Mentre gli americani smaltiscono il cenone di Thanksgiving, una notizia dovrebbe turbare le loro coscienze. Il 40 per cento delle calorie disponibili negli Stati Uniti viene sprecata. Meglio così, si potrebbe dire, pensando all’epidemia di obesità che affligge quel paese, ma certamente non considerando le necessità dell’altra metà del mondo e l’impatto ambientale del fenomeno. Per calcolare questo valore Kevin Hall, fisiologo del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases di Bethesda, non si è basato sulle interviste ai cittadini, inevitabilmente inattendibili, né sull’analisi della spazzatura, necessariamente limitata a piccole aree, ma ha fatto un curioso calcolo: basandosi sul peso medio degli americani tra il 1974 e il 2003, ha dedotto quante calorie dovevano essere state consumate in questo periodo, assumendo in maniera conservativa che il dispendio energetico legato all’attività fisica si mantenesse costante (anche se probabilmente è addirittura diminuito). Hanno poi confrontato questo dato con quello del cibo disponibile per i consumatori statunitensi comunicato dal governo alla FAO: la differenza è la quantità che è andata perduta. Nel 2003, ognuno aveva in media a disposizione ogni giorno 3.750 calorie e ne consumava 2.300: il resto finiva in pattumiera. Il 50 per cento in più del valore calcolato per il 1974 e il 27 per cento in più della quota calcolata dal Dipartimento dell’agricoltura sulla base delle interviste rivolte ai consumatori.
Troppo cibo in pattumiera
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Alimentazione sostenibile: imparare dalla preistoria

Il progetto Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.
Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).
Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.