fbpx Fine del sogno STAP | Scienza in rete

Fine del sogno STAP

Primary tabs

Read time: 2 mins

L'istituto di ricerca Riken ha appena diffuso una nota dove spiega che l'ex dipendente Haruko Obokata non ha presentato nessun ricorso in risposta al rapporto di indagine, pubblicato il 26 dicembre, sulle cellule STAP.
L’ultima indagine, commissionata dal Riken a degli esperti esterni, ha confutato definitivamente la tecnica di Obokata. Secondo il rapporto, le cellule STAP sono state probabilmente prodotte partendo da cellule staminali embrionali.
E’ la parola fine di una telenovela incominciata lo scorso febbraio quando Haruko Obokata aveva pubblicato sulle pagine di Nature un protocollo molto semplice ma efficace per far ritornare pluripotente, allo stato embrionario, una cellula somatica adulta differenziata. Secondo lo studio, la “fonte della giovinezza” era da attribuire a un “semplice” bagno in una soluzione con pH di circa 5.7. Le cellule sopravvissute perdevano le caratteristiche delle cellule mature e acquistavano i marker delle cellule embrionali.

Obokata aveva chiamato questo tipo di cellule STAP (phenomenon stimulus-triggered acquisition of pluripotency). Facile, insomma. Ma distanza di qualche settimana dalla pubblicazione della ricerca molti gruppi di ricerca hanno incominciato a provare il protocollo descritto dalla ricercatrice giapponese. Tanti esperimenti ma nessun risultato. In concomitanza poi molti blog specializzati hanno messo in dubbio la validità della metodologia. Alcune delle perplessità erano riconducibili a un paio di foto presenti nel lavoro. In risposta alle polemiche, il Riken ha fatto  partire due indagini sul lavoro. Un primo esame nel mese di marzo ha chiarito che due immagini pubblicate su Nature erano state manipolate. Risultato? Il ritiro dello studio.
Ora sono arrivati i risultati della seconda indagine che è andata più in profondità. Il team di ricercatori ha analizzato le linee cellulari e i campioni di tessuto dei laboratori di Obokata per cercare di capire la provenienza. Oltre a scovare altre due “invenzioni” presenti nelle figure del lavoro pubblicato a gennaio, gli studiosi hanno scoperto che le linee cellulari STAP contenevano cellule staminali embrionali. Pur studiando attentamente i quaderni di laboratorio, gli esperti non hanno potuto spiegare come si è verificata però la contaminazione.
E’ difficile immaginare, spiegano gli autori dell’indagini, una contaminazione accidentale in tre linee distinte.

Rimane un ulteriore mistero: secondo i dati prodotti da Obokata le cellule STAP potevano produrre del neo-tessuto placentare. Su questo aspetto i ricercatori suggeriscono due ipotesi. L’équipe giapponese ha ulteriormente alterato le immagini o dedotto in maniera errata i risultati della fluorescenza.Un'altra possibilità è che le colture cellulari sono state contaminate non solo con le cellule staminali embrionali, ma anche con trofoblasti, un tipo di cellule in gradi di formare la placenta. Tuttavia l'analisi genetica fatta durante l'inchiesta al Riken non ha rilevato traccia, anche, in piccola quantità di queste cellule.

Autori: 
Sezioni: 
Staminali

prossimo articolo

Come cominciano i terremoti

faglia di terremoto

Analizzando i primi secondi delle onde P, le prime a essere registrate dai sismometri durante un terremoto, un gruppo di ricercatori ha mostrato che è possibile stimare la magnitudo del terremoto. Il loro risultato si aggiunge al lungo dibattito sulla natura deterministica dei fenomeni di rottura all’origine dei terremoti e dunque sulla loro prevedibilità e ha implicazioni per i sistemi di allerta sismica precoce.

Nell'immagine due geologi dell'USGS misurano una rottura di faglia causata dai terremoti di Ridgecrest in California nel 2019. Foto di Ben Brooks/USGS (CC0).

È possibile prevedere la magnitudo di un terremoto osservando le onde sismiche nei loro primissimi istanti? Gli scienziati dibattono da decenni intorno a questa domanda, che è centrale per la progettazione dei sistemi di allerta sismica precoce.

Uno studio pubblicato recentemente da un gruppo di sismologi dell'Università di Napoli Federico II mostra che è possibile, analizzando circa 7000 mila onde sismiche relative a 200 terremoti avvenuti in tutto il mondo con magnitudo tra 4 e 9.