fbpx Le raccomandazioni dell’AIE per la gestione dell’attuale fase pandemica | Scienza in rete

Raccomandazioni per la gestione dell’attuale fase pandemica

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Riportiamo il position paper dell'AIE relativo alla gestione dell'attuale fase pandemica. Tra le principali raccomandazioni che ne emergono: 1. Avviare la chiamata attiva per tutte le persone non ancora vaccinate, coinvolgendo le strutture del SSN e i Medici di Medicina Generale, per incrementare il più possibile, in tempi rapidi, la copertura vaccinale; 2. Accelerare la somministrazione della dose di richiamo per le persone che hanno ricevuto la seconda dose da più di sei mesi, con priorità per i soggetti a maggior rischio; 3. Proteggere dal rischio di infezione i bambini e gli adolescenti, aumentando il livello di attenzione sulle misure di prevenzione nelle scuole e nei luoghi frequentati dai minori; 4. Potenziare i Dipartimenti di Prevenzione per le attività di identificazione dei casi sospetti, isolamento dei casi positivi e contact tracing, in particolare in ambito scolastico e comunitario; 5. Mantenere le regole generali di prevenzione: distanziamento fisico, ventilazione frequente degli ambienti chiusi, mascherina al chiuso e all’aperto in caso di aggregazioni di più persone.

Immagine: MADE, RD(t) al 10 novembre 2021.

L’ultimo report di monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità, relativo alla settimana 1-7 novembre 2021, registra un aumento rapido e generalizzato del numero di nuovi casi di infezione da SARS-CoV-2, che si accompagna anche a un incremento dei ricoveri ospedalieri.

L’indice di replicazione diagnostica RDt a livello nazionale, stimato dal Gruppo di Lavoro MADE dell’Associazione Italiana di Epidemiologia sui dati del 13 novembre, è pari a 1,42 e superiore all’unità in tutte le regioni, indicando una significativa accelerazione nella diffusione dei contagi che, a parità di condizioni, potrebbe portare tra due settimane 5 regioni a superare la soglia del tasso di incidenza settimanale di 250 casi per 100.000 e altre 8 sopra 150 casi per 100.000.

Nelle fasi iniziali dell’ultima salita della curva epidemica, l’incidenza è cresciuta prima nelle fasce di età pediatriche, in particolare nei soggetti di età inferiore a 12 anni, ma i dati dell’ultima settimana analizzati dal Gruppo di Lavoro AIE Sorveglianza dell’Incidenza COVID-19 evidenziano che ormai tutte le classi di età sono interessate da un aumento dei casi positivi.

Rispetto alle precedenti ondate, aver garantito complessivamente una buona copertura vaccinale (84% della popolazione over 12 anni), insieme alle misure di protezione adottate, ha, sino ad ora, consentito di contenere la pandemia ai livelli d’incidenza tra i più bassi d’Europa, ma i dati mostrano una situazione in rapida evoluzione negativa.

Secondo i dati dell’ISS, negli ultimi 30 giorni, sono stati registrati 40.182 casi di infezione da SARS-CoV-2 nelle persone non vaccinate (48 casi ogni 10.000 persone) e 52.016 nelle persone completamente vaccinate (12 per 10.000): in particolare, il tasso di incidenza nei vaccinati è pari a 21 casi per 100.000 se la seconda dose è stata ricevuta da più di 6 mesi e di 11 casi per 100.000 se da meno. Se è vero che, dopo sei mesi dalla seconda dose, si conferma una buona efficacia delle vaccinazioni nella protezione della malattia sintomatica, superiore all’80%, va evidenziato che invece l’efficacia nella protezione dal contagio scende globalmente al 50%: la metà della popolazione vaccinata prima del mese di giugno 2021 risulterebbe pertanto nuovamente suscettibile all’infezione. Questo dato sostiene e supporta gli sforzi che in queste settimane si stanno compiendo per la somministrazione della dose di richiamo, cosiddetta dose booster.

Tuttavia, non deve essere dimenticato che, nonostante gli importanti sforzi compiuti dalla sanità pubblica, nel nostro Paese più di 8 milioni di persone oltre gli 11 anni di età non sono vaccinate e altri 2 milioni e mezzo hanno ricevuto ad ora una sola dose. Tra i non vaccinati, circa 235.000 hanno 80 o più anni di età, ovvero appartengono alla categoria maggiormente a rischio di esiti negativi in caso di infezione da SARS-CoV-2.

È possibile stimare grossolanamente il numero di persone che bisogna vaccinare per prevenire una infezione, un ricovero in ospedale, uno in terapia intensiva, un decesso (Number Needed to Treat, NNT).

In base all’incidenza e ai dati osservati nel mese di ottobre, se avessimo raggiunto 367 soggetti, tra le 235.000 persone di più di 80 anni ancora non vaccinate, avremmo evitato un contagio; con 783 somministrazioni avremmo evitato un ricovero e, con 1.365 vaccinazioni tra gli over 80 non vaccinati, avremmo evitato un decesso.

Con l’aumento prevedibile dell’incidenza nelle prossime settimane, il guadagno in numeri assoluti di eventi evitati risulterà ancora maggiore.

Lo stesso calcolo può essere fatto con riferimento alla dose booster, ipotizzando che abbia la stessa efficacia iniziale del ciclo completo: si può affermare che vaccinare le persone non ancora mai vaccinate fa risparmiare contagi due volte di più rispetto al risparmio di infezioni ottenute vaccinando con il booster chi ha ricevuto la seconda dose da più di sei mesi. Questo rapporto diventa dieci volte tanto se ci riferiamo alle malattie serie/ricoveri.

È indispensabile pertanto condurre parallelamente lo sforzo di aumentare la copertura nei non vaccinati, insieme a quello di somministrare la dose booster a chi ha completato il ciclo da più di sei mesi.

Sulla base dell’analisi dei dati, pertanto, l’Associazione Italiana di Epidemiologia raccomanda, per il contenimento dei contagi, dei ricoveri e dei decessi associati al COVID-19, quanto segue:

  • Risulta prioritario promuovere la vaccinazione dei soggetti che, fino ad ora, non hanno aderito all’offerta e, in particolare, delle persone con più di 80 anni, tra i quali è possibile ottenere il massimo guadagno con il minor numero di persone da raggiungere.
  • A questo scopo, è necessario un cambio di strategia, puntando a campagne mirate di chiamata attiva, nell’ambito delle regole definite dal Garante Privacy.
  • Occorre accelerare al massimo la somministrazione della dose booster nei soggetti vaccinati da più di 6 mesi, a partire dalle persone anziane, dai vulnerabili e da quelli maggiormente esposti al rischio di infezione (personale sanitario, operatori scolastici, ecc.).

Il contatto diretto, e personale, tra l’operatore sanitario e la persona non ancora vaccinata può aiutare a fugare dubbi e timori circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini disponibili, entrare nel merito di condizioni specifiche, e può certamente contrastare condizioni di diseguaglianza nell’accesso all’offerta vaccinale che possono essersi determinate a causa dell’adozione prevalente di canali informatici di comunicazione e gestione della campagna. Se è vero che le piattaforme informatiche di prenotazione hanno facilitato l’acquisizione di informazioni e l’adesione alle vaccinazioni per la maggioranza delle persone, è però possibile che lo abbiano ostacolato per alcuni gruppi di popolazione, in particolare quelle con minori risorse culturali e socio-economiche, per motivi legati alla comprensione dei messaggi o di accesso alle tecnologie.

Risulta pertanto cruciale impegnarsi per rimuovere quanto prima e per tutta la popolazione candidabile alla vaccinazione ogni possibile impedimento, mettendo rapidamente in atto la chiamata attiva di tutti coloro i quali non hanno ancora aderito, attraverso la mobilitazione di tutte le strutture del SSN e dei Medici di Medicina Generale.

Tra le priorità deve altresì essere individuata la prevenzione delle infezioni tra i soggetti di età inferiore a 12 anni, per i quali la vaccinazione non è ancora disponibile, sia per proteggerli dai contagi, sia per scongiurare situazioni che possano interrompere la continuità scolastica e recare nuovamente danno alla vita relazionale dei bambini e degli adolescenti.

Accanto al ripristino e al richiamo all’osservanza delle misure di protezione mirate a garantire il distanziamento fisico e una adeguata ventilazione degli ambienti, non solo in ambito scolastico ma in tutti i contesti frequentati dai bambini, risulta indispensabile assicurare la tempestività negli interventi di accertamento diagnostico dei casi sospetti, isolamento dei positivi e tracciamento dei contatti stretti.

Rispetto all’autunno scorso, il rilassamento di alcune misure di prevenzione sta portando ad un aumento dell’incidenza di sindromi influenzali, in particolare nelle fasce di età 0-4 anni, che certamente complica e aggrava il lavoro di inquadramento diagnostico e di gestione dei casi.

L’operatività delle indicazioni recentemente emanate per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico risulta fortemente condizionata, allo stato, da un depauperamento delle risorse umane a disposizione dei Dipartimenti di Prevenzione, a seguito della scadenza dei contratti del personale assunto per l’emergenza. Occorre pertanto garantire un potenziamento degli organici e degli strumenti di sorveglianza dei Dipartimenti di Prevenzione che, oltre ad essere provati da 20 mesi di emergenza pandemica, sono i principali attori della campagna di vaccinazione anti COVID, cui si aggiunge, in queste settimane, anche quella antinfluenzale.

Queste azioni, insieme al rispetto delle misure generali di prevenzione – a partire dall’uso della mascherina negli ambienti chiusi e, in occasione di aggregazione di persone, anche all’aperto – se realizzate con tempestività possono prevenire il ritorno a livelli di trasmissione virale allarmanti e a conseguenti nuove misure di restrizione, difficilmente sostenibili sia sul piano socio-economico che individuale.

 

Documento redatto da: Lucia Bisceglia (Presidente), Carla Ancona (Vicepresidente), Sonia Brescianini, Serena Broccoli, Cesare Cislaghi, Francesco Forastiere, Michele Marra, Antonello Marras, Rossella Murtas, Anna Maria Nannavecchia, Matteo Renzi, Stefania Salmaso.

 


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