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Più donne al comando

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Recentemente è stato pubblicato un articolo su Nature Biotechnology in cui si afferma che le pari opportunità possono essere la soluzione alle attuali difficoltà del mondo della ricerca biotecnologica.

Oggi le donne sono sottorappresentate (e lo sono state storicamente) nel campo delle biotecnologie. Nelle scienze biologiche le donne sono più numerose degli uomini durante l’università, ma dal dottorato di ricerca in poi si osserva un cambiamento di tendenza e gli uomini diventano maggiormente rappresentati.

Laurel Smith-Doerr, del Dipartimento di Sociologia, di Boston, fra gli autori dell’articolo, spiega che si hanno maggiori benefici, intesi come capacità di risoluzione problemi, produzione innovativa, eccetera, quando uomini e donne con background ed esperienze di vita diverse collaborano al medesimo obiettivo. Numerosi studi condotti in America negli ultimi anni hanno dimostrato che le aziende con alta diversità di generi tra i dirigenti sono quelle caratterizzate dalle più alte vendite e da un’amministrazione più efficace.

In questi tempi di recessione offrire alle donne più posizioni dirigenziali può quindi rappresentare la possibilità di introdurre soluzioni interdisciplinari e innovative necessarie per superare la crisi.

Nel 2009 durante il convegno Europa - Stati Uniti sulla ricerca biotecnologica (http://ec.europa.eu/research/biotechnology/ec-us/index_en.html) è stato condotto un gruppo di lavoro proprio sull’argomento e sono stati individuati alcuni strumenti per aumentare la partecipazione delle donne come dirigenti nel mondo biotech sia aziendale sia accademico. Per esempio si era pensato di istituire un premio per gli scienziati che hanno incoraggiato e creato reali opportunità di carriera per il genere femminile. Altra possibilità proposta era quella di fornire incentivi a piccole aziende volte a sviluppare programmi di ricerca innovativa coinvolgendo le donne.

Smith-Doerr L, Kemekliene G, Teutonico R, et al. A global need for women's biotech leadership. Nat Biotechnol 2011;29:948-9.

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Sociologia

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A metà maggio il ministro della Salute e la ministra della Famiglia, natalità e pari opportunità hanno firmato un decreto che istituisce un tavolo congiunto sulla disforia di genere i cui 29 membri dovranno effettuare «una ricognizione delle modalità di trattamento». Un paio di giorni dopo la ministra ha esplicitato che per lei l’identità sessuale deve rimanere binaria, come vuole la biologia, dimostrando di ignorare quello che la biologia riconosce da tempo: un ampio spettro di identità di genere. Abbastanza per temere che l’approccio di lavoro di questo tavolo possa essere guidato più dall’ideologia che dalla ricerca scientifica.

Crediti: Foto di Katie Rainbow/Unsplash

Suona davvero un po’ beffardo. Solo pochi giorni fa il ministro della Salute Orazio Schillaci e la ministra della Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella hanno firmato un decreto che istituisce un tavolo tecnico di approfondimento sulla disforia di genere «per una ricognizione delle modalità di trattamento di tale condizione nel territorio nazionale».