fbpx La terapia genica che mima gli effetti del digiuno | Scienza in rete

La terapia genica che mima gli effetti del digiuno

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Studiando le rare malattie da accumulo lisosomiale si è arrivati a una scoperta che potrebbe rappresentare una svolta nella prevenzione e nella cura delle più diffuse patologie del nostro tempo, dall’aterosclerosi all’Alzheimer, passando per l’obesità. La chiave è un gene, chiamato TFEB, segnalato nel 2009 su Science da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Telethon di Napoli, guidato da Andrea Ballabio. Questo gene master regola la sintesi e l’attività dei lisosomi e di conseguenza l’autofagia, il fenomeno  con cui, in un certo senso, la cellula “mangia se stessa”: i lisosomi degradano molecole già utilizzate dalla cellula, e quindi diventate inutili, con lo scopo di ricavarne energia. Una sorta di termovalorizzatore cellulare che ripulisce le cellule da scorie e detriti garantendo loro una migliore salute.

Il fenomeno è favorito dalla deprivazione calorica e quindi dal digiuno, che infatti allunga la vita in moltissime specie animali, lungo tutta la scala dell’evoluzione. Stimolando l’autofagia ripulisce le cellule e induce così una serie di vantaggi per la salute che si traducono in una maggiore longevità e in un minor rischio delle più importanti malattie del nostro tempo.

Ora, con un lavoro pubblicato su Nature Cell Biology, i ricercatori napoletani  fanno un ulteriore passo in avanti, avvicinandosi a una possibile applicazione pratica delle loro scoperte, dalle imprevedibili ricadute in termine di prevenzione e terapia. «In quest’ultimo lavoro abbiamo osservato che il digiuno aumenta la funzione del gene TFEB» spiega Carmine Settembre, primo autore dello studio, «dimostrando che questo fattore fa da anello di congiunzione tra il metabolismo energetico della cellula e l’autofagia».

Ma i ricercatori del Tigem sono andati oltre: inoculando il gene tramite un vettore virale nel fegato di topi geneticamente predisposti all’obesità o ipernutriti si sono create le condizioni del digiuno sebbene i topolini mangiassero come prima: «Non solo non sono aumentati di peso, ma non hanno nemmeno sviluppato quella “sindrome metabolica”, caratterizzata da diabete, aumento del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue, che favorisce lo sviluppo delle malattie cardiovascolari» dice Andrea Ballabio, che ha coordinato il lavoro.

Certo non si può pensare di estendere la terapia genica ai milioni di persone che ne potrebbero trarre beneficio. «Per questo stiamo passando al setaccio migliaia di molecole per trovare quali potrebbero riprodurre l’azione del gene TFEB o stimolarne l’attività» precisa il ricercatore napoletano.

Trovarla significherebbe poter dare a tutti, anche ai più golosi, i vantaggi di una restrizione calorica estrema, sostituendo con una sola pillola tanti sforzi per cambiare stili di vita.

Le obiezioni e le polemiche  non tarderanno a venire: è etico che il mondo opulento investa in un farmaco per poter continuare a mangiare troppo, mentre il resto dell’umanità soffre la fame? Non tocca agli scienziati rispondere a queste domande, che comunque si porranno molto più in là. Per ora ci si limita ad aggiungere un nuovo tassello alla conoscenza di come i nostri stili di vita incidono sul rischio e l’evoluzione delle malattie. «Dimostrando come lavorare su malattie rare, quelle su cui noi di Telethon ci focalizziamo maggiormente, può avere ricadute importante su condizioni molto più comuni, quali l'obesità, il diabete, il Parkinson o l'Alzheimer» conclude Ballabio.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

L’allenamento musicale migliora la lettura di testi scritti

spartito

Uno studio pubblicato su NeuroImage Reports mostra che i musicisti attivano il cervello in modo diverso dai non musicisti durante la lettura, con un coinvolgimento bilaterale del giro occipitale medio. L'educazione musicale sembra migliorare le abilità di lettura e potrebbe proteggere da disturbi come la dislessia.

Immagine Pixabay

I musicisti leggono usando il cervello in modo diverso dalle altre persone. È il risultato di un recente studio uscito su NeuroImage Reports firmato da Alice Mado Proverbio e di Elham Sanoubari dell’Università Milano-Bicocca. Una delle principali conclusioni è la notevole differenza nell'attivazione cerebrale tra musicisti e non musicisti nel giro occipitale medio (MOG) durante la lettura di testi.