Dal rapporto conclusivo dell'Ispettore Generale del Dipartimento del Commercio emerge che non vi fu nessun illecito da parte dei climatologi che, a seguito di un migliaio di e-mail rese pubbliche nel 2009, vennero accusati di operare secondo procedure non corrette alterando i dati. Il cosiddetto Climategate, in sosanza, fu una montatura.
La faccenda inizia nel novembre 2009, quando alcuni hacker violarono il sito del Climatic Research Unit (CRU) presso l'University of East Anglia di Norwich e resero pubbliche numerose mail di ricercatori che si occupavano del riscaldamento globale. Basandosi sul contenuto di alcune di queste mail, la pattuglia dei cosiddetti “scettici” – climatologi convinti che la responsabilità umana nella faccenda del riscaldamento globale sia una grossa montatura – accusò i ricercatori del CRU di aver manipolato i dati e non aver seguito le corrette procedure della ricerca scientifica per avvalorare le loro tesi. Accusa incredibilmente pesante per chi fa il ricercatore.
L'inchiesta, immediatamente aperta per chiarire le eventuali responsabilità, ha coinvolto istituzioni di ricerca sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, ma non è mai emerso nulla che potesse avvalorare la tesi di scorrette procedure o manipolazione di dati. Proprio in questi giorni, poi, è stato reso pubblico il documento finale dell'Ispettore Generale incaricato di analizzare in modo indipendente le mail incriminate per fare ancor più chiarezza sulla vicenda. Anche da questa inchiesta non è emerso nulla di anomalo o di riprovevole in merito alle procedure adottate e all'utilizzo dei dati raccolti.
Ricercatori fuori dalla bufera, dunque. Peccato non si possa dire altrettanto del riscaldamento globale.
