Un team di
ricercatori del Wake Forest Baptist
Medical Center ha costruito in laboratorio la prima vagina sintetica e
impiantata in quattro ragazze. Lo studio è stato appena pubblicato sulla
prestigiosa rivista britannica The Lancet.
Le ragazze al
momento dell’intervento avevano tra i 13 e 18 anni di età ed erano affette
dalla sindrome di Rokitansky, una
rara malattia in cui l’utero e la vagina sono poco sviluppati o assenti.
Per costruire gli organi vaginali, l’équipe di Antony Atala ha prima dovuto ottenere delle cellule a partire dai genitali esterni di ogni paziente. Dopo l’estrazione queste cellule sono state fatte crescere su un supporto biodegradabile a forma di vagina. Dopo circa un mese, è stato creato chirurgicamente un canale nel bacino delle ragazze, dov’è avvenuto l’impianto. In maniera spontanea si sono creati i vasi e le strutture nervose, e il materiale biodegradabile è stato assorbito dall'organismo.
I
test di follow-up sulle vagine ingegnerizzate in laboratorio hanno mostrato che
il margine tra tessuto nativo e parti bioniche era indistinguibile. Biopsie dei
tessuti, risonanza magnetica ed esami interni hanno indicato che le vagine
ingegnerizzate erano simili in aspetto e funzione al tessuto nativo. Inoltre le
risposte delle ragazze a un questionario indicano che fino a otto anni dopo l’impianto riuscivano ad avere rapporti sessuali normali senza provare dolore.
Non è stato però facile arrivare a questi risultati.
Prima di iniziare lo
studio clinico pilota, gli scienziati americani hanno valutato questo approccio in topi e
conigli. Proprio grazie a questi studi, i ricercatori hanno scoperto
l’importanza di utilizzare cellule umane su scaffold
specifici, realizzati in materiali riassorbibili.
“Questo studio è il primo a dimostrare che gli organi vaginali possono essere costruiti in laboratorio e utilizzati con successo negli esseri umani e può rappresentare una nuova opzione per i pazienti che necessitano di chirurgia ricostruttiva vaginale, spiega Atala.