fbpx CHESS: un nuovo centro per studiare università e società | Scienza in rete

CHESS: un nuovo centro per studiare università e società

Primary tabs

Tempo di lettura: 2 mins

Un gruppo di studiosi dell’Università di Milano ha creato CHESS, un centro interdipartimentale per lo studio dell’istruzione superiore e dei suoi rapporti con la società. Perché un centro di questo tipo? Perché l’istruzione superiore o terziaria, che in Italia coincide quasi completamente con l’università ma altrove è più vasta e articolata, è sempre più importante in tutti i paesi sviluppati. Infatti, aumenta la partecipazione dei neo-diplomati: ormai oltre la metà dei diciannovenni italiani si iscrive all’università, percentuale in linea con quella delle economie più avanzate. Aumenta la partecipazione ai corsi, sia di laurea che post-laurea, di chi cerca occasioni di formazione continua, per migliorare le proprie opportunità professionali. Aumenta l’offerta di corsi, e questi si diversificano in corrispondenza della crescente diversificazione della domanda. Aumenta l’interesse per l’università delle aziende, sempre più in competizione sulla frontiera tecnologica, sulla comunicazione e sulla flessibilità delle organizzazioni. Aumenta l’interesse dello stato e delle sue articolazioni: l’università porta nell’immediato occupazione, e in prospettiva sviluppo, nei territori in cui si insedia.

Tutto questo ha una dimensione globale, ma per noi in particolare è importante la dimensione europea, per via del “processo di Bologna” che a partire dal 1999 ha trasformato la struttura dei corsi universitari e creato l’area europea dell’istruzione superiore, mettendo in comunicazione sistemi nazionali storicamente distinti e separati. Tutto questo ha una dimensione sociale: nelle società contemporanee la conoscenza conta sempre di più non solo per l’economia e la domanda di risorse umane, ma anche per la politica e la coesione sociale. La formazione superiore favorisce comportamenti non violenti e consapevoli, orientati alla tolleranza, al senso civico, all’apertura verso chi è diverso, e sfavorisce comportamenti di chiusura e aggressione a sfondo razziale, di genere o politico.

Dunque, un centro per lo studio dell’istruzione superiore, del suo funzionamento e del suo mutamento. E in cui questo studio sia sempre collegato con quello delle dinamiche sociali e politiche che spingono il mutamento dell’istruzione superiore e a loro volta ne sono influenzate. Per questo motivo, un centro pluridisciplinare, cui partecipano sociologi, economisti e politologi che da anni si occupano di questo, spesso già in collaborazione. 

Il centro, che è tra i fondatori della rete nazionale UNIRES, per lo studio dell’istruzione superiore, è presieduto da Marino Regini. Direttore scientifico è Gabriele Ballarino, mentre nel Consiglio scientifico siedono Daniele Checchi, Gloria Regonini, Sabrina Colombo, Matteo Turri e Ferruccio Biolcati.

Per informazioni
[email protected]
Tel. 02 50312990 – 50318977

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Non è la fine del mondo. E un pianeta sostenibile è (ancora) possibile

Due mani a coppa che proteggono una piantina che nasce, su sfondo verde

I problemi ambientali e la crisi climatica sono senz'altro seri, ma affrontabili con azioni concrete e basate sui dati. È il punto centrale del saggio Non è la fine del mondo di Hanna Ritchie. Con un approccio ottimistico e critico, possiamo conciliare sviluppo sostenibile e salvaguardia ambientale, evitando scorciatoie come la decrescita demografica ed economica. 

Il negazionismo ambientale e climatico è completamente infondato, perché il problema dell’inquinamento e quello del riscaldamento globale sono assai seri e richiedono misure radicali. Altrettanto infondata, tuttavia, è la convinzione che ormai non vi sia più nulla da fare, perché stiamo andando verso il disastro. Nel suo libro Non è la fine del mondo. Come possiamo costruire un pianeta sostenibile (pubblicato in italiano da Aboca Edizioni), Hanna Ritchie ci spiega che le soluzioni sono possibili.