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I risultati del 'terzo round'

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La terza sessione del negoziato informale che si è tenuta a New York la scorsa settimana, per valutare la versione ridotta di 80 pagine del testo della Bozza Zero distribuita il 22 maggio dai Co-Chair, si è svolta in due gruppi di lavoro. Il primo ha coperto le sezioni V (Quadro per l'azione) e VI (Modalità di attuazione), mentre il secondo gruppo ha affrontato le discussioni per i temi inerenti le sezioni I (Visione comune), II (Rinnovare l'impegno politico), III (Green economy) e IV (Il quadro istituzionale per la governance dello sviluppo sostenibile) (rivedere). Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, nella seduta plenaria di introduzione alla sessione è intervenuto ricordando che i risultati attesi di Rio+20 dovrebbero indicare un processo chiaro per definire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (gli SDG) e delle regole per incentivare l’economia a creare nuovi posti di lavoro, garantire la protezione sociale e il rispetto per le risorse ambientali.

L’esito dei cinque giorni di consultazione non ha prodotto cambiamenti significativi nella formulazione del testo, tuttavia sono più chiari i punti di maggiore criticità e divergenza tra i diversi membri. Questi riguardano, in particolare, la futura governance dello sviluppo sostenibile e gli SDG, ricordati da Ki-Moon, e una possibile complementarietà con gli impegni già sottoscritti degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG). La delegazione Europea sembra essere stata la vera protagonista in questo contesto, proponendo una roadmap per tutte le fasi della negoziazione. La strategia europea di indicare un percorso definito, ha riguardato principlamente i temi trattati nel primo gruppo di lavoro, facendo pressione soprattutto sugli elementi chiave del testo che riguardano gli obiettivi di riduzione di fasce di povertà, protezione sociale e crescita economica nei paesi in via di sviluppo, in riferimento agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. L’europa ha infatti proposto obiettivi e scadenze temporali precise, ad esempio, per Agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare e nutrizione (entro il 2020 pieno accesso dei piccolo agricoltori alle proprietà dei terreni, ai finanziamenti e alle pratiche innovative), Acqua (2030 per raggiungere un accesso equo e sostenibile all’acqua potabile e ai servizi igienici di base), Energia (proponendo di modificare la titolazione in ‘Energia sostenibile’ e sottolineando la relazione tra energia, acqua e sicurezza alimentare).

Per quanto riguarda il tema chiave della conferenza di Rio de Janeiro, la Green Economy, se questa settimana è stata presentata dal CoChair John Ashe come di “make or break” – successo o fallimento – per le fasi successive di preparazione del documento, anche in questa occasione non sono mancate divergenze e voci di delusione per le dinamiche negoziali. Non c’è ancora un’idea comune sul ruolo che deve avere l’economia verde su scala globale, se cioè debba essere intesa come un’impresa comune o se è necessario definire il suo percorso di sviluppo futuro a livello più circoscritto, principalmente a sostengo dei paesi in via di sviluppo (quindi solo come strumento di lotta alla povertà e fame nel mondo). Solo un paragrafo del documento (il 61) ha trovato una convergenza per stabilire la centralità dei governi nazionali nell’assumere la leadership nelle politiche di sviluppo con processi di tipo inclusivo -  e, anche in questo caso, è l’Europa ad aver proposto una roadmap. 

In diversi momenti delle giornate, un ampio margine di intervento hanno continuato ad averlo i rappresentanti della società civile, attraverso i Major Groups , che riunisce i popoli indigeni, le donne, i sindacati, il sistema industriale, le amministrazioni locali e la scienza.

Il prossimo appuntamento è per il quarto e ultimo giro di consultazioni, dal 13 al 15 giugno a Rio de Janeiro.

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L’Europa è impreparata per affrontare i rischi climatici

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Sebbene l’Europa sia il continente che sta registrando i più rapidi aumenti delle temperature a livello globale, al momento è impreparata ad affrontarne le conseguenze. I rischi climatici minacciano molteplici ambiti: sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche, la salute dei cittadini. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), molti di questi rischi hanno già raggiunto livelli critici, che potrebbero diventare catastrofici in assenza di interventi rapidi. Il report European Climate Risk Assessment (EUCRA) evidenzia come la combinazione tra i pericoli climatici e i pericoli non climatici accresca complessivamente i rischi economici, sociali e ambientali a cui la collettività è esposta. Inoltre, il report mette in luce i collegamenti tra diversi rischi e la loro capacità di diffondersi sia da un settore a un altro sia da una regione all’altra.

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

Il primo marzo scorso l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) ha pubblicato i risultati della prima valutazione europea dei rischi climatici, European Climate Risk Assessment (EUCRA). Il report evidenzia che le politiche e gli interventi di adattamento adottate in Europa non procedono con la stessa rapidità con cui stanno evolvendo i rischi climatici.