Oggetto di questo ampio e documentato saggio, che vede la luce nella prestigiosa Collana di Studi della Scuola Normale di Pisa, è un tema poco noto al di fuori di una ristretta cerchia di studiosi, che mostra qui tutta la sua centralità e tutto il suo interesse. Si tratta dell’importanza delle riflessioni sulla musica – intesa come sistema ordinato di proporzioni e come studio dei suoni – nella definizione dell’immagine della scienza da parte dei protagonisti della nuova stagione scientifica che si inaugura nel Seicento.
Mersenne, Descartes e Galileo sono dunque al centro di questo approfondito studio, con i loro interessi scientifici, filosofici e musicali strettamente e proficuamente intrecciati. Nelle loro opere, a differenza del caso di Kepler – sul quale Natacha Fabbri si è a lungo soffermata in un precedente volume -, l’immagine di un kosmos scandito da proporzioni musicali eterne e immutabili lascia il posto a una visione dinamica dell’universo, che sta all’uomo conoscere attraverso l’indagine scientifica sperimentale.
Nel caso di Mersenne, resta comunque centrale il ruolo della musica non soltanto nell’ambito della scienza, ma anche in quelli della morale, della politica e della teologia: nella sua Harmonie Universelle, ad esempio, egli impiega i riferimenti musicali anche per spiegare razionalmente il mistero della Trinità divina. La scienza resta dunque per lui, almeno in una certa misura, ancella della teologia.
Descartes, nel suo giovanile Compendium Musicae, delinea già gli elementi di quello che sarà il suo metodo filosofico e scientifico. Particolarmente importante risulta anche lo sviluppo della relazione tra continuo e discreto, espressa in modo paradigmatico dal rapporto tra lo studio sperimentale dei suoni e le proporzioni delle corde vibranti.
Uno dei capitoli centrali del volume è dedicato a Galileo. In esso, riprendendo e approfondendo i contributi storiografici di autori come Drake, Palisca e Settle, viene studiato il ruolo centrale dei rapporti di Galileo con il padre Vincenzo – con i suoi insegnamenti e con i suoi scritti - nello sviluppo del suo pensiero. In particolare, Vincenzo propone il monocordo – e più in generale ogni strumento a corde – anche come strumento scientifico, sul quale sviluppare esperimenti, in opposizione alla numerologia e al principio di autorità.
Nelle sue riflessioni successive, Galileo farà riferimento alla musica non soltanto per sancire il primato delle “sensate esperienze”, ma anche per sottolineare che la natura non ha “riguardo alcuno delle nostre intese simmetrie”, e non è aliena da proporzioni “incommensurabili e irrazionali”, quando non addirittura “incomprensibili dal nostro intelletto”.
Il volume si chiude con una riflessione sul ruolo del concetto di harmonia nel dialogo tra scienza e religione: una prospettiva di uniformità, nella parziale subordinazione della prima alla seconda, in Mersenne; l’auspicio di una coesistenza tra differenze, di una discordia concors, in Galileo.