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Ricordate Chelyabinsk?

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Senza alcun dubbio è stato l'impatto cosmico con il nostro pianeta che ha potuto godere della più capillare copertura mediatica della storia. Si contano a centinaia i filmati dell'evento acquisiti dalle telecamere di sorveglianza e dalle diffusissime dash cam a bordo delle automobili, minuscole telecamere che in Russia molte compagnie assicurative impongono di collocare sul cruscotto delle vetture per testimoniare la dinamica di eventuali incidenti. Una copertura che non solo ha fornito la chiara testimonianza della violenza dell'evento, ma ha permesso di ricostruire con precisione il percorso del bolide nei cieli di Chelyabinsk e da lì risalire alla sua probabile orbita.
Nello studio pubblicato su Nature, infatti, Jiří Borovička (Academy of Sciences of the Czech Republic) e collaboratori si occupano della ricostruzione della traiettoria dell'importuno visitatore cosmico e individuano un'orbita davvero molto simile a quella dell'asteroide 86039 (1999 NC43), un pianetino grande un paio di chilometri scoperto nel 1999 che ha la brutta abitudine di passare ogni sette anni dalle parti della Terra. Le differenze tra le due orbite sono così piccole da indurre gli astronomi a concludere che un tempo i due oggetti erano uno solo. La similitudine delle orbite, insomma, ci racconta di una parentela davvero molto stretta, suggerendoci che, in un lontanissimo passato, un violento tamponamento cosmico potrebbe aver coinvolto l'asteroide 86039 producendo numerosi frammenti che ne hanno poi condiviso l'orbita. A dire il vero, nulla ci vieta di pensare che lo stesso asteroide possa essere solamente il frammento più grande sopravvissuto a quello scontro titanico. Visto che l'orbita comporta ripetuti passaggi ravvicinati con la Terra, è logico ipotizzare che sia proprio uno di quei detriti ad aver terminato la sua corsa cosmica frantumandosi sopra i cieli di Chelyabinsk lo scorso 15 febbraio. L'analisi della frantumazione di quel bolide luminoso ha permesso di ricostruire in modo forse definitivo le dimensioni originarie del proiettile cosmico, risultate più elevate rispetto alle stime presentate lo scorso giugno. Il valore ritenuto attualmente più probabile per le dimensioni del bolide di Chelyabinsk è di circa 19 metri, mentre per la massa si parla di 12 mila tonnellate.

In un secondo studio, pubblicato sempre su Nature, Peter Brown (University of Western Ontario) e il suo team si addentrano nella valutazione definitiva dell'energia complessiva liberata dall'evento. Raccogliendo e analizzando i dati provenienti dalle rilevazioni dell'energia luminosa, dai tracciati dei sismografi e delle stazioni di ascolto infrasonico e dalle misurazioni effettuate da sensori a bordo di satelliti militari, Brown ha concluso che si è trattato di un evento caratterizzato da un'energia pari a 500 kilotoni (con un margine di errore in questa stima di circa il 25%).
Nonostante l'elevata energia coinvolta, il danno risultante è stato in qualche modo mitigato da due situazioni favorevoli. Anzitutto ha giocato a nostro vantaggio la bassa inclinazione con la quale l'oggetto è entrato in atmosfera: solamente 17° rispetto all'orizzonte. Di fatto l'energia è stata in qualche modo diluita, disperdendosi su una superficie più ampia. Ben altre conseguenze si sarebbero registrate se la traiettoria fosse stata più inclinata. Un altro fattore favorevole è stata la natura frammentaria dell'oggetto, come confermato dallo studio pubblicato su Science dal team di Olga Popova (Institute for Dynamics of Geospheres of the Russian Academy of Sciences). L'analisi della frantumazione e lo studio dei frammenti recuperati ha suggerito che l'oggetto possedesse una struttura interna caratterizzata da linee di frattura riempite da materiale vetroso fuso ricco di metallo. Tali linee di frattura, tracce lasciate da precedenti episodi di stress sperimentati dall'oggetto quando era ancora nello spazio, si sono comportate come “anello debole”, conducendo l'oggetto alla frantumazione non appena è venuto a contatto con la resistenza opposta dalla nostra atmosfera.

Ci sono, però, notizie meno allegre. Non solo, infatti, la nuova stima dell'energia liberata a Chelyabinsk lo rende l'impatto più energetico che ha interessato il nostro pianeta dai tempi dell'evento di Tunguska (30 giugno 1908), ma comporta una rivalutazione delle stime sulla frequenza di simili avvenimenti. L'analisi dei dati raccolti negli ultimi venti anni, infatti, suggerisce che il tasso di caduta di oggetti con diametro compreso tra 10 e 50 metri risulta molto più alto di quanto non fosse stimato finora. Statisticamente parlando - stando sempre alle valutazioni espresse dal team di Brown - dovremmo attenderci un evento simile a quello di Chelyabinsk ogni 25 anni o giù di lì. Se ci può consolare, gli astronomi sottolineano come le analisi matematiche dei possibili danni causati da un impatto di questo tipo, tutte desunte dagli studi sugli effetti degli ordigni nucleari, potrebbero sovrastimare il danno prodotto dall'onda d'urto. Gli impatti di questa classe, insomma, sarebbero un po' più frequenti ma un po' meno pericolosi. Non c'è comunque da stare allegri.

Un paio di settimane prima che venissero pubblicati i tre studi, dal fondo del Lago Chebarkul era stato recuperato quello che molto probabilmente è il frammento più grande sopravvissuto all'ingresso in atmosfera di quel corpo cosmico. Il lago si trova a una settantina di chilometri a sud-ovest di Chelyabinsk e da novembre ad aprile la sua superficie è ricoperta da una spessa crosta ghiacciata. Facile, dunque, associare quel buco di circa 6 metri che, senza cause apparenti, era comparso sulla superficie ghiacciata lo scorso 15 febbraio a ciò che era appena accaduto a Chelyabinsk. La speranza era che sul fondo del lago si fosse adagiato un grosso frammento del proiettile cosmico. A metà ottobre, circa un mese dopo l'inizio delle operazioni, una squadra di sub riusciva finalmente a localizzare il grosso masso e a trasportarlo in superficie. La smania di presentare il reperto ha però giocato un brutto scherzo. Nel corso di operazioni di peso non proprio condotte a regola d'arte, infatti, il grosso meteorite si è spezzato in almeno 3 frammenti. In quel momento la bilancia indicava 570 kg. Ora tutti i frammenti sono in mano agli esperti, dai quali ci si attende la conferma definitiva della sua natura extraterrestre. Si diceva all'inizio della copertura mediatica dell'evento. Ebbene, anche di questo importante tassello relativo al Lago Chebarkul abbiamo un documento video. L'analisi di un filmato raccolto da una telecamera di sicurezza, infatti, mostra proprio il momento in cui qualcosa proveniente dal cielo impatta sulla superficie ghiacciata del lago sollevando una nuvola di ghiaccio e neve. Un autentico impatto cosmico in diretta.

[video: http://www.youtube.com/watch?v=xaehWpT7two]

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