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L'antro dei disguidi

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Tempo di lettura: 8 mins

A Cuma c'è un luogo straordinario. Un tunnel scavato nel tufo lungo 130 metri alto cinque e largo due e mezzo. Ha forma trapezoidale, un accorgimento antisismico pensato dai primi colonizzatori greci in Italia che avviarono quest'opera circa 2600 anni fa.

Planimetria del cosiddetto Antro della Sibilla. Clicca sull'immagine per ingrandire.

E' straordinario perché mitico da quando Virgilio scrisse il poema latino più letto al mondo e collocò alla fine di quel tunnel la stanza dalla quale la Sibilla profetava.

Sibilla Cumana (350x380 cm), Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, 1508-1510.

E' straordinario perché semplicemente bellissimo, unico. Oltre al tunnel nel sito si trovano monumentali ambienti sotterranei, che nel corso del tempo sono stati usati come cave di materiale edilizio, cisterne, passaggi e fortificazioni militari. Una intera acropoli con tanto di terme, una via lastricata, un tempio di Apollo e uno dedicato a Giove. Tutto in posizione panoramica. Roba da sgomitare all'ingresso. Invece no. Tutto purtroppo è divorato dal bellissimo trio Napoli-Pompei-Vesuvio, nell'ordine che preferite.

Lo si capisce subito quando si cercano le informazioni. Il sito web sta in un sotto dominio un po' sfortunato http://cir.campania.beniculturali.it/archeocuma/ nel quale ancora a oggi (10 febbraio 2017) si legge che l'antro è chiuso per restauro a causa di alcuni crolli avvenuti nel corso del 2016.

Deciso a visitarlo nelle vacanze di Natale non mi fido di quanto leggo sul sito (cioè spero in un mancato aggiornamento delle pagine web), cerco sui social e trovo recensioni su Tripadvisor che danno aperto l'antro a dicembre. Vedo che è anche comodamente raggiungibile con la ferrovia Circumflegrea, perfetta per chi arriva a Napoli con il treno. Quindi inizio a preparare le mie bambine alla visita fantasticando sulla Sibilla e il suo misterioso antro. Bisogna fare così per far digerire una bella sfacchinata a un bambino di 7 anni. Questo ha creato un clima di gioiosa sovreccitazione e grande attesa. E di altrettanta grande delusione quando, ancora col sorriso sulle labbra, ascolto la risposta della bigliettaia alla richiesta di 4 biglietti andata e ritorno per Cuma: «Non posso, la fermata di Cuma è aperta solo in estate. Ma cosa ci andate a fare?». «Gli scavi...» Espressione incredula. «Ah, mah... Secondo me non trovate nulla». Una guida turistica conferma: «Andare a Cuma con i mezzi pubblici è impossible». 

Il guanto di sfida è lanciato. 

Stazione di Montesanto, ore 9 circa, 20 km alla meta. Prendiamo la Cumana fino a Pozzuoli come da programma e visitiamo il tempio di Serapide, su tutti i sussidiari italiani a illustrare il fenomeno del bradisismo.

Tempio di Serapide, Pozzuoli.

Quindi saliamo all'Anfiteatro.

Sono le 10 circa, a 7,5 km dalla meta. Alla biglietteria ci invitano a prendere il biglietto cumulativo, che comprende anche la visita a Cuma. «Benissimo! Ma a Cuma come ci arriviamo, c'è una navetta per i visitatori?». «Navetta? Andate con la macchina». «Siamo in treno». «E’ un problema. Provate a scendere al porto e prendete il 12 che vi porta direttamente al sito, dovreste farcela, chiude alle 14.30. Essendo statale». 

Evito di indagare sulla validità di quest’ultimo sillogismo. «Ogni quanto passa?». In risposta ottengo, in gestualità napoletana, un cortese «non si sa». 

Alla fermata indicata incontriamo due anziani diretti anche loro a Cuma. Parliamo un po', hanno ricevuto le nostre stesse informazioni, ma io non sono sereno, non trovo nessun segno che indichi il passaggio della linea 12. Salutiamo, i due invece - ottimisti o stanchi di cercare - aspetteranno lì. Torniamo verso il tempio di Serapide, un vigile ci indica la direzione dello stazionamento dove troveremo la fermata del bus 12. 

Stazionamento di Pompei, ore 11.00, ancora 7,5 km alla meta. Lo stazionamento è esattamente ciò che un turista milanese immagina e vuole trovare nella magna grecia: un sedicente parcheggiatore prende le chiavi di tutti quelli che vogliono parcheggiare nello stazionamento dei bus e dispone le macchine come blocchi di Tetris, incastri perfetti a pochissimi euro con una vitalità che al nord si sognano. Vicino un mercato della carne e del pesce - perfetta copia vivente dei mosaici di Pompei - brulica di vita: tonnetti, spada, gamberoni, magnifiche anguille che si agitano in grandi anfore a formare grovigli inestricabili e scuri come una testa di Medusa.

Bus però non ne passano. Dopo 20 minuti arriva l'11. Numeri naturali a parte so bene che difficilmente dopo l'11 viene il 12. Chiedo informazioni all'autista. «Il 12? Mi sa che oggi non passa». «Come scusi?». «Siete qui da molto?». Annuisco. «Allora oggi non passa». Ormai sono le 11.30. Chiamo direttamente il sito di Cuma. «Lasciate stare il 12 e prendete la Cumana fino a Fusaro, da lì andate alla fermata dei bus, ne passa uno che sale a Cuma».

Stazione di Pozzuoli, ore 12, sempre 7,5 km alla meta. Riprendiamo il treno. L'odore sulfureo della solfatare si dissolve. Arriviamo a Fusaro, potremmo visitare un'altra meraviglia, la Casina Vanvitelliana di Bacoli. Ma il tempo scorre.

Casina Vanvitelliana, Carlo Vanvitelli, 1782 

Fermata di Fusaro, ore 12.40, solo 3,7 km alla meta. Individuiamo la fermata del bus, prendiamo i biglietti nella tabaccheria di fronte. Vorremmo anche informazioni sugli orari ma nessuno sa darne. Tento di capire dal sito della società trasporti ma è inutile. Alle 13.30 inizio a prendere in considerazione di incamminarci tutti a piedi, ormai siamo a soli 4 km. Ma non è semplice iniettare nelle figlie un’ultima dose di entusiasmo. Quasi esasperato chiamo un taxi, mi risponde che sarebbero circa 25 euro, ma onestamente mi consiglia il bus. «Ne ho visti in giro» - come rare prede - «vedrà che passa». In effetti non faccio in tempo ad accordarmi che ecco all'orizzonte il bus. Sono le 13.30, 5 minuti dopo siamo a Cuma: è fatta. Prima di scendere dal bus mi informo sugli orari di ritorno, ottengo indicazioni vaghe. Meglio procedere alla visita senza discutere.

Mappa degli scavi di Cuma (http://kyme.altervista.org/sito/il-parco-archeologico/). Clicca sull'immagine per ingrandire.

Scavi di Cuma, ore 13.30, più di tre ore per circa 20 km. Già alla biglietteria ci si accorge che il sito da molto non riceve la visita di un ministro. Metà parco è chiuso, i cartelli anni 80 sono sbiaditi, mappe e dépliant inesistenti. Però i custodi sono gentili e tutto è pulito. Ma c'è anche poco da pulire, oltre a noi ci saranno al massimo altre 7/8 persone. Meglio, l'antro deserto è bellissimo.

Posso solo immaginare che spettacoli di son et lumière si inventerebbero i cugini francesi. Ma anche il silenzio fa la sua parte. Purtroppo la scenografia è un po' guastata dagli interventi provvisori (si spera) di consolidamento: vari puntelli di legno tengono in piedi la struttura, tanto imponente quanto fragile.

I cartelli d'epoca sono scoloriti ma scritti bene, precisi. E' chiara la stratificazione dell'opera che ha attraversato i secoli di volta in volta come cava di tufo, fortificazione militare, antro (forse). Si può dubitare che sia veramente questo l'antro della Sibilla, ma fossi stato Virgilio e 2000 anni fa avessi visitato questi luoghi ne sarei stato sicuro. Dopo l'antro si scende a visitare la cosiddetta Cripta romana, un tunnel che, bucando la rocca in cima alla quale si trova il tempio di Apollo, collegava l'antica città con il porto. Questo ambiente è una sorpresa. Alcuni infatti dicono sia qui che a Virgilio parve udire le sacre profezie della Sibilla. Adesso invece sentiamo solo il tubare di inquietanti piccioni che ci osservano mentre passiamo a capo scoperto sotto i loro numerosi nidi. La fattura è semplice, blocchi di tufo e inserti di opus reticulatum. Non sono certamente della stessa bellezza, ma sembra di essere negli scavi di Petra per maestosità degli ambienti.

Tutto sommato l'illuminazione è ben studiata, la struttura visitabile in sicurezza ma i grandi vani laterali che si aprono dal corridoio principale restano bui e invisibili o inaccessibili.

Procediamo fino in fondo al tunnel, camminando sotto le volte di tufo e gli archi a tutto sesto che rinforzano la struttura, sopra la quale poggia il dio Apollo. Alla fine, aggrappati alle sbarre con facce tristi da reclusi, traguardiamo la vecchia città. Prima colonia greca in Italia, da cui partirono i fondatori di Napoli. Ora immersa nelle sterpaglie e stretta tra case e campi privati. La città è ancora oggetto di scavi, la visita sarebbe densa: il foro, le terme, una necropoli, un tempio di Iside con bassorilievo di sfinge! Bellezza un tanto al chilo, ricchezze "che nessun altro paese al mondo", come amano dire gli italiani (salvo poi disinteressarsene completamente).

Sono ormai le 14.30, spiace ma dobbiamo uscire in fretta per non perdere il probabile bus delle 14.40 che infatti passerà alle 15 e un pezzo. Spiace perché con poco si potrebbe fare di Cuma un piccolo raffinato scavo per bibliofili amanti di letteratura latina ma anche di appassionati di architettura civile e militare di ogni nazione. Dovrebbero partire dalla stazione di Montesanto, tutto l'anno e non solo d'estate, turisti a frotte che vogliono per mezza giornata rilassarsi dalla vorticosa vitalità di Napoli. Invece no.

Un consiglio alla coppia di anziani fermi al porto di Pozzuoli, se siete ancora lì e state leggendo: andate a piedi.

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