Vivere accanto una discarica nuoce alla salute? E a un inceneritore? Un po' di chiarezza arriva dalla regione Lazio, che ha monitorato lo stato di salute della popolazione che vive nel raggio di pochi chilometri dagli impianti di smaltimento di tutta la regione. Il risultato è stato il progetto ERASLazio (Epidemiologia, Rifiuti, Ambiente e Salute), coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, che fa il punto sugli impatti sanitari di discariche, inceneritori e impianti di trattamento meccanico-biologico (TMB) nel decennio 1998-2008. I risultati sono accessibili da oggi (18 giugno) al pubblico sul sito internet del progetto (www.eraslazio.it).
Due sono i messaggi forti che emergono dall'indagine: il primo è che vivere a ridosso di questi impianti non è a rischio zero. Il secondo è che il rischio non è comunque tale da tradursi in un aumento di mortalità rispetto alla media regionale. Nella scala delle fonti inquinanti, discariche e inceneritori non sono certo le più nocive, eppure qualche segnale negativo si registra, soprattutto per le esposizioni del passato, quando gli impianti erano meno controllati.
Per le discariche, per esempio, il Dipartimento di Epidemologia della Regione Lazio ha esaminato mortalità e malattie di quasi 250.000 persone residenti entro 5 chilometri dalle discariche della regione. Sebbene non si riscontri un aumento di mortalità, nelle zone dove è più alta la concentrazione di idrogeno solforato (H2S), scelto come “firma chimica” delle esalazioni delle discariche, ci sono più ricoveri per alcune malattie, sia per gli uomini (+26% per malattie respiratorie e + 59% per tumore alla vescica), sia per le donne (+62% per asma e +27% per malattie del sistema urinario).
Per la discarica di Malagrotta, inoltre, tra le donne si è osservato qualche caso in più di tumore della laringe e della mammella nelle zone più vicine all'impianto. Un dato da prendere con la docuta cautela perché non riconducibile necessariamente alla discarica, visto che nell'area sono storicamente presenti altre fonti inquinanti, un inceneritore per rifiuti speciali, la raffineria di Roma, autostrada e il Grande Raccordo Anulare.
Per gli inceneritori di Colleferro e San Vittore si sono esaminati invece solo i ricoveri, perché trattandosi di impianti recenti (in funzione dal 2002) non era possibile vedere già eventuali effetti sulla mortalità. La cosa interessante è che è stato possibile confrontare lo stato sanitario della popolazione prima e dopo l'apertura degli impianti. E il dopo è effettivamente un po' peggio del prima: si è visto infatti come gli uomini residenti in aree identificate dai valori massimi di PM10 emesso dagli impianti mostrino un eccesso del 26% di ricoveri per malattie respiratorie e dell’86% per malattie polmonari cronico ostruttive (BPCO), rispetto ai residenti in aree meno esposte. Nessun segnale invece sugli esiti della gravidanza delle donne residenti molto vicino agli inceneritori, riscontrato invece in uno studio analogo condotto in Emilia Romagna.
Gli inceneritori analizzati sono relativamente recenti, quindi tecnologicamente più avanzati di quelli di un tempo e più sicuri. Ma c'è un ma, visto che l'inceneritore di Colleferro è al centro della cronaca giudiziaria per gravi irregolarità, tanto che i gestori sono stati rinviati a giudizio.
Che credito dare a questi risultati? La ricerca è riuscita a seguire, con metodi molto raffinati messi a punto dall'ARPA Lazio, le emissioni degli impianti. Anche l'analisi epidemiologica è stata molto accurata. Resta da capire meglio quanto di quelle malattie in più sono effettivamente riconducibli agli impianti o ad altre fonti, visto che le aree in cui vengono costruiti discariche e inceneritori non sono certo le più salubri. Per sciogliere questi dubbi è sicuramente il caso di andare avanti con questi studi, che per ora per ragioni di finanziamento hanno potuto studiare la storia sanitaria di quei luoghi fino al 2008.
