fbpx Come stimare l’effetto e le priorità tra vaccinare i non vaccinati o rivaccinare chi si era vaccinato da più di sei mesi? | Scienza in rete

Controllare l'epidemia: meglio convincere chi non è vaccinato o puntare sulla terza dose?

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Le decisioni di sanità pubblica e le conseguenti raccomandazioni alla popolazione generale devono essere guidate da obiettivi misurabili e dalla valutazione del percorso più efficiente per raggiungerli.  Anche le decisioni in merito alle vaccinazioni contro Covid-19 devono seguire gli stessi principi ed è quindi necessario cercare di stimare quali siano le azioni prioritarie o più vantaggiose per prevenire il maggior numero di casi, di ricoveri e di decessi. 
 
L’obiettivo dichiarato della campagna di vaccinazione contro Covid-19 era quello di ridurre la frequenza di malattie severe che mettono a dura prova la capacità di assistere anche altri malati non legati alla pandemia. Finora si sono raggiunti risultati abbastanza soddisfacenti, ma sono ormai numerose le prove che l’efficacia dei vaccini diminuisca al passare del tempo, confermate anche da un’analisi contenuta nell’ultimo bollettino pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) il 12 novembre. Tali prove impongono di considerare ulteriori somministrazioni a chi è vaccinato da almeno sei mesi. 

Tuttavia l'andamento della pandemia, anche nel nostro Paese, è fortemente determinato dalle infezioni tra chi non ha ricevuto o completato la vaccinazione: circa 8 milioni di persone dai 12 anni in poi e altri 3 milioni con meno di 12 anni per cui non è ancora prevista la vaccinazione. I casi più severi di malattia che richiedono ricovero ospedaliero in terapia intensiva si verificano per lo più tra le persone non vaccinate. Sembra quindi opportuno cercare di confrontare l’effetto della somministrazione dei richiami con quello che si otterrebbe mettendo in campo un ulteriore sforzo mirato a raggiungere chi non si è ancora vaccinato e capire quale strategia possa produrre il beneficio maggiore. 

Per effettuare questo confronto si potrebbe ricorrere a modelli matematici raffinati che permettono di stimare i risultati delle diverse strategie. Tuttavia questi modelli richiedono un gran numero di parametri e assunzioni, quindi per la nostra discussione preferiamo sfruttare un metodo più semplice. Si tratta della stima del numero minimo di persone che sarebbe necessario vaccinare con le prime due dosi o a cui sarebbe necessario somministrare il richiamo per prevenire un caso di infezione o un caso di malattia grave, il cosiddetto number needed to treat (NNT).

Per capire di cosa si tratta, consideriamo prima un caso semplice. Immaginiamo di voler valutare un farmaco per il mal di testa e abbiamo 100 persone cui non diamo nulla ma dopo tre ore il mal di testa in 30 si risolve mentre per 70 continua. Abbiamo invece 100 persone cui somministriamo un farmaco e dopo tre ore si risolve per 80 e per 20 no. Possiamo dire che il farmaco, somministrato a 100 persone, ha avuto effetto su 50, cioè la differenza tra gli 80 guariti totali e i 30 che sarebbero guariti anche se non avessero ricevuto il farmaco. Possiamo quindi anche dire che per ottenere 50 remissioni del mal di testa abbiamo dovuto trattare 100 persone, quindi NNT è uguale a 2, cioè per ottenere 1 successo reale dobbiamo trattare 2 persone.

Il number needed to treat per valutare le strategie di vaccinazione

Trasferiamo questo concetto alla vaccinazione anti Covid-19. Immaginiamo di avere un’incidenza mensile del contagio tra i non vaccinati pari al 3%. Questo significa che tra 100000 soggetti non vaccinati in un mese si verificherebbero 3000 contagi. Se consideriamo altrettanti soggetti vaccinati e assumiamo che l’efficacia del vaccino sia del 90%, nello stesso mese e nelle stesse condizioni, ci aspettiamo di osservare in questo gruppo solo 300 contagi. Possiamo dire che abbiamo dovuto vaccinare 100000 persone per evitare in quel mese 2700 contagi e il vantaggio è stato di un contagio prevenuto ogni 37 vaccinati (100000/2700 è circa uguale a 37). In altre parole, in questo esempio NNT è pari a 37.

A parità di efficacia del vaccino, se l'incidenza mensile raddoppiasse arrivando al 6%, avremmo 6000 contagiati tra i non vaccinati e 600 tra i vaccinati, cioè una differenza di 5400 e quindi per risparmiare un contagio sarebbe stato sufficiente vaccinare circa 19 persone (100000/5400 è circa uguale a 19), meno di quanto accadeva a incidenza più bassa.

Se l'efficacia del vaccino è costante, più aumenta l'incidenza e più l'NNT diminuisce e il bilancio tra costi e benefici diminuisce di conseguenza. Infatti, se per esempio vaccinare costasse 100 euro a persona e un contagio comportasse mediamente una spesa per il sistema sanitario nazionale (SSN) di 2000 euro, con un’incidenza mensile del 3% dovremmo spendere 3700 euro (il costo di 37 vaccinazioni) per evitare un ricovero che costerebbe al SSN 2000 euro. Il bilancio tra costi e benefici sarebbe dunque economicamente sfavorevole per il SSN. Al contrario, per una incidenza mensile del 6% avremmo sarebbe sufficiente spendere 1900 euro in vaccinazioni per evitare di affrontare la spesa di un ricovero, cioè 2000 euro. Il bilancio sarebbe in questo caso favorevole per il SSN. Questo esempio utilizza valori non reali ed è a puro scopo esplicativo. 

L’effettivo vantaggio fornito dalla prevenzione di un singolo caso di contagio dovrebbe prevedere anche l’effetto sui casi secondari risparmiati, ma nella parte che segue consideriamo solo il totale dei  casi  senza distinguere tra casi indice e casi secondari.

Il calcolo del number needed to treat per il mese di ottobre 2021

Nell’ultimo bollettino dell’ISS sono disponibili i dati epidemiologici del mese di ottobre relativi all'epidemia di Covid-19 divisi per vaccinati e non vaccinati. Questi dati permettono di calcolare i tassi di incidenza mensili nelle due popolazioni e il numero di soggetti che occorre vaccinare (NNT) per evitare un contagio, un ricovero ordinario, un ricovero in terapia intensiva o un decesso. Si tenga presente che ogni indice ha un suo intervallo di confidenza che qui per semplicità è stato omesso.

Tabella 1

In ottobre, per evitare almeno un caso di infezione nella popolazione tra 12 e 39 anni sarebbe stato necessario somministrare il ciclo primario di vaccinazione a 283 persone in quella fascia di età, mentre per evitare un caso di infezione tra 60 e 79 anni, sarebbe stato necessario somministrare il ciclo primario di vaccinazione a 401 persone in quella fascia di età. Un ricovero sarebbe stato evitato vaccinando almeno  8417 soggetti tra 12 e 39 anni e 738 sopra 80 anni. L’NNT, come è intuitivo, varia nei gruppi di età, dato che la frequenza degli eventi evitabili è molto diversa tra un gruppo e l’altro e questo può diventare determinante nel decidere le priorità con cui promuovere le vaccinazioni.

Hanno maggior impatto le nuove  vaccinazioni o le terze dosi di richiamo?

In questo momento lo sforzo della campagna vaccinale ha due obiettivi: riuscire a vaccinare gli italiani che non hanno ancora ricevuto neppure una dose di vaccino oppure vaccinare coloro che hanno ricevuto la seconda dose da più di sei mesi e il cui livello di protezione dal vaccino si è molto ridotto.

Per confrontare l’impatto dei cicli primari di vaccinazione con quello dei richiami, è necessario avere una stima dell’efficacia dei richiami. Non ci sono ancora dati precisi a riguardo ma l'ISS, sempre nell’ultimo bollettino, ha considerato i contagi avvenuti dal 5 luglio al 7 novembre e su questi ha stimato (Tabella 6 e Figura 19) l’efficacia media dei vaccini nei primi sei mesi dalla seconda dose e quella, valutata su un numero inferiore di casi, oltre i sei mesi dalla seconda dose. Queste stime di efficacia sono calcolate rispetto alle infezioni e rispetto alle conseguenti malattie severe, ma non rispetto ai ricoveri.

Figura 1. 

Nell’ipotesi, plausibile, in cui il richiamo riporti la protezione dei vaccini ai valori osservati in media nei primi sei mesi dopo la somministrazione della seconda dose, si può stimare quanti richiami dovrebbero essere somministrati per evitare un’infezione o un caso di malattia severa e quanti cicli primari dovrebbero essere somministrati per evitare un’infezione o un caso di malattia severa. Riportiamo questi calcoli nella tabella seguente, usando come incidenza di base tra i non vaccinati quella relativa al mese di ottobre.

Tabella 2

Figura 2.

Al di là della variabilità tra classi di età, si osserva che per evitare un contagio si deve somministrare il richiamo a circa il doppio dei soggetti a cui sarebbe necessario somministrare il ciclo primario di vaccinazione. Per evitare un caso di malattia severa, invece, l'NNT con il richiamo è di molte volte superiore a quello con il ciclo primario. Esistono, anche qui, differenze tra i gruppi di età e agire prioritariamente tra coloro che produrranno più casi sarebbe la scelta più razionale.

Quindi che fare?

Se si vuole ottenere una crescita della protezione dai contagi ma ancora di più dai ricoveri sembra più produttivo cercare di vaccinare chi ancora non si è vaccinato (identificando e rimuovendo anche gli ostacoli all’adesione della campagna) rispetto a somministrare il richiamo a chi ha ricevuto la seconda dose più di sei mesi fa.  I gruppi di età inoltre possono avere priorità diverse a seconda dell’NNT relativo.

Se ci fosse una carenza di vaccini, come purtroppo accade in alcuni paesi esteri, allora la scelta dovrebbe essere quella di riservare le dosi ai non ancora mai vaccinati. Se invece non c'è carenza né di dosi né di capacità organizzative, allora si devono portare avanti contemporaneamente i due sforzi ma avendo ben chiaro che si otterranno maggiori benefici convincendo i non vaccinati a vaccinarsi piuttosto che somministrando i richiami.

Tuttavia, non si devono sottovalutare le differenze di impegno organizzativo per ottenere l'adesione dei non vaccinati rispetto ai già vaccinati, come pure il fatto che per ottenere i massimi benefici della vaccinazione è necessario effettuare due dosi a circa quattro settimane di distanza l’una dall’altra. Queste differenze devono essere valutate nel rapporto tra costi e benefici, costi di convincimento e benefici di effetti evitati, ma anche in termini di disuguaglianze sociali per offrire a tutti la stessa possibilità di comprendere e scegliere gli effetti della vaccinazione. L’ascolto e la possibile risposta ai dubbi o difficoltà di chi ancora non si è vaccinato sono doverosi, anche in vista di ulteriori allargamenti dell’offerta di vaccinazione ai bambini sotto gli 11 anni.


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