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Un futuro tutto nanotech

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Il nanotech tira anche in Italia, come si è poteuto capire al convegno dedicato a questo tema che si è svolto il 14 novembre scorso a Milano “Realtà e potenzialità del nanotech in Lombardia”. Scopo dell’incontro è stato quello di presentare alla comunità delle aziende dell’area milanese la diffusione delle strutture e delle attività di ricerca e sviluppo in Italia nel campo delle nanotecnologie e darne una valutazione rispetto allo scenario internazionale. I dati presentati sono stati tratti dall’analisi della situazione a partire dal terzo censimento delle nanotecnologie appena pubblicato in Italia e curato da Nanotec IT, divisione dell’Associazione italiana per la ricerca industriale (AIRI). Il censimento  fotografa l’evoluzione che hanno avuto nel paese le nanotecnologie negli ultimi quattro anni, con l’ingresso di nuovi attori, l’avvio di nuove iniziative volte a favorire l’impegno in questo settore, la crescita delle applicazioni e dei prodotti ad essa collegati.

Secondo il censimento l’intero comparto nanotecnologico italiano ha registrato 7000 pubblicazioni scientifiche e depositato 450 brevetti, oltre ad impiegare 4100 dipendenti e ad avere 189 strutture impegnate nella ricerca, divise tra pubbliche (55%) e private (45%). Il maggiore tasso di crescita lo hanno registrato le imprese e i centri di ricerca privati  che hanno visto quadruplicato il loro numero in sei anni, passando cioè dalle 20 del 2004 alle 85 del 2010. Questi numeri evidenziano una crescente attenzione delle aziende italiane verso le nanotecnologie che sempre più rappresentano un approccio multidisciplinare. Un nanometro è pari ad un miliardesimo di metro. Le nanotecnologie operano tra 1 e 100 nanometri, dimensioni  dove le caratteristiche della materia sono diverse, magari del tutto nuove rispetto a quelle che noi conosciamo e di conseguenza è possibile produrre nuovi materiali, dispositivi e processi con caratteristiche fortemente migliorate e addirittura del tutto nuove.

Dal punto di vista economico-finanziario, l’investimento principale nel nostro paese resta ancora quello pubblico ed è dell’ordine di 100 milioni di euro annui, il 60% dei quali relativi a programmi italiani e il restante 40% in ambito europeo. “Si tratta – ha commentato Renato Ugo, presidente AIRI – di un dato significativo che richiede però una rapida crescita, considerando che a livello mondiale la spesa globale per la ricerca e lo sviluppo  nel settore ammonta a 18,5 miliardi di dollari.” L’Italia vanta una ricerca eccellente soprattutto in alcuni settori di nicchia come la nanomedicina, eppure fatica ancora in un quadro generale dove occupa solo una posizione intermedia. Per comprenderne il motivo è sufficiente confrontare gli investimenti pubblici italiani con quelli di altri paesi – ha continuato Elvio Mantovani, direttore di NANOTEC IT.  I fondi investiti sono quattro volte inferiori a quelli di Germania e Francia, e ancor di più rispetto al Giappone e agli Stati Uniti (complessivamente gli Stati Uniti spendono più di 8,5 miliardi di dollari all’anno per ricerca  nelle nanotecnologie) dove i finanziamenti privati sono già  prevalenti”.

In considerazione del carattere strategico attribuito alle nanotecnologie, una parte dei paesi coinvolti ha rafforzato l’impegno con un programma nazionale dedicato, attraverso il quale la gran parte dei fondi pubblici vengono veicolati indirizzandoli verso obiettivi di R&S ritenuti prioritari per le esigenze del paese. L’esempio più noto di questo tipo di intervento è quello degli USA dove con un atto del presidente degli Stati Uniti Clinton è stato dato il via nel 2001 alla National Nanotechnology Initiative (NNI) con l’obiettivo specifico di accelerare lo sviluppo e l’applicazione delle nanotecnologie attraverso un programma multidisciplinare che coinvolge tutte le agenzie e i dipartimenti federali USA potenzialmente chiamati in causa. Analogamente in Germania, che è il paese europeo maggiormente impegnato, nel 2006  il governo federale ha deciso di dar vita attraverso il ministero per l’educazione e la ricerca a una iniziativa nazionale specifica che vede coinvolti tutti i ministeri federali potenzialmente interessati.

Alcuni prodotti derivanti dalle nanotecnologie (i cosidetti nano-related products) sono già presenti a livello commerciale. La nanolettronica fa la parte del leone, ma sono disponibili anche prodotti di uso più comune come articoli sportivi, vernici, trattamenti superficiali. Le previsioni sono per una crescita sempre più rapida con un impatto rilevante anche sul versante del mondo del lavoro. Lo spettro delle attività di ricerca è molto ampio e gli obiettivi non differiscono in maniera sostanziale passando dalle strutture di ricerca pubbliche alle imprese, ma l’attenzione è focalizzata in primo luogo sui materiali (strutturali e funzionali), nanomedicina, fotonica e strumentazione. Le potenziali ricadute applicative sono molteplici e vanno dalla cura della salute, all’elettronica e ICT, dai trasporti all’ambiente, ma anche in settori tradizionali, tipici del made in Italy, come ad esempio il tessile e la moda.

Tutte le principali organizzazioni pubbliche di ricerca (CNR/INFM, INSTM, INFN, ENEA) e universitarie sono impegnate nelle nanotecnologie e, per ciò che riguarda le imprese, sono presenti sia grandi imprese, che rappresentano circa il 40% delle strutture facenti riferimento all’industria, che PMI.  Circa il 33% delle PMI sono micro-imprese (meno di 10 addetti) e il loro ruolo è molto importante per favorire la diffusione delle nanotecnologie.

L’attività è distribuita praticamente su tutto il territorio nazionale, ma la concentrazione più elevata è nel Nord Italia, con la Lombardia che fa da capofila  con il 22% delle strutture a livello nazionale coinvolte in progetti cooperativi a livello nazionale ed europe, più di 150 brevetti e 1300 pubblicazioni. In Lombardia esistono tre centri di eccellenza nelle nanotecnologie (Cimaina, Nemas e  PlasmaPrometeo) e un’attività di formazione specifica (due corsi di laurea dedicati – 1°  e 2° livello – presso il Politecnico di Milano e un Master di 2° livello presso l’Università di Pavia). Tra le aziende operanti sul territorio si annoverano Bracco Imaging e Tethis nel settore della namomedicina con importanti progetti di ricerca nella diagnostica in vivo e in vitro, ST-Microelectronics e Micron Technology nella nanoelettronica (rappresentano i maggiori produttori mondiali di semiconduttori e memorie con applicazioni in dispositivi hi-tech come telefoni e tablet), Italcementi (ha sviluppato uno speciale cemento fotocatalitico e autopulente a base di nanoparticelle di biossido di titanio) e infine Innovub divisione seta e soliani nel tessile (con progetti di ricerca su tessuti bioattivi e autopulenti).

Insomma, le nanotecnologie possono influenzare non solo lo sviluppo futuro di settori industriali importanti, ma anche la nostra vita quotidiana. La sfida che tali tecnologie pongono è ancora aperta.

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