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Curiosity è su Marte

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Dopo otto mesi di cavalcata spaziale e quegli interminabili sette minuti di puro terrore nei quali la sonda ha dovuto bruscamente rallentare la sua folle corsa, Curiosity si è felicemente posato sul suolo di Marte.

Discesa di Curiosity fotografata da HiRISENon è mai stato facile coronare con un successo una missione verso il Pianeta Rosso. Prima del traguardo raggiunto il 6 agosto da Curiosity (in Italia erano circa le sette e mezza del mattino) ci avevano provato altre 16 missioni a far posare una sonda su Marte, ma solamente sei erano riuscite nell'impresa: le due sonde Viking (1975), il mini-rover Sojourner della missione Pathfinder (1996), i
due rover gemelli Spirit e Opportunity
(2003) e il lander Phoenix (2007). Potremmo aggiungere alla lista – e darle il giusto merito, visto che fu la prima sonda in assoluto a toccare sana e salva la polvere Marte – la sovietica Mars 3 lanciata nel 1971 che raggiunse sì la sua destinazione, ma le sue comunicazioni si interruppero pochi secondi dopo l'atterraggio. Se poi consideriamo tutte quante le missioni verso Marte, dunque non solo i tentativi di raggiungere la sua superficie, dobbiamo annotare che dei 46 tentativi finora compiuti dalle varie agenzie spaziali, ben 26 si sono conclusi con un fallimento. Un banale calcolo statistico ci dice che la percentuale di successo è dunque di poco superiore al 40%, un dato che dovrebbe far riflettere chi ipotizza una missione con equipaggio.

Curiosity, il cui nome ufficiale è Mars Science Laboratory, è dunque giunto a destinazione. Il grosso rover, lungo tre metri e pesante 900 chilogrammi – un autentico gigante se lo paragoniamo ai 65 centimetri del minuscolo Sojourner che ci fece sognare nell'estate di 15 anni fa – si è posato all'interno del cratere Gale e per un paio di giorni si occuperà di fare un accurato controllo della sua preziosa strumentazione prima di iniziare l'esplorazione che dovrebbe tenerlo occupato per un intero anno marziano (più o meno un paio di anni terrestri). La strana destinazione – perché imbucare un rover in un cratere, anche se di 154 chilometri di diametro? – è stata accuratamente scelta dai responsabili della missione. Al centro del cratere scavato da un impatto almeno un paio di miliardi di anni fa, infatti, si innalza una montagna alta 5500 metri, liberata e scolpita dalla lenta erosione dei venti marziani, la cui stratificazione potrebbe rivelarsi un'incredibile finestra aperta su due miliardi di anni di storia geologica del Pianeta Rosso.

Per compiere le sue rilevazioni, Curiosity è attrezzato con dieci differenti strumenti scientifici, che vanno dalle telecamere di ripresa ai vari spettrometri e rilevatori di radiazioni, un carico di strumentazioni che con i suoi 80 chilogrammi è 15 volte più pesante di quello che avevano in dotazione Spirit e Opportunity. Alcuni strumenti sono i primi del loro genere a essere impiegati su Marte, come ad esempio il ChemCam, uno strumento che spara un raggio laser per vaporizzare da una distanza di alcuni metri un frammento di roccia e determinarne la composizione elementare. Nel corso della missione, però, Curiosity si affiderà anche a strumenti più tradizionali, usando il suo braccio robotico per raccogliere campioni di polvere da sottoporre ad analisi nel suo laboratorio interno, proprio come fecero i Viking 35 anni fa.

Sarà insomma un vero e proprio laboratorio semovente, in grado di spostarsi sull'insidioso terreno marziano a una trentina di metri all'ora, ma capace anche di una velocità di punta tre volte più grande. Solo le prossime settimane, però, saranno in grado di dirci se questo oneroso progetto della NASA (si parla di 2,5 miliardi di dollari) porterà i frutti tanto attesi.

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