La temperatura media è costante dal 1997
La temperatura media globale superficiale (TMGS) è l’indicatore climatico che
più facilmente viene preso in considerazione, ma non è l’unico e non può da
solo essere considerato l’indicatore privilegiato dei cambiamenti climatici.
L’anno scorso, il 2012, è stato il nono anno più caldo dal 1880, anno in cui inizia
la serie di misure termometriche analizzate dal NCDC (National Climatic Data
Center) dell’agenzia governativa statunitense NOAA (National Oceanic and
Atmospheric Administration). Un particolare, la temperatura del 2012 è stata
0.57°C sopra la media secolare del XX secolo. Gli anni più caldi sono stati: il
2010 (0.66°C sopra la media secolare), poi il 2005 (0.65°C), il 1998 (0.63°C),
il 2003 (0.62°C), il 2002 (0.61°C), e al 6° posto il 2006, 2009 e il 2007
(0.59°C). L’ultimo decennio è stato il più caldo di tutta la serie delle
temperature misurate, con numerose ondate di calore in Europa, Usa e Russia (http://www.ncdc.noaa.gov/sotc/global/2012/13).
Nonostante sia il decennio più caldo di sempre, la TMGS è aumentata meno che in passato. Questo fatto non è una sorpresa ma rientra nella normale variabilità climatica. Vari fattori sono stati evidenziati dalla comunità scientifica per spiegare questo riscaldamento minore che nel passato: 1) una maggiore frequenza di eventi di La Nina, 2) una bassa attività solare e 3) il raffreddamento dell’Oceano Pacifico Tropicale (Kosaka e Xie, Nature 2013 ). Recentemente il Met Office Hadley Centre ha pubblicato tre rapporti che affrontano la questione del rallentamento (“pause”) del riscaldamento superficiale (http://www.metoffice.gov.uk/research/news/recent-pause-in-warming): 1. il primo rapporto mostra vari indicatori climatici osservati che continuano a confermare il riscaldamento del nostro pianeta (del pianeta, non solo dello strato inferiore della atmosfera). 2. il secondo rapporto indica, come ulteriore concausa di questo rallentamento del riscaldamento superficiale, lo scambio termico tra l’oceano superficiale e l’oceano profondo, in particolare l’oceano Pacifico. 3. l’ultimo rapporto mostra che questa pausa nella crescita della TMGS non ha cambiato il rischio di un riscaldamento sostanziale della Terra entro la fine di questo secolo e non ha intaccato l’affidabilità delle proiezioni effettuate con i modelli climatici.
Pur se negli ultimi mesi nella blogsfera si è scritto che UK Metoffice ha confermato la “fine del riscaldamento globale”, questo quindi non è vero.
Inoltre:
• ragionare su un periodo breve dal 1997 ad oggi
(nemmeno 17 anni) e fare affermazioni che il riscaldamento globale si è fermato
è sbagliato: pochi anni non permettono di fare affermazioni “robuste” di tipo
climatico, proprio per la definizione stessa di clima e di cambiamenti
climatici del WMO (World Meteorological Organization) e dell’IPCC
(Integovernmental Panel on Cimate Change) .
• il riscaldamento globale non si è
fermato, come è chiaramente evidente dalle tendenze di molti diversi indicatori
climatici (dell’atmosfera, dell’oceano, della criosfera e della biosfera). Non
ha avuto inizio alcun “raffreddamento globale”, solo la tendenza di crescita
della TMGS si è un po’ ridotta. Anche nel passato ci sono stati periodi brevi
in cui la tendenza di riscaldamento della TMGS è stata ridotta e inferiore ad
altri periodi, a causa della variabilità intrinseca del segnale della TMGS.
L’indicatore climatico della TMGS dipende da tanti fattori provocati dalla
variabilità naturale e non solo dalla variabilità antropogenica. La tendenza di
riscaldamento continua, mentre la variabilità naturale oscilla in maniera
irregolare, ma sui lunghi periodi fino ad oggi (filtrando la variabilità
naturale) la tendenza al riscaldamento si mantiene. Quindi, fare un “cherry
pick” con le serie di dati climatici scegliendo un periodo corto per concludere
che il riscaldamento globale si è fermato è scorretto e non ha fondamento
scientifico.
La inversione della tendenza di fusione dei ghiacci artici
quest’anno
I dati satellitari (raccolti dal 1979) mostrano chiaramente una
tendenza alla maggiore fusione della banchisa artica alla fine dell’estate come
si può riscontrare facilmente consultando il sito del centro statunitense NSIDC
(National Snow and Ice Data Center) parte del Cooperative Institute for
Research in Environmental Sciences dell’University del Colorado predisposto al
monitoraggio della criosfera (http://nsidc.org/).
Sempre questo sito mostra che in questi giorni il ghiaccio marino artico ha
raggiunto probabilmente il suo minimo stagionale, con una estensione più grande
del minimo stagionale dell’anno scorso, ma collocandosi comunque al sesto posto
come minimo dal 1979. La tendenza nella diminuzione dell’estensione estiva
della banchisa artica si mantiene molto chiara, pur con le sue fluttuazioni
interannuali causate dalla variabilità naturale nelle condizioni meteorologiche
e marine dell’Artico. La tendenza non si è quindi affatto invertita e non si
può trarre alcun segnale di ottimismo dal lieve recupero di quest’anno, come
non si poteva trarne da altri piccoli recuperi accaduti in passato nel quadro
di un segnale chiarissimo di riduzione decisa dei ghiacci marini artici.
Le proiezioni climatiche del volume Working Group I del rapporto
Fifth Assessment Report (AR5) dell’Intergovernmental Panel on Climate Change
(IPCC)
La prossima settimana, dal 23 al 26 settembre, avrà luogo a
Stoccolma (Svezia) una plenaria dell’IPCC dove i governi membri discuteranno e
raggiungeranno il consenso sui contenuti di questo volume e sul testo, parola
per parola del Summary for Policy-Makers (SPM), il Riassunto per i Decisori
Politici. Fino al mattino del 27 settembre tutta questa documentazione,
elaborata da 859 scienziati di tutto il mondo e sottoposta a due fasi di
revisione da parte di esperti esterni e da esperti selezionati dai Paesi membri
dell’IPCC (569 revisori nella prima fase e 800 nella seconda) è sottoposta ad
un embargo. Quindi non è possibile parlare dei risultati di questo nuovo
volume, è necessario attendere una settimana. Però si può affermare che i dati
di questo primo volume dell’AR5 riportati come “anticipazioni” nell’articolo
non sono correttamente mostrati e spiegati.
Infine si ricorda che questo primo
volume sarà seguito nel 2014 da altri due: uno sugli impatti, vulnerabilità e
adattamento ai cambiamenti climatici e l’altro sulla mitigazione dei
cambiamenti climatici.
La dichiarazione del Presidente dell’IPCC sulla temperatura media superficiale che non cresce da 17 anni L’IPCC e il suo Presidente non hanno mai fatto queste dichiarazioni. Per ulteriori informazioni e conferme può contattarsi Jonathan Lynn dell’IPCC (Head, Communications and Media Relations, email: [email protected]).
In conclusione, la ricerca climatica continua, probabilmente senza i clamori che il mondo dei media vorrebbe, ma produce risultati che vengono controllati e validati costantemente. Divulgare una scienza così complessa non è facile e richiede molto lavoro.
Sergio Castellani
Fonte: CMCC
