fbpx Ricerca e formazione: in sette anni i tagli più profondi | Scienza in rete

Ricerca e formazione: in sette anni i tagli più profondi

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

La spesa pubblica in Italia cresce, anche al netto del debito pubblico. Ma alcune voci di spesa diminuiscono. E anche piuttosto drasticamente. Le voci che diminuiscono di più sono gli investimenti in ricerca, università e scuola.
È questo, in estrema sintesi, quello che ci dice il documento “L'andamento delle spese per missioni, programmi e stati di previsione del bilancio dello Stato nel periodo 2008-2014” che la Ragioneria dello Stato ha presentato in Senato lo scorso mese di dicembre. Abbiamo provato a riassumere il rapporto rielaborando le tabelle ufficiali per questi che sono gli anni della crisi.
La Tabella 1 dimostra come le spese dello stato ammontino, nell’anno appena concluso, il 2014, a oltre 825 miliardi di euro, con un aumento del 12,9% rispetto al minimo del periodo (l’anno 2008).
La spesa per pagare il debito la fa da padrona. Ma, anche al netto degli interessi sul debito, la spesa dello Stato è aumentata di circa 50 miliardi nel 2014 rispetto al minimo del periodo (il 2011): un incremento del 10,7%.


Tabella 1- Spesa pubblica italiana (in milioni di euro) 
* Differenza tra il 2014 e il minimo del periodo

Ma, mentre la spesa pubblica aumentava, ci sono state dei capitoli di spesa che sono diminuiti. Tra i principali tagli ci sono quelli all’istruzione scolastica: - 4,2 miliardi, pari al 7,5% del budget massimo relativo del 2009; alla ricerca scientifica: - 1,3 miliardi rispetto al massimo relativo del 2008; all’istruzione universitaria: - 0,8 miliardi rispetto al massimo relativo del 2008.


Tabella 2Spese in percentuali sulla spesa finale dello Stato

In termini percentuali i tagli più drastici hanno riguardato la ricerca scientifica, con un secco e per certi versi clamoroso -31,1%. Il che porta la spesa di questa “missione” (Tabella 2) dallo 0,56 allo 0,34% dell’intera spesa pubblica. In particolare la spesa in ricerca di base scende dallo 0,14 allo 0,12% della spesa dello stato (Figura 1). 


Figura 1- Andamento della spesa pubblica in ricerca 

Anche l’istruzione universitaria ha subito tagli piuttosto netti, per un ammontare di 0,8 miliardi di euro rispetto al massimo relativo del 2008. In percentuale significa un netto – 9,6%, il che porta la spesa pubblica per l’università dall’1,19 allo 0,95% del bilancio dello stato. L’andamento discendente è mostrato nella Figura 2.


Figura 2 - Andamento della spesa pubblica per l’università 

Infine la scuola. Nel 2014 i tagli ammontano a 4,2 miliardi rispetto al massimo relativo del 2009. Una diminuzione del 6,5%, che porta la spesa pubblica in istruzione scolastica dal 5,69 al 5,00% della spesa totale dello Stato.


Figura 3 - Andamento della spesa pubblica in istruzione scolastica

La Tabella 3 rapporta tutti questi numeri al prodotto interno lordo (Pil) del paese. La ricerca finanziata con fondi dello stato non va oltre, ormai, lo 0,17 del Pil; quella per l’università non va oltre lo 0,48% e quella per la scuola si ferma al 2,54%.
Vero è che la spesa dello stato non è l’intera spesa pubblica. A questi fondi occorrerebbe aggiungere quelli degli Enti locali. Tuttavia dal rapporto della Ragioneria dello Stato un dato emerge con chiarezza: i vari governi hanno cercato di far quadrare i conti del bilancio statale tagliando soprattutto in ricerca e formazione. Il “pacchetto conoscenza”, infatti, è diminuito non solo in assoluto, ma anche in termini relativi (Tabella 3): dal 3,33% al 3,19% del Pil.
Di più il “pacchetto conoscenza” è quello dove i governi italiani hanno tagliato di più. In netta controtendenza rispetto ad altri paesi europei e non, dove la spesa in ricerca e formazione continua ad aumentare.


Tabella 3 - Spese in percentuali sul Pil 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La migrazione sanitaria in Italia, spiegata bene

mappa italia con aereo in volo da sud verso nord

Periodicamente la mobilità sanitaria, cioè il trasferimento delle persone dalla propria Regione a un’altra per ricevere le cure di cui hanno bisogno approda sui media con toni apocalittici. Ma di che cosa parliamo? E quali sono gli aspetti davvero problematici capaci di generare costi ingiustificati e diseguaglianze?

Il fenomeno della migrazione sanitaria definisce lo spostamento di cittadini da una Regione all’altra per ricevere assistenza. Il termine tecnico che la definisce è però mobilità sanitaria. Probabilmente il termine migrazione trova largo uso perché giornalisticamente più accattivante e perché caratterizza meglio la componente più significativa dei flussi di mobilità: lo spostamento massiccio di pazienti dal Sud al Nord.