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Oseltamivir: un'arma spuntata

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In tutto il mondo si cominciano a tirare le somme della prima ondata della pandemia, per fortuna molto meno letale di quanto si temeva, e così si può affermare, senza timore di scatenare attacchi di panico collettivo, quel che già si sapeva ma non si poteva dire: effettivamente, prove che l’oseltamivir serva a tutti per ora non ce ne sono. La revisione di 20 trial, effettuata dal gruppo di Tom Jefferson, della Cochrane Collaboration italiana, e coordinata da Chris Del Mar, della Bond University, in Australia, pubblicata sul British Medical Journal e amplificata da un servizio televisivo sul britannico Channel 4, lo conferma: non è dimostrato che il farmaco, in Italia raccomandato solo ai soggetti a rischio, ma oltremanica somministrato gratuitamente a tutti, ai primi segni della malattia, riduca l’incidenza di complicazioni negli adulti precedentemente sani. «I governi di tutto il mondo hanno speso miliardi di dollari per un farmaco che la comunità scientifica si trova incapace di giudicare» ha scritto Fiona Godlee, direttore della rivista. All’incertezza delle conclusioni contribuisce anche il fatto che gli autori non hanno potuto accedere ai dati originali di otto studi condotti dall’azienda produttrice e mai pubblicati nella loro interezza.

Brit Med J 2009; 339: b5106

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Il progetto  Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.

Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).

Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.