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Studio giapponese sotto la lente d'ingrandimento

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Il centro RIKEN di Kobe ha annunciato di aver avviato un inchiesta sulle presunte irregolarità nel lavoro della ricercatrice Haruko Obokata. La biologa giapponese è salita alla ribalta nelle ultime settimane per aver pubblicato su Nature due studi relativi a un metodo innovativo per la creazione di cellule staminali.
La studiosa aveva dimostrato che immergendo globuli bianchi maturi in una soluzione con pH acido questi ringiovanivano.
Le cellule sopravvissute al “bagno” perdevano le caratteristiche di globuli bianchi acquisendo i marker delle cellule embrionali. Un approccio rivoluzionario e semplice in grado di far tornare una cellula somatica adulta allo stato di pluripotente.
Un grande potenziale per la medicina rigenerativa, ma secondo Nature News questi risultati sono ora oggetto di esame da parte del Riken Istitute: "Gli esperti hanno già iniziato le audizioni con i ricercatori coinvolti negli articoli", ha detto il portavoce dell’istituto.

L'indagine prende il via dalle accuse comparse sui siti e blog circa l'uso di immagini duplicate nei documenti di Obokata, e dai numerosi tentativi falliti di replicare i suoi risultati.
Sul blog scientifico PubPeer sono stati pubblicati, nei giorni scorsi, molti commenti (anonimi) che sottolineano alcune anomalie nelle immagine che corredano i due paper di Nature.


In particolare in un’immagine che riporta un'analisi genetica, viene riportato una linea di gel con uno sfondo diverso, che la fa sembrare come incollata al resto e non parte dello stesso gel.
Ma c'è anche un'altra foto che riporta la placenta delle cellule chimera STAP (phenomenon stimulus-triggered acquisition of pluripotency) che sembra essere stata ruotata e riutilizzata in una altra figura.
Teruhiko Wakayama, co-autore su entrambe le ricerche ammette che le due immagini sembrano simili ma spiega che può essere un semplice caso di confusione.
Confusione nello scegliere le foto? Andando più in fondo nella vicenda si scopre però che il gruppo della Obokata già con una altra ricerca del 2011 era stato accusato di aver utilizzato una stessa immagine.
L'autore corrispondente di quello studio Charles Vacanti della Harvard Medical School e collaboratore della ricercatrice giapponese, ha spiegato però che c’è stato "mix up di alcuni pannelli". Ha già contattato il giornale per chiedere una correzione. "E’ stato certamente un errore in buona fede che non intacca nessuno dei dati, delle conclusioni o qualsiasi altro componente del lavoro", ha spiegato Vacanti.
Ma ritornando alle due pubblicazione di Nature, un altro aspetto che rende questa vicenda alquanto strana è la difficoltà che stanno trovando molti scienziati nel cercare di riprodurre le cellule embrionali. Va sottolineato però che alcuni di questi ricercatori non hanno adoperato lo stesso tipo di cellule di Obokata.
Qi Zhou, un esperto di clonazione presso l'Istituto di Zoologia di Pechino, spiega che la maggior parte delle sue cellule di topo sono morte dopo il trattamento con acido, ma non mette in dubbio l’autenticità del metodo proposto dalla collega giapponese. "Un esperimento facile in un laboratorio grazie all’esperienza accumulata può essere estremamente difficile per gli altri”, dice Zhou.
Su questo fronte lo stesso Vacanti si è detto disponibile a fornire il protocollo così da "evitare qualsiasi rischio di variazione che potrebbe portare a confusione". 

Non resta che aspettare gli ulteriori sviluppi di questa vicenda, ma occorre sottolineare come è però importantissimo, anzi di vitale importanza per la ricerca scientifica la pubblicazione e la diffusione dei dati.
Senza la verifica e l’analisi dei risultati di un lavoro da parte di un pubblico di esperti la vera scienza non esisterebbe.

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Cellule staminali

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