fbpx A cosa serve un'epidemiologia dell'uso delle armi | Scienza in rete

A cosa serve un'epidemiologia dell'uso delle armi

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Ogni anno solo negli Stati Uniti muoiono per colpa di armi da fuoco 32 mila persone, e altre 67 mila vengono ferite, anche in modo grave. Si tratta del 7,1% delle cosiddette morti premature, e di queste il 2% è non intenzionale, frutto dell'errore insomma. E del fraintendimento, ampiamente falsificato dalle statistiche, che possedere un'arma si traduca in una maggiore e migliore probabilità di autodifendersi.

Diffondere dati epidemiologici sull'uso delle armi è importante, perché capire la natura e l'impatto del problema è il primo passo per prevenire questo genere di violenza. Lo è soprattutto oggi che il numero di omicidi e di suicidi per arma da fuoco negli Stati Uniti è in aumento rispetto agli ultimi 20 anni e all'interno di una campagna elettorale dove il candidato Donald Trump non più tardi dello scorso maggio prometteva ai suoi elettori di abolire una volta eletto le gun free zones, le aree pubbliche dove attualmente è vietato portare pistole o fucili, come scuole, chiese e uffici. Si tratta di un argomento caldo anche in Europa, e in Italia, dove la discussione intorno alla legittimità della difesa armata dei cittadini è ciclicamente in fermento.

Di uso delle armi, costi e prevenzione si parla di fatto ancora troppo poco. Sebbene rappresentino il 12,6% delle morti violente degli Stati Uniti, contano per meno dello 0,3% delle pubblicazioni scientifiche in letteratura, illustrano Katherine A. Fowler e colleghi in un loro articolo apparso nel numero speciale di Preventive Medicine dello scorso ottobre, interamente dedicato proprio all'epidemiologia dell'uso delle armi da fuoco sul suolo americano.

I costi dell'uso/abuso delle armi da fuoco sono altissimi: secondo le stime esse costerebbero ben 48 miliardi l'anno in cure mediche e in perdita di forza lavoro. Il 54% delle ferite non letali si risolve infatti in un'ospedalizzazione e in molti casi si tratta di ferite molto gravi, che talvolta conducono alla disabilità. Circa 1 colpo su 10 – sia intenzionale che non – colpisce collo e testa e il 20% delle ferite intenzionali e il 6% di quelle non intenzionali riguarda l'area in prossimità del cuore.

Questi dati non vanno sottovalutati per due ragioni: non solo come abbiamo visto dal punto di vista dei costi umani e anche economici in ambito sanitario e non da ultimo perché questo genere di violenza si può prevenire. La letteratura ha infatti ampiamente documentato la correlazione fra il possesso e l'uso delle armi e la presenza di alcuni fattori di rischio come il consumo di alcol e droghe. Una grossa parte dei possessori di armi in America fa uso massiccio di alcol. Secondo quanto riportato nell'articolo di Garen Wintemute e colleghi, il 16% dei 50 milioni di possessori di armi interpellati bevono oltre 5 drink a settimana, e il 4% oltre 15 drink. Inoltre – come ricorda l'Organizzazione Mondiale della Sanità – l'impatto della violenza sulla salute non si limita alla violenza fisica, ma coinvolge anche la salute mentale e le conseguenze a lungo termine sull'individuo, specie se molto giovane.

Alla base del problema c'è inoltre un grosso fraintendimento, e cioè la convinzione che possedere un'arma ci protegga di più da eventuali aggressioni: l'autodifesa è oggi la prima ragione che spinge le persone a comprarsi un'arma. Secondo un recente survey di Pew Review la metà dei possessori di armi negli Stati Uniti afferma di averle acquistate per proteggersi e a essere particolarmente suscettibili all'uso delle armi sono i giovani uomini, nelle aree rurali, lontano da casa. Nel 1999 solo il 26% dei compratori affermava che l'autodifesa fosse il motivo principale della propria scelta di avere un'arma in casa. Come documentano i dati riportati da David Hamenway e colleghi in un altro articolo sulle pagine di Preventive Medicine, le cose non stanno affatto così. Solo nell'1% dei crimini (127 casi su oltre 14 mila incidenti analizzati) le armi da fuoco sono state usate per auto-difesa e non hanno portato nessun vantaggio alle vittime. Il possesso di un'arma inoltre non è associato a un rischio ridotto di lesioni, anzi secondo le statistiche, la probabilità di rimanere feriti è minore prima che si utilizzi un'arma per autodifesa (6% contro 21% di rischio di ferirsi), e di fatto la maggior parte di chi si è ferito, si è fatta male proprio dopo aver utilizzato una propria arma tentando di difendersi.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il dubbio e il desiderio

--