La Francia ha deciso di investire 35 miliardi nella costruzione accelerata della società della conoscenza come pacchetto per uscire dalla crisi e avviare uno sviluppo più sostenibile. L’investimento, annunciato dal presidente Nicolas Sarkozy la settimana scorsa, prevede: 11 miliardi per l’università e l’alta educazione; 8 miliardi per la ricerca scientifica; 6,5 miliardi per l’industria innovativa; 5 miliardi per lo sviluppo sostenibile; 4,5 miliardi per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
L’obiettivo ha un sapore classico: fare della Francia un paese «più forte e competitivo». Ma la strategia è significativa, tanto nel metodo quanto nel merito. Nel metodo, perché la strategia del grand emprunt, del grande prestito, assunta da Sarkozy è stata messa a punto da un gruppo di ricercatori, industriali ed economisti diretto in maniera bipartisan da due ex primi ministri dei due schieramenti opposti, il conservatore Alain Juppé e il socialista Michel Rocard. Nel merito, perché i 35 miliardi di investimenti pubblici riguardano tutti e interamente la «società della conoscenza», considerata la società del futuro.
L’investimento maggiore, 11 miliardi complessivi, va alle università. Con l’obiettivo di creare in Francia centri di alta educazione di valore assoluto. Il progetto principale, finanziato con 7,7 miliardi, non è molto dissimile da quello tedesco della Iniziativa per l’Eccellenza: realizzare da 5 a 10 grandi campus, ciascuno messo in grado di partire con una dotazione di un miliardo di euro. A questi soldi va aggiunto un altro miliardo per fare del centro di ricerca del Saclay plateau che, collocato appena fuori Parigi è già oggi uno dei più grandi d’Europa, un unico supercampus. Tutte le altre università – sono più di 80 in Francia, proprio come in Italia – potranno contare su un 1,3 miliardi di fondi nuovi e aggiuntivi. L’ultimo miglioro infine andrà alla formazione.
La ricerca scientifica, con 8 miliardi, è il secondo settore di investimento. I fondi sono così ripartiti: 3,5 miliardi alla ricerca traslazionale (ovvero alla ricerca, soprattutto biomedica, che ha come obiettivo quello di aumentare il benessere delle persone); 2,5 miliardi alla ricerca biomedica e alle biotecnologie; 1 miliardo alla realizzazione di laboratori di eccellenza (che possono essere realizzati anche all’interno delle università); 1 miliardo per il rinnovo della strumentazione.
Il terzo settore di investimenti, con 6,5 miliardi a disposizione, è lo sviluppo industriale. I fondi saranno così ripartiti: 2,5 miliardi per la media e piccola industria; 2 miliardi per l’aerospazio, 1 miliardo per i trasporti del futuro, 1 miliardo per le politiche industriali.
Quarto settore d’investimento è lo sviluppo sostenibile, cui andranno 5 miliardi. Di cui: 2,5 per lo sviluppo di fonti energetiche a basso contenuto di carbonio; 1 miliardo per il nucleare di nuova generazione; 1 miliardo per le città sostenibili; 0,5 miliardi per il risparmio energetico.
Quinto e ultimo settore d’investimento è l’IT, con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Potrà contare su 4,5 miliardi, così ripartiti: 2,5 per migliorare il contenuto digitale; 2 miliardi per aumentare l’accesso alla banda larga.
Il progetto fatto proprio da Sarkozy si annuncia molto ambizioso. Il Presidente è convinto che con questo «grande prestito» dello Stato, la Francia intera non uscirà solo dalla crisi, ma farà un poderoso balzo nel futuro. Esso è nella scia dei grandi progetti pubblici che, in ogni parte del mondo, hanno consentito una svolta verso la costruzione della società della conoscenza. Individua nella formazione, nella ricerca di base e in alcuni precisi settori di sviluppo tecnologico i motori giusti dell’innovazione.
Non mancano tuttavia i critici. Il CNRS, la rete nazionale di ricerca, ne esce a pezzi. Mal messe sono anche le piccole università: ma nessuno ha mai dimostrato che, nelle università, «grande è bello» e «piccolo è brutto». Inoltre, sostiene Bertrand Monthubert, questi «investimenti massicci» in realtà si riveleranno un miraggio. Non sarebbero soldi nuovi e aggiuntivi, ma semplicemente i normali finanziamenti chiamati in altro modo e utilizzati per altri scopi.
Tuttavia è indubbio che, sia un miraggio o una concreta realtà, in Francia come in Germania per uscire dalla crisi i governi (di centrodestra) investono sulle università pubbliche, sulla ricerca e sull’alta tecnologia.