Era già tutto previsto: che il secondo Comitato chiamato a
valutare la sperimentazione sul cosiddetto Metodo Stamina desse un parere
contrario, vista l’assoluta mancanza di presupposti scientifici per proporla;
che Davide Vannoni, “ideatore”, a suo dire, del suddetto metodo, annunciasse un
nuovo ricorso al TAR.
La storia infinita del caso Stamina quindi continua a
ripercorrere le stesse tappe, in circolo vizioso che sembra non potersi
spezzare. Prima i giudici che tallonano Vannoni e i suoi, mentre questi da
Torino a San Marino, da Trieste a Brescia, cercano di far perdere le loro tracce,
o di costruirsi un fortino a prova di inchiesta: ordinanze di sospensione
dell’attività da parte delle autorità sanitarie e sequestri da parte dalle
procure, seguite da catene di sentenze in senso opposto, che ordinano agli
ospedali di riprendere i trattamenti.
Poi il valzer della sperimentazione,
voluta dal decreto Balduzzi, e dopo più di un anno ancora impantanata nel balletto
di “comitati” e “board dei saggi”: mai abbastanza imparziali, per Vannoni e i
suoi.
Una sperimentazione per placare gli animi?
Quando, nella primavera del 2013, l’idea della sperimentazione
venne proposta, a qualcuno sembrò il modo più elegante per placare la piazza
inferocita e uscire dal pasticcio che si era creato.
In fondo si era arrivati a
tanto anche per la debolezza mostrata dalle istituzioni nei confronti del clan
di Stamina: mentre il procuratore Guariniello faceva apporre sigilli alle
cellule conservate al Burlo Garofolo di Trieste, un IRCCS, era proprio al Ministero della salute, da cui
l’Istituto dipende, che si discuteva di fatto su come aggirare il
provvedimento.
E dopo che l’AIFA aveva bloccato l’attività agli Spedali Civili
di Brescia, è stata una raffica di sentenze da parte di Tribunali di tutta
Italia a mettere alle strette il secondo miglior ospedale italiano, secondo la
valutazione data da Agenas nel 2013.
Come era accaduto nel caso Di Bella, si sperava che un
investimento di 3 milioni di euro per 18 mesi di sperimentazione sarebbe
bastato a rimediare a questo guaio, che già era pesato tanto sulle tasche degli
italiani: se infatti, almeno per ora, la preparazione delle cellule è stata a
carico della Stamina Foundation, tutta la logistica, dagli aerei militari con
cui si trasportavano i pazienti, all’impegno di personale e strutture di
laboratorio, è stato sulle spalle dei cittadini. Per non parlare del milione di
euro che gli stessi Spedali civili di Brescia hanno già speso solo in spese
legali per cercare di trovare una scappatoia al labirinto in cui si sono
cacciati firmando, nel 2011, l’accordo con Vannoni.
Si torna sempre al decreto Balduzzi
Questo ennesimo no del mondo della scienza, tuttavia, non
era inatteso: non era pensabile che venisse approvato un trial clinico senza
nessuna documentazione preliminare, su patologie disparate, dalle malattie
neurodegenerative all’artrosi del ginocchio, con protocolli vaghi e
inconsistenti.
Che venisse pagata con denaro
pubblico la costosa sperimentazione di un prodotto la cui proprietà restava
rigorosamente privata e difesa da uno strettissimo segreto industriale. «Neppure
i membri di quest’altro comitato ci hanno interpellato di persona» si è
lamentato Vannoni. «E la cosa gravissima è che ancora una volta è stata violata
una legge dello Stato, ovvero la legge Balduzzi che prevedeva la sperimentazione
del metodo Stamina».
Di nuovo quel decreto, lo stesso che prevede la possibilità
di proseguire i trattamenti per tutti coloro che li hanno iniziati, lo stesso quindi
che, secondo un, forse malinteso, principio di equità, sta alla base della
maggior parte delle sentenze che ha esteso il cosiddetto “diritto di cura” a
tanti altri pazienti.
Un decreto che, secondo il ministro Beatrice Lorenzin,
deve essere finalmente abrogato, ora che, nelle sue parole “la questione è
chiusa”.
SMA: la ricerca dà speranza
Se veramente fosse così, sarebbe finalmente il momento di
voltare pagina, per poter orientare impegno e attenzione in altre direzioni.
Per esempio verso le tante linee di ricerca con cui si stanno cercando risposte
serie da dare ai pazienti e alle loro famiglie. Un motivo di speranza, certo,
ma supportato in questi casi dal duro lavoro di molti ricercatori, da
sperimentazioni precliniche che permettano di approcciare i pazienti con
maggiore tranquillità e senza alimentare illusioni pericolose.
L’anno scorso
sono arrivati da Telethon i primi straordinari risultati nella cura della
leucodistrofia metacromatica, la malattia resa nota dalla piccola Sofia, mentre
oggi si apre uno spiraglio per un’altra delle malattie spesso citate a
proposito di Stamina, l’atrofia muscolare spinale (SMA), di cui sono affetti
diversi dei bambini usati come bandiera dalle Iene e dagli altri sostenitori
dell’esperto di marketing piemontese. Una tra tutti, la purtroppo famosissima
Celeste Carrer.
Entro fine anno anche i piccoli pazienti italiani potranno
infatti essere coinvolti in due tra le più promettenti sperimentazioni sulla
malattia. In questo caso non si tratterà di correggere i geni difettosi
apportando cellule staminali portatrici della loro versione corretta, ma si
utilizzeranno due farmaci che agiscono a
livello genetico modificando direttamente la mutazione alla base della malattia.
In tal modo dovrebbe essere possibile aumentare la produzione di una proteina i
cui bassi livelli sono responsabili del danno neurologico. Sui modelli animali
i risultati sono stati ottimi. È quindi il momento di tentare sull’uomo.
Due farmaci in arrivo
«La prima delle due molecole (ISIS)» spiegano a Famiglie
SMA, «ha già superato le prime fasi di non tossicità negli Stati Uniti ed è
pronta per essere ulteriormente studiata in uno studio multicentrico
internazionale, per valutarne l'efficacia nei bambini affetti dalla forma più
grave della malattia, quella di tipo 1». Gli studi preliminari hanno dato
risultati rassicuranti sull'assenza di effetti collaterali di rilievo e su un
possibile effetto positivo sulla funzione dei bambini finora osservati. «Questi
dati dovranno ora essere confermati nello studio in partenza su un gruppo più
ampio, in cui verrà anche utilizzato un placebo come richiesto dai protocolli
internazionali. Lo studio coinvolgerà gli Stati Uniti e l'Europa e in Italia
verrà condotto al Policlinico Gemelli, Università Cattolica Sacro Cuore, Roma e
all'Ospedale Giannina Gaslini di Genova».
La seconda potenziale cura è stata messa a punto da Roche e
la sua sperimentazione è in una fase più preliminare: lo studio che sta per
partire, anche in Italia, al Policlinico Gemelli di Roma, sarà il primo al
mondo a utilizzarla in bambini e adulti colpiti da diverse forme, più o meno
gravi, della malattia.
«Finalmente, dopo tanti anni di studi preclinici su modelli
animali» dichiara
il neuropsichiatra infantile Eugenio Mercuri del Policlinico Gemelli di Roma, a
capo del gruppo di ricerca italiano, «si
sta compiendo il grande salto, quello di poter valutare l’efficacia di alcuni
composti promettenti nei bambini e adulti affetti da SMA, seguendo dei rigorosi
protocolli di ricerca. Questa possibilità, che fino a pochi anni fa sembrava
solo un sogno lontano, è stata anche resa possibile dal continuo lavoro di
collaborazione tra i Centri italiani e stranieri, che ha permesso all’Italia di
entrare in questi studi fin dalle prime fasi».
Il ruolo di Famiglie SMA
«Famiglie SMA è orgogliosa di aver finanziato negli scorsi anni un progetto di preparazione all'arrivo dei farmaci, – dichiara Daniela Lauro, presidente dell'associazione Famiglie SMA - che ha costruito una rete di Centri clinici che supporterà i trial e che viene oggi ampliata grazie al progetto SMArt. Si tratta di un servizio che migliora l'assistenza territoriale e facilita l'arruolamento dei bambini per i trial in partenza e che consentirà ai bambini di non doversi allontanare dalle loro regioni per i controlli periodici legati alla sperimentazione. Siamo felici di poter dare delle risposte concrete alle nostre famiglie in termini di accoglienza, assistenza e oggi finalmente anche di speranza concreta di possibili cure: essere stati scelti per cominciare la sperimentazione con uno dei due farmaci può considerarsi un grande successo della ricerca italiana e della grande capacità dei ricercatori che si occupano di SMA».
Per sostenere i costi di
questa nuova fase e raccogliere fondi per la ricerca sabato 4 e domenica 5
ottobre Famiglie SMA sarà in più di 100 piazze con l’iniziativa "Un aquilone per
un bambino".
Inoltre, fino all'11 ottobre, digitando il numero solidale 45501 è possibile
donare 2 euro tramite sms da telefono cellulare TIM, Vodafone, WIND, 3,
PosteMobile, CoopVoce e Nòverca o o chiamata da rete fissa TeleTu o TWT, o 2 o
5 euro chiamando da rete fissa Telecom Italia, Infostrada e Fastweb