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Dal Lago di Levico a Bassano del Grappa, lungo la Brenta

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Sotto una pioggia leggera lasciamo Levico alle nove del mattino. La maggior parte di noi ha trascorso la notte in branda (da campeggio), in una camerata ricavata all'interno di un'aula di scuola. Essere in viaggio comporta anche questo: non sempre si dorme in un letto, molte volte si condividono quelle piccole scomodità che però danno un sapore diverso al viaggio stesso.

«La Valsugana è più bella con la pioggia perché risalta il suo colore verde!» dice Domenico, forse per rincuorarci della nuova partenza bagnata. Seguiamo la Ciclovia della Valsugana, che corre dal Lago di Caldonazzo, che è vicinissimo a quello di Levico, a Bassano del Grappa. Il percorso è bellissimo, costeggia le alte montagne del complesso del Lagorai, attraversa boschi verdissimi lungo la parte terminale di declivi che delimitano campi coltivati a mais – dal quale si ricava la farina per cucinare la rinomata polenta della Valsugana. La “pista”, interamente in asfalto, è protetta dalle auto per tutto il tratto Trentino.

Il nostro percorso segue la Brenta, fiume che nasce proprio dal Caldonazzo e che ai nostri primi colpi di pedale è solo un canaletto largo meno di 3 metri sul cui fondo si estendono per lunghezza seguendo la corrente piante acquatiche del genere Myriophyllum. Terra di valle, alte montagne molto prossime a questa, tanta acqua che corre e campi di mais. Uguale mulini. Come quelli che incontriamo a Borgo Valsugana, la piccola Venezia del Trentino. Dopo Borgo, la valle si restringe e gli abitati si diradano.

Poco prima di mezzogiorno, ci fermiamo a visitare la Riserva naturale provinciale del Fontanazzo, un’area umida di circa cinquanta ettari sulla destra orografica del fiume Brenta, nei pressi della frazione di Selva di Grigno. Fontanazzo è un ecosistema di particolare interesse naturalistico e conservazionistico caratterizzato da un alternarsi di ambienti diversi tra di loro e da un’elevata biodiversità di flora e fauna. La presenza di habitat naturali e seminaturali, nonché specie di flora e fauna selvatiche, ormai sempre più rare, hanno permesso di includere l’area nella Rete ecologica europea denominata Rete Natura 2000.

La nostra guida di oggi è Gerri Stefani, naturalista originario proprio di questa zona. Gerri accompagnerà noi e numerosi “piccoli cittadini” della Bassa Valsugana a conoscere questo sito e a fare insieme delle “attività di campo”. «Il valore della riserva naturale è incrementato dal fatto che qui la Brenta scorre nel proprio alveo naturale, senza essere imbrigliato da argini artificiali, ed è circondata da una vasta area di golena che occupa una porzione significativa dell’intero fondovalle della Valsugana, cosa ormai rara nelle grandi vallate dell’arco alpino», comincia Gerri.

«L’ambiente più peculiare, e anche maggiormente in pericolo, è costituito dalle foreste alluvionali di ontano e frassino maggiore; queste foreste presentano tratti affascinanti per la presenza di canali in cui scorre l’acqua delle risorgive, alimentate dalle precipitazioni provenienti dall’Altopiano di Marcesina, che si trova sopra di noi. Questa acqua sotterranea attraversa il terreno carsico, viene naturalmente filtrata e fuoriesce all'esterno potabile. Questo è un ottimo esempio di “servizio ecosistemico”, ovvero un servizio fornito da un ecosistema in buone condizioni. In altre parole, la natura opera al posto nostro la filtrazione dell’acqua. Quando invece gli ecosistemi sono degradati, spetta all’uomo provvedere a tali attività con notevoli costi economici», continua Gerri mentre, al di sopra di un ponticello di legno che attraversa un canaletto d’acqua, Andrea coinvolge i nostri piccoli cittadini-scienziati in un campionamento con il retino da fitoplancton.

Le specie di uccelli che trovano il giusto habitat al “Fontanazzo”sono numerose. Tra questi c’è il coloratissimo martin pescatore, il merlo acquaiolo, l’airone cinerino ed anatridi come il germano reale. Nel fitto della vegetazione trovano possibilità di rifugio e riproduzione piccoli mammiferi, uccelli come il picchio verde, la tortora, il verdone. Nelle risorgive nuotano specie ittiche d’elevato valore conservazionistico come lo scazzone, la trota mormorata, il temolo. Qui inoltre è stato trovato uno degli ultimi ceppi di trota fario mediterranea, mentre già nel fiume Brenta qui vicino si ritrova il ceppo atlantico. A causa della ricchezza e varietà della componente faunistica, ma anche della sua fragilità e del suo valore come “sito sentinella” dello stato dell'ambiente, crediamo che questo ecosistema sarebbe un perfetto sistema oggetto di studi ecologici a lungo termine, come per i siti della Rete LTER che abbiamo finora toccato in Terramare.

La nostra visita continua, lasciamo il bosco e, percorrendo il sentiero, raggiungiamo le parti meno selvagge dell’area, dove i boschi umidi cedono gradualmente il posto ai prati da sfalcio, ai campi di mais e alle piante da frutto di vecchie varietà locali, che in epoca passata delimitavano i confini dei singoli appezzamenti. «Questo dove ci troviamo è un tipo di ambiente divenuto piuttosto raro in natura: ovvero, un bosco ripariale. Questo in particolare è uno tra gli esempi più significativi dell’intera provincia di Trento, sia per la vastità della sua superficie che per la sua relativa naturalità. Come tutte quelle di fondovalle, questa area è però minacciata dalle attività umane, come la creazione di canali di bonifica atti a convogliare l’acqua nei canali e rendere l’area adatta all’agricoltura».

Nei primi del Novecento, la Brenta ha subito un abbassamento del livello delle sue acque di più di nove metri proprio a causa degli scavi che sono stati fatti dalle industrie di estrazione e le attività agricole. Per riparare ai danni provocati da queste attività, sono state finanziate alcune opere di ripristino degli ambienti umidi, tra i quali il progetto europeo Life Nemos. Il progetto ha permesso di creare uno stagno principale, alimentato da un ruscello proveniente dalla Brenta, punti per l’osservazione degli uccelli acquatici, e anche tabelle esplicative che mettono in risalto le peculiarità dell’area.

Continuando la nostra visita troviamo una piccola area umida caratterizzata da pozze effimere, da un piccolo specchio d’acqua isolato e da un ex fontanile alimentato dalle acque del fiume Brenta. Questa zona nel periodo primaverile ed estivo è frequentata da numerosi anfibi come la raganella, il rospo comune, la rana di montagna e l’ululone, specie minacciate a causa della continua scomparsa dei loro habitat riproduttivi. Come contributo dato all'area al passaggio di Terramare, insieme ai “piccoli cittadini” che ci hanno accompagnato al Fontanazzo, abbiamo “riprodotto” un ambiente di riproduzione di questi anfibi scavando una buca nel terreno e posizionando una vasca al suo interno, che fungerà da pozza effimera per la deposizione delle uova e lo sviluppo dei girini.

La nostra visita al Fontanazzo si conclude presso la sede locale degli Alpini, nonché sede degli speleologi del Gruppo Grotte di Selva (G.G.S.). Avviene qui uno scambio che rappresenta in pieno lo spirito del nostro cammino. Un piatto di pasta (anzi due! Alcuni di noi addirittura tre!) e il racconto quasi epico delle esplorazioni condotte dal gruppo speleo nei quasi 37000 m di grotte, in cambio dell'osservazione al microscopio di campioni raccolti al Fontanazzo. Ancora occhi lucidi, bambini entusiasti e adulti compiaciuti. Un bellissimo evento di incontro e di scambio della durata complessiva di quasi quattro ore, alla cui realizzazione ha contribuito in maniera decisiva la collaborazione del Comune di Grigno, nella Bassa Valsugana, al confine con il Veneto, un piccolo paese di poco più di 2000 abitanti, lontano dai flussi turistici, ma aperto agli incontri con viaggiatori come noi.  

Lasciamo i nostri ospiti mentre viene fuori dalle nuvole un bel sole. La valle dalla Brenta si restringe sempre più, quasi a chiudersi su di noi mentre attraversiamo un passaggio sulla ciclabile che corre su di un ponticello di ferro attaccato ad una parete sulla destra del fiume. Arriviamo rapidamente a Valstagna, dove la valle si riapre di nuovo, il letto del fiume si allarga e già si scorge da lontano la “apertura” della valle nella pianura veneta. Arriviamo a Bassano del Grappa sul far della sera. Troppo stanchi per continuare nella nostra “missione” di comunicatori a pedali. Aperitivo sul Ponte degli Alpini, come da tradizione, poi cena ed infine a dormire. Domani ci attende la “traversata” del Veneto fino alla Laguna di Venezia, tappa finale di Terramare.

Foto di Antonio Bergamino

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