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La prima luce del telescopio Vera Rubin svela milioni di galassie e sorprese

immagine delle galassie fotografata dal telescopio Vera Rubin

Le prime immagini del telescopio Vera Rubin non colpiscono solo per bellezza, ma per dimensioni e potenza: sono composte da 3,2 miliardi di pixel e mostrano porzioni di cielo vastissime, come l’ammasso della Vergine con 10 milioni di galassie. In sette notti, il telescopio ha già scoperto oltre 2.100 asteroidi. La sua missione decennale prevede di scandagliare il cielo australe ogni tre giorni, per rivelare oggetti in movimento, stelle variabili, supernove e la materia oscura.

Crediti immagine: NSF–DOE Vera C. Rubin Observatory. Licenza: CC BY 4.0

Tempo di lettura: 3 mins

Mentre è facile essere travolti dalla bellezza e nitidezza delle immagini della prima luce del telescopio Vera Rubin, è meno immediato apprezzare la caratteristica che le rende uniche: le loro dimensioni. Sono state prodotte da una camera da 3,2 miliardi di pixel, la più grande mai costruita. Coprono una superficie di cielo pari a una trentina di lune piene e sono così grandi che devono essere mostrate a pezzi.

La splendida immagine delle galassie a spirale, che è stata presentata nella conferenza stampa di lunedì 23 giugno, rappresenta solo una piccola percentuale dell’intera immagine dell’ammasso della Vergine. Una scelta fatta per permettere al pubblico di apprezzare la straordinaria qualità dei dati, che sarebbe andata persa mostrando la foto totale perché nessuno schermo può rendere a piena risoluzione un’immagine di oltre 3 Gigapixel. Chi volesse rendersi conto dell’estensione reale della foto può usare https://skyviewer.app/, oppure guardare il breve filmato disponibile qui sull’immagine dell’ammasso della Vergine costruita a partire da 1.100 immagini di 30 secondi ciascuna per un totale di circa 10 ore di osservazione. Dopo il close-up iniziale, l’immagine si allarga per poi tornare a zoomare.  L’immagine completa contiene 10 milioni di galassie che rappresentano lo 0,05% del database di 20 miliardi di galassie che il telescopio catturerà nei suoi 10 anni di osservazione del cielo australe. 

Ma questo non esaurisce lo spazio di scoperta del Vera Rubin Observatory, che è stato progettato per coprire tutto l’emisfero Sud in appena tre giorni, per poi ricominciare: perché è confrontando immagini prese a giorni di distanza che si possono scoprire oggetti che si accendono e spengono nel cielo oppure che si sono mossi da una posa all’altra. L’hanno chiamata "astro cinematografia".

Ne abbiamo un esempio sempre nell’immagine dell’ammasso della Vergine. Piuttosto che guardare l’immagine totale, esaminiamo ogni singolo fotogramma preso con diversi filtri a distanza di minuti oppure di giorni. Facendo il film delle immagini singole si possono estrarre informazioni su stelle variabili oppure su centinaia di asteroidi.

Il filmato sulla scoperta degli asteroidi è un bellissimo esempio della tecnica di ricerca di oggetti in movimento. In 7 notti (durante le quali sono state fatte in totale 10 ore di osservazione) ne sono stati scoperti oltre 2.100, che è circa un decimo di tutti gli asteroidi scoperti da osservatori a terra nel corso di un anno. Questo ci dà un’idea delle potenzialità del telescopio per lo studio degli oggetti del sistema solare, oltre che per le galassie e le stelle variabili.

In effetti, oltre ai vari tipi di stelle che cambiano la loro luminosità in modo regolare, Vera Rubin cercherà gli improvvisi aumenti di luminosità che derivano da un’esplosione di supernova. Ogni notte ne verranno scoperti a centinaia, insieme a migliaia di altre variabilità celesti. È questo uno dei compiti fondamentali del telescopio Vera Rubin ed è da questa incredibile capacità che ci si aspettano le maggiori sorprese.

La prima luce di Vera Rubin ha anche colto una zona di formazione stellare nella nostra galassia. Straordinariamente bella l’immagine che comprende le nebulose Trifide e Laguna: composta da 678 pose ottenute con diversi filtri in 7 ore di osservazione, ci fa percepire i colori degli oggetti celesti. Il rosato fa vedere le nubi di idrogeno, mentre il blu è prodotto dalla radiazione delle giovani stelle appena formate nelle nursery celesti.

Trifide e Laguna. Crediti immagine NSF–DOE Vera C. Rubin Observatory. Licenza: CC BY 4.0

La copertura del cielo permetterà anche di rivelare le deformazioni nella forma delle galassie lontane indotte dalla presenza di materia oscura che agisce da lente gravitazionale. È questa ricerca che rappresenta il legame tra il telescopio e la scienziata alla quale è stato dedicato. Studiando la velocità delle stelle nel loro moto intorno al centro galattico, Vera Rubin ha dimostrato l’esistenza di materia non visibile all’interno delle galassie, a cominciare dalla nostra. 
 


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