Marco Taddia recensisce Scrivere di scienza, di Daniele Gouthier (Codice Edizioni, 2019): un libro sulla scrittura e sulla divulgazione ma anche, più in generale, sulla comunicazione scientifica - e quindi su come “informare, appassionare, convincere, diffondere una cultura”.
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Se volete scrivere di scienza per la vostra e altrui soddisfazione, prima di tutto dovete chiedervi se ciò di cui vorreste scrivere può servire a qualcuno, individuare il tipo di pubblico al quale è destinato il vostro lavoro e, infine, individuare la vostra “molecola di scrittura”, applicando il motto “conosci te stesso”.
La “molecola” in questione, citata in Scrivere di scienza di Daniele Gouthier (Codice Edizioni, 2019) è il vostro punto di forza. Si può riferire al ritmo che vi è più congeniale, alla capacità di produrre aforismi brucianti, all’articolazione dei periodi e allo spazio di cui necessita il vostro modo di esprimervi. Una volta individuata, la “molecola” va perfezionata ma occorre tener presente che, in fase di rifinitura, è necessario spostare l’attenzione da lei ai propri punti di debolezza. Questa esortazione, quanto mai appropriata, è una delle tanti che Daniele Gouthier ci offre nel suo libro, derivato da cinque lustri di esperienza nel campo della comunicazione. Leggendolo con attenzione si capisce che non esiste un’unica facile ricetta per scrivere bene.
Gouthier ci ricorda che “Lo stile è qualcosa di sottile che ha un impatto forte su ciò di cui si scrive. Ognuno deve cercare il proprio ed educarlo”. Un altro utile suggerimento, valido per tutti, è quello di tenersi in allenamento, come nello sport. A tal proposito, il detto di Apelle, Nulla dies sine linea (“Nessun giorno senza una linea”) può applicarsi vantaggiosamente anche alla scrittura scientifica.
Oggi si avverte particolarmente l’esigenza di disporre di buoni comunicatori. La giornalista scientifica Roberta Villa, autrice dell’introduzione, mette in luce l’intreccio, mai tanto stretto come oggi, tra gli scienziati e la società. I ricercatori, scrive Villa: “dipendono, per i loro finanziamenti dalle scelte della politica o direttamente dalla gente comune e i loro risultati hanno un effetto che può risultare travolgente per la vita delle persone”. Purtroppo il mondo della scienza, specie in Italia, è parecchio sulle difensive, teso a ristabilire sempre “la verità scientifica”, per contrastare bufale e imbroglioni di ogni tipo. È una contrapposizione che non aiuta la comunicazione scientifica e, citando Gouthier, ricorda che l’obiettivo della scienza “non è convertire né schierarsi […]. Piuttosto, è fare cultura, stimolare una sensibilità scientifica, favorire un pensiero rigoroso e razionale”.
La pandemia di Covid-19 ha dimostrato che una riflessione sulla scrittura scientifica s’impone anche agli addetti ai lavori. Circa tre mesi fa, il filosofo e giornalista Fabio Gironi ha condotto un dialogo a più voci su questo tema spinoso con la stessa Roberta Villa, Giorgio Sestili e Alexander Bird. Tre persone che, come scrive Gironi, “in maniera diversa, durante i mesi dell’emergenza sanitaria hanno provato a fare ordine, a riportare al pubblico in modo chiaro un quadro epidemiologico complesso e, soprattutto, in costante evoluzione” (il resoconto si trova qui).
Fino a qualche decennio fa, negli ambienti universitari e specialmente in ambito chimico, occuparsi di divulgazione scientifica era considerato una perdita di tempo e coloro che si impegnavano in tale attività erano ritenuti dei ricercatori falliti. Oggi, almeno a parole, le cose sono molto cambiate, anche se la gratificazione, in termini di progressione di carriera, è inesistente. Aumentano quindi i “divulgatori” ma non sempre raggiungono i risultati sperati, forse perché agiscono sulla base della sola “ispirazione” - dimenticando una celebre frase di Thomas A. Edison secondo il quale il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% sudorazione. In sostanza, anche per divulgare occorre essere preparati e anche i ricercatori migliori debbono imparare a farlo perché è un mestiere diverso dal fare ricerca.
Gouthier ha tutte le carte in regola per essere ascoltato. Presentando se stesso dice: “Sono più di vent’anni – venticinque, compresi quelli in cui ho fatto un po’ di ricerca “dura” – che giro attorno alla scienza e alla matematica, allo scrivere e al raccontarne. Lo faccio come autore, come formatore di insegnanti e come docente”. Egli infatti insegna al Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA ( Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) di Trieste. Non è al primo libro perché ne ha scritto altri quattro: “Il bello della matematica”, “Le parole di Einstein”, “Il solito Albert e la piccola Dolly” e “Dar la caccia ai numeri”.
A proposito del libro, occorre subito precisare che non tratta solo di divulgazione ma anche di altre forme di comunicazione della scienza. Gouthier ce lo ricorda nel capitolo 7, intitolato “Le ragioni per cui scrivere”, laddove sottolinea che “divulgare e comunicare” sono azioni differenti. Divulgando, scrive, “si cerca di rendere fruibile, comprensibile e vicino un qualche contenuto scientifico”. Invece, in termini generali, quando si comunica professionalmente, ci si pone l’obiettivo di “informare, appassionare, convincere, diffondere una cultura”.
Oltre che sulla divulgazione, il libro si concentra su giornalismo, ricerca e insegnamento. A volte i confini che marcano i rispettivi campi di azione sono labili e non è raro che lo stesso individuo ne pratichi più di uno. Il sottotitolo del libro è il seguente: “Esercizi e buone pratiche per divulgatori, giornalisti, insegnanti e ricercatori di oggi”. Si può dire che Gouthier, nei limiti dello spazio a disposizione, centri in pieno i suoi obiettivi. In otto densi capitoli, ciascuno corredato da esercizi stimolanti e disseminato di inserti che evidenziano “piccole buone abitudini”, tutti i principali aspetti della comunicazione e della scrittura scientifica vengono trattati. L’autore lo fa con leggerezza, fluidità, semplicità e chiarezza. Le stesse caratteristiche che insieme al giusto equilibrio tra rigore ed efficacia comunicativa vorremmo ritrovare più spesso nell’editoria scientifica divulgativa.