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Ricordiamoci del passato

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Le due cartelle cristalline di Lilia Alberghina e la presentazione problematica di Ernesto Carafoli  richiamano alla mente (anche per alcuni dei termini coinvolti) discussioni avvenute più di mezzo secolo fa in settori connessi con i primi tentativi di dare dignità scientifica all'elaborazione dell'informazione.

E' interessante ancora ricordare che, anticipando l'osservazione di Ernesto Carafoli sul proliferare di definizioni diverse dello stesso concetto, Lotfi Zadeh, ieratico ingegnere di Berkeley, di origine russa, aveva dichiato negli anni '60 che una delle ragioni principali che lo avevano indotto a sviluppare la sua idea di insieme fuzzy, era stato il fatto di avere registrato decine e  decine di definizioni diverse di concetti chiave nella (ingegneristica) teoria del controllo. "Sfumando" il formalismo matematico - si era detto - e dandogli la possibilità di essere "meno preciso", laddove la sua precisione non era necessaria ma anzi ingombrante, si sarebbe potuto ridurre il proliferare di definizioni.

Bene ha fatto Carafoli a chiedere chiarezza e bene fa Alberghina a sottolineare le vie che si dovrebbero seguire per prendere il meglio di questa nuova impostazione, ma temo che il problema posto - in generale - sia di più difficile soluzione.

Il tumultuoso evolversi di tecniche e conoscenze rompe gli schemi disciplinari consueti senza (riuscire a) proporne subito di nuovi; usa molto metodologie e schemi interdisciplinari ma senza che si siano realmente sviluppati e messi a punto metodi di controllo che assicurino il rispetto dei livelli di rigore proprio degli ambiti disciplinari concorrenti.

Un film già visto tra gli anni '40 e '60 del secolo scorso in quel crogiuolo caotico e creativo che fece interagire logici, biologi, fisici, matematici, ingegneri, psicologi e quant'altro in luoghi insoliti per l'accademia, come gli incontri organizzati dalla Jociah Macy Foundation (stiamo parlando di personaggi del calibro di John von Neiumann, Norbert Wiener, Warren McCulloch, John Bigelow, Claude Shannon).

Da questo guazzabuglio di scoppiettanti riflessioni e  idee visionarie nacquero la cibernetica, la teoria dell'informazione, e poi, a catena, la teoria generale dei sistemi, le scienze cognitive, l'intelligenza artificiale, l'informatica. L'idea di partenza era che molti settori dovevano dialogare più di prima in un fecondo rapporto intredisciplinare, rompendo gli steccati tradizionali e accademici.

Poi tutto è finito, nel senso che vi è stata una normalizzazione, almeno apparentemente. Ma non è così. I problemi non risolti prima o poi riafforano, magari in settori diversi. Carafoli giustamente afferma che «dire, genericamente, che si tratta  di andare oltre l'approccio riduzionistico per approdare a quello olistico - sin qui tutti ci arrivano -  non basta.»

Come non condividere, ma anche come non ricordare quanto già accaduto. Forse, per vedere come, in forma diversa, certi problemi (non risolti) ritornano e come sia diffusa la tendenza ad accontentarsi di enunciazioni verbali quando sbattiamo la testa contro il muro, vale la pena di rileggere il libro di David Berlinski, On System Analysis, MIT Press, 1976.

Mi si può giustamente obiettare che sto mettendo assieme cose diverse. Allora c'era il caos (creativo quanto si vuole, ma sempre caos) perché, appunto, stavano nascendo discipline nuove, ricerche e indagini che avevano a che fare con nozioni innovative come quella di informazione, non inquadrabili negli schemi tradizionali. Si veda, per esempio, il bel libro di Leone Montagnini (Le Armonie del disordine, Memorie dell'Istituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, 2005).

Questo è vero ma io sono convinto che sia solo una parte della storia. In forme profondamente diverse, come sempre accade nell'agire umano, si sta ripresentando lo stesso scenario a cui ho accennato, perché sorge ancora una volta l'esigenza di avere impostazioni interdisciplinari o che comunque superino visioni settoriali. Per fare questo in modo del tutto generale non abbiamo strumenti concettuali adatti. Trovo quindi utilissima l'indicazione di Alberghina di due definizioni particolarmente pregnanti e gravide di utili sviluppi così come il suo mettere in guardia contro gli usi gattopardeschi dei nomi a fini non encomiabili, ma se la storia (della scienza) ci insegna qualcosa, nei settori emergenti e di confine, il problema del proliferare di definizioni (spesso fumose) e di rifarsi ai nuovi paradigmi come ad amuleti continuerà a sussistere fino a quando non ne sapremo un po' di più, ad esempio, di interdisciplinarità e di rapporto tra riduzionismo e olismo. Proprio per evitare di ripetere gli errori del passato (gli errori sono fondamentali per procedere nella conoscenza, ma proprio per questo è bene farne di nuovi) forse vale la pena di rivisitare l'origine delle discipline che ho citato.

Ah, a proposito, prima di finire volevo ricordare che la teoria degli insiemi fuzzy si è sviluppata (anzi è proliferata) ed ha generato nuovi risultati, interessanti idee e chiarificazioni, utili applicazioni (assieme - a volte - a dubbie considerazioni e dibattiti inconsistenti) ma non ha minimamente contribuito a ridurre il numero di definizioni in competizione nella teoria del controllo, che ha trovato il suo equilibrio e ha risolto i suoi problemi (quando li ha risolti) usando le sue tecniche tradizionali.

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