi inapplicabili nella parte del mondo più colpita dal flagello, ma, al contrario, di un rimedio familiare e già a portata di mano degli africani e degli altri abitanti dei paesi in via di sviluppo. L’idrossiclorochina, da sempre utilizzata per la cura della malaria, riesce infatti a modulare l’attivazione del sistema immunitario e far risalire i livelli dei linfociti CD4+ anche in quei pazienti (uno su cinque, secondo le statistiche) in cui questo importante parametro non risponde alla terapia antivirale. Lo ha dimostrato su Blood Mario Clerici con la sua èquipe dell’Università di Milano, in uno studio che ha coinvolto 20 pazienti nei quali i farmaci non erano riusciti a ristabilire la conta linfocitaria, da cui più di tutto dipende la prognosi. Dopo un trattamento durato sei mesi con 400 mg al giorno di idrossiclorochina, i ricercatori hanno registrato diversi segnali di un nuovo equilibrio ristabilito al livello del sistema immunitario e percentuali più alte di linfociti CD4+ circolanti, che tendevano a durare dopo due mesi dall’interruzione della cura.  

Blood published online before print May 16, 2011, doi: 10.1182/blood-2011-01-329060

Autori: 
Sezioni: 
AIDS

prossimo articolo

Come rendere più sostenibile il sistema sanitario? L’esperienza concreta della ASST Bergamo Est

Un grande ospedale formato da più edifici immersi nel verde, con alberi e aiuole e pannelli solare sui tetti.

Il settore sanitario è il primo, tra quelli che erogano servizi, per emissioni di gas serra. La diminuzione delle emissioni relative ai servizi sanitari dovrebbe essere un obiettivo primario per medici e direttori sanitari. Antonio Bonaldi ha tracciato per noi uno schema dei settori e degli interventi che dovrebbero essere realizzati. Bianca Ricciardella, direttrice sanitaria dell’ASST Bergamo Est, racconta l’esperienza nei poli ospedalieri e territoriali della ASST nell’orientare la gestione complessiva verso una maggiore sostenibilità. Crediti immagine: realizzata da DALL-E

Tra i settori che contribuiscono alle emissioni di CO2, causa dell’effetto serra e del conseguente riscaldamento climatico, si annovera anche quello sanitario. E non in una posizione secondaria, anzi: il suo contributo si calcola, secondo una pubblicazione del Lancet, nella misura del 5,2%, il che lo pone al primo posto tra i settori che erogano servizi.