Il 3 dicembre 1984, ovvero trenta anni fa, una cittadina indiana, Bhopal, venne invasa da una nube tossica fuoriuscita da un impianto di produzione di fertilizzanti, all’interno di un grosso stabilimento della Union Carbide India Limited (UCIL), legata alla Union Carbide americana. La nube conteneva isocianato di metile, usato appunto per la produzione di fitofarmaci, ma altamente tossico per l’uomo e per l’ambiente. L’incidente avvenne intorno alla mezzanotte, e la nube tossica avvolse lentamente le bidonville alla periferia di Bhopal, senza che nessuno per diverse ore avvertisse la popolazione dell’avvenuto.
Questo disastro
viene oggi considerato uno dei più gravi disastri ambientali, non solo per aver
provocato oltre ventimila vittime e per le conseguenze che ancora oggi si
registrano nella zona, ma anche perché può essere considerato un simbolo
negativo dell’impatto di attività industriali sul territorio, della mancanza di
norme di sicurezza e di superficialità nella gestione e nella comunicazione dei
pericoli e delle emergenze.
Chi si
occupa di chimica e del rapporto tra la Chimica
e la Società, sa che il disastro del Bhopal ha contribuito fortemente a
diffondere un’immagine negativa non solo dell’industria chimica, ma anche della
scienza chimica ed è per questo che occorre parlarne, chiarendo nel modo
migliore e con la massima trasparenza le responsabilità e le cause di questi
disastri. Uno dei fattori che influenzano infatti una ancora diffusa diffidenza
nei confronti della chimica, è la mancanza di comunicazione, o meglio l’ancora
insufficiente impegno della comunità dei chimici nei confronti della comunicazione
della chimica.
E’
per questo che occorre mettere in evidenza le iniziative e le azioni che vedono
i chimici impegnati su questo fronte. Perché è dal dialogo con la società che
la scienza, e quindi anche la chimica, può affermarsi come elemento fondante
della Società stessa.
A
tal proposito, lo scorso 10 novembre si è tenuto un interessante convegno
presso il Dipartimento “Ugo Shiff” di Firenze, intitolato “CHIMICA e SOCIETA’”, organizzato dall’Ordine dei Chimici della
Toscana e dall’Associazione dei
Dottori Chimici Toscani.
A parlare degli intrecci tra la Chimica e la Società, attraverso una analisi storica e filosofica, si sono susseguiti vari relatori: tutti chimici impegnati nella divulgazione e nella comunicazione di questa Scienza. Tra questi ha aperto il convegno Vincenzo Schettino, professore emerito di Chimica-Fisica, socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei e fellow della Royal Society of Chemistry, che ha ripercorso l’immagine della Chimica dall’800 a oggi attraverso la letteratura. Dall’immagine romantica delle Affinità Elettive di Johann Wolfgang von Goethe a quella infausta del Dr. Jekyll e Mr. Hydedi Robert Stevenson, fino alla passione per la chimica del famoso Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle.
L’alternanza tra immagine positiva e negativa nel corso del ‘900 è facilmente ripercorribile anche attraverso l’Arte, come ho provato a raccontare durante questo incontro. A partire dalle tele dell’Ottocento-inizio Novecento, che ritraggono i chimici ancora nei panni di alchimisti Medioevali, fino all’analisi delle più recenticlip art, delle pellicole cinematografiche e della pubblicità, arriviamo ad una immagine del chimico come uno scienziato moderno, in camice bianco, un po’ stravagante, ma comunque non sempre gradevole!
Interessante
anche la relazione di Marco Fontani,
ricercatore e divulgatore della chimica, che con una rassegna delle recenti
ricerche alla scoperta di trasmutazioni metalliche, dimostra come si possa
ancora parlare di ricerche alchimiste, sebbene limitate ad una cerchia
ristretta di Chimici nostalgici.
La
maggior parte dei chimici oggi è fortunatamente orientata verso ricerche
proiettate più sul futuro che sul passato, e molti sono i ricercatori che
dedicano una parte del loro tempo a divulgare le loro ricerche. D’altra parte,
anche i progetti nazionali ed europei, chiedono un sempre maggiore impegno
verso le azioni di dissemination.
La
Chimica di oggi, infatti, è anche
quella che ci ha raccontato Erika
Ribechini, ricercatrice di chimica analitica che studia i beni culturali e
che ha dimostrato in modo chiaro l’utilità della Chimica nella comprensione
della Storia e dell’Arte.
Come
ha dimostrato questo convegno, molto partecipato, l’immagine della Chimica oggi
sta lentamente cambiando, anche grazie all’impegno dei giovani ricercatori, e
di una maggiore attenzione dei chimici al ruolo pubblico della Scienza Chimica.
Ben
vengano iniziative come questa!