fbpx La parte e il tutto nei sistemi viventi | Scienza in rete

La parte e il tutto nei sistemi viventi

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Il concetto di sistema in biologia e il rapporto parte-tutto è estremamente complesso nei sistemi viventi: le parti viventi sono dei “tutti” e i “tutti” viventi sono delle parti. Per dirla con Koestler [A. Koestler, Il fantasma dentro la macchina, (SEI, Torino 1971)]: «Nel campo della vita, non esistono né parti né totalità in senso assoluto».

Nella fisica il concetto di sistema è entrato nel XX secolo con la Meccanica Quantistica e la Termodinamica di non-equilibrio; nella chimica e nella biologia la situazione è differente. Quando nella seconda metà del XIX secolo furono elaborati nella forma attuale i concetti di “composto chimico” e di “molecola” nacque la prima scienza sistemica: la chimica [G. Villani, “La chimica: una scienza della complessità sistemica ante litteram” in Strutture di mondo. Il pensiero sistemico come specchio di una realtà complessa (Il Mulino, Bologna 2010)]. In biologia, il concetto di sistema è introdotto da quello di organizzazione, come la dizione “organismi viventi” sta a dimostrare. Appare, infatti, a tutti chiaro che una caratteristica essenziale del vivente è quella di sottrarsi alla scomposizione. Un organismo è vivente solo fin quanto è “tutto intero”; qualunque divisione sostanziale “uccide” l’organismo e lo disorganizza.

Gli organismi viventi si differenziano dai sistemi fisici in maniera evidente ed è sempre esistito un ambito filosofico che li ha differenziati. Uno degli scopi della Sistemica è di evidenziare l’impossibilità concettuale, e non solo pratica, del riduzionismo e, quindi, della riduzione della biologia alla chimica e della chimica alla fisica. Tuttavia,  altrettanto importante per la Sistemica è di evitare la dicotomia inanimato-animato che porta a due riduzionismi distinti per i due ambiti.

La divisione tra sistemi aperti e sistemi chiusi è funzionale a questo scopo. Questi due tipi di sistemi hanno caratteristiche molto diverse e rappresentano effettivamente uno spartiacque importante. Va comunque evidenziato e ripetuto che, sebbene i sistemi viventi siano i principali e più importanti sistemi aperti, tale concetto si applica anche in ambito fisico, in quello chimico e anche in ambito sociologico. In quest’ottica la differenza tra sistemi non è, quindi, tra inanimato e animato, ma tra sistema aperto e sistema chiuso e questa differenziazione non è una dicotomia ontologica, ma due tipi differenti di modelli per i sistemi.

I sistemi aperti hanno tutti in comune le seguenti caratteristiche: la possibilità di non tendere ad un massimo di entropia, il feedback, l’omeostasi e una notevole equifinalità. La possibilità che l’entropia possa diminuire in un sistema (e l’ordine aumentare) è legato all’ingresso  di energia dall’ambiente. Il principio di feedback può essere visto come un particolare tipo di segnale che il sistema e l’ambiente si scambiano e che fornisce informazioni al sistema circa le condizioni ambientali e all’ambiente circa il funzionamento del sistema stesso. Il feedback costituito da tali informazioni mette in grado il sistema di porre rimedio al suo cattivo funzionamento o di adeguarsi ai cambiamenti ambientali e, quindi, di mantenere uno stato stazionario o omeostasi. Infine, i sistemi aperti sono caratterizzati da una notevole equifinalità, cioè essi possono raggiungere lo stesso stato finale, pur partendo da condizioni iniziali molto diverse e seguendo differenti linee di sviluppo. Quindi, il netto contrasto tra ordine e disordine che per molti secoli è stato attribuito alla differenza tra la natura animata e quella inanimata, va spostato alla differenza tra i sistemi aperti e quelli chiusi. Anche lo sviluppo e l’evoluzione non sono caratteristiche del solo vivente, ma di tutti i sistemi aperti e necessitano di energia da parte dell’ambiente.

Tali argomenti sono stati sviluppati nel mio libro Complesso e Organizzato. Sistemi strutturati in fisica, chimica, biologia ed oltre, (Franco Angeli, Milano 2008).


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

L’allenamento musicale migliora la lettura di testi scritti

spartito

Uno studio pubblicato su NeuroImage Reports mostra che i musicisti attivano il cervello in modo diverso dai non musicisti durante la lettura, con un coinvolgimento bilaterale del giro occipitale medio. L'educazione musicale sembra migliorare le abilità di lettura e potrebbe proteggere da disturbi come la dislessia.

Immagine Pixabay

I musicisti leggono usando il cervello in modo diverso dalle altre persone. È il risultato di un recente studio uscito su NeuroImage Reports firmato da Alice Mado Proverbio e di Elham Sanoubari dell’Università Milano-Bicocca. Una delle principali conclusioni è la notevole differenza nell'attivazione cerebrale tra musicisti e non musicisti nel giro occipitale medio (MOG) durante la lettura di testi.