fbpx Chiude il Tevatron, lascia il passo a LHC | Scienza in rete

Chiude il Tevatron, lascia il passo a LHC

Primary tabs

Read time: 4 mins

È stata una Befana che verrà ricordata per lungo tempo nel mondo della Fisica delle Particelle quella del 2011! È stata infatti con una lettera in data 6 gennaio di quest’anno che il Direttore dell’Office of Science del Department of Energy, William Brinkman, ha informato il Direttore del Fermi National Laboratory che non sarebbe stata finanziata una estensione al funzionamento del Tevatron e che quindi il periodo di presa dati sarebbe terminato, come previsto da tempo, alla fine del 2011.

Finisce quindi la vita attiva del decano degli acceleratori di particelle elementari, quello che da più di vent’anni permette ai due esperimenti installati sul suo anello, CDF e D0, di raccogliere una messe di dati che, analizzati da collaborazioni provenienti da svariati Paesi, hanno negli anni scritto molte pagine di Scienza.

Nato agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso era all’epoca in competizione con il collider protone-antiprotone del CERN di Ginevra, macchina alla quale l’italiano Carlo Rubbia alla guida dell’esperimento UA1 scoprì i bosoni intermedi W e Z dando una conferma spettacolare alla teoria del Modello Standard. Rispetto al collider del Cern la macchina costruita ai laboratori situati vicino a Chicago aveva numerose ed importanti differenze: innanzitutto, prima fra le installazioni al mondo di tale dimensione, la macchina americana è dotata di magneti superconduttori, una scelta tecnologica coraggiosa e all’avanguardia: l’LHC la seguirà in questo ma vent’anni dopo! Il Tevatron, come il nome indica, era poi una macchina che per la prima volta accelerava particelle elementari ad un’energia di circa 1 Teraelettron-volt per fascio (1 Tev), un’energia che facesse entrare i “vascelli” della ricerca in mare ignoto, spingendo un po’ più in là il limite dello sconosciuto. E così fu: la macchina americana, che per più di vent’anni (cioè fino alla recente entrata in funzione dell’LHC) ha avuto il record di energia fra gli acceleratori di particelle, ha portato a numerose misure interessanti e a una fra le scoperte più importanti nella recente storia di questo settore: quella del quark top.

E gli italiani? Come è noto la scuola italiana di Fisica Subnucleare è fra le migliori al mondo ed ha saputo farsi onore anche oltre oceano: infatti fisici italiani coordinati dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) hanno partecipato all’esperimento CDF sin dalla sua ideazione arrivando anche a coprirvi importanti responsabilità. Era infatti italiano (Giorgio Bellettini di Pisa) il responsabile internazionale dell’esperimento (il cosiddetto spokesperson) quando CDF scoprì il quark top ed innumerevoli sono stati i contributi nazionali a CDF, sia nella parte dei rivelatori di punta che in quella di innovative metodologie di analisi che, rivelatesi vincenti al Tevatron, troveranno applicazione anche nel moderno LHC.

Ma allora come mai alla fine del 2011 verrà fermato l'acceleratore, se è così importante? Perché come sempre capita la nuova generazione rimpiazza quella vecchia. In questo caso è la partenza dell’LHC a “tagliare l’erba sotto i piedi” del Tevatron; l’LHC è infatti partito benissimo e i moderni esperimenti installati lungo il suo anello (ATLAS, CMS, ALICE ed LHC-B, solo per citare i più grandi) si sono dimostrati essere delle vere e proprie macchine da competizione, capaci di analizzare in pochissimo tempo enormi moli di dati e sfornare risultati che stanno diventando sempre più interessanti a mano a mano che accumulano statistica.

Inoltre la maggiore energia alla quale vengono accelerate le particelle nell’LHC amplia considerevolmente il mondo esplorabile e di fatto questo finirà per rendere obsoleto il Tevatron; quest’ultimo conserverà, ma ancora per poco, una supremazia su quella che è forse la ricerca più importante nella Fisica Moderna: quella del Bosone di Higgs, mattone angolare fondamentale del Modello Standard. Ma anche questa competizione vedrà nel 2011 l’LHC prendere la testa con sicurezza (se il bosone di Higgs non verrà scoperto quest’anno…) decretando la fine del glorioso acceleratore statunitense.

E dopo? Per un curioso caso del destino ero in visita ai laboratori del Fermi National Laboratory nei giorni scorsi quando è arrivata la notizia e posso testimoniare che, insieme ad un comprensibile primo momento di sbandamento, il laboratorio sta già pensando al suo futuro: hanno vari progetti in discussione e la ferma intenzione di rimanere il laboratorio statunitense di riferimento per questo settore di ricerca.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Biodiversità urbana: com'è cambiata e come proteggerla

Anche le metropoli possono essere ambienti ricchi di specie: secondo un recente studio sono ben 51 le specie di mammiferi che vivono a Roma, alcune di esse sono specie rare e protette. Nel corso degli ultimi due secoli, però, molte specie sono scomparse, in particolare quelle legate alle zone umide, stagni, laghetti e paludi, habitat importantissimi per la biodiversità e altamente minacciati.

Nella foto: Parco degli Acquedotti, Roma. Crediti: Maurizio.sap5/Wikimedia Commons. Licenza: CC 4.0 DEED

Circa la metà della popolazione mondiale, vale a dire ben 4 miliardi di persone, oggi vive nelle città, un fenomeno che è andato via via intensificandosi nell’epoca moderna: nell’Unione Europea, per esempio, dal 1961 al 2018 c’è stato un costante abbandono delle zone rurali e una crescita dei cittadini, che oggi sono circa i