“Trovo intellettualmente disonesto verso i cittadini, in
particolare verso tutti i malati, continuare a diffondere questi messaggi privi
di fondamento, forti di campagne mediatiche fuorvianti, che stanno minacciando
pesantemente il futuro della ricerca biomedica e quindi della nostra salute”,
con queste parole Elena Cattaneo,
neo senatrice a vita ed eminente scienziata, risponde ad alcune delle
affermazioni fatte durante il convegno “Fermiamo la vivisezione”, organizzato ieri
a Roma da Michela Vittoria Brambilla insieme al Partito animalista europeo,
Memento Naturae, Roma for Animals, Istinto animale. Secondo l’esponente del PDL
dietro la sperimentazione animale esisterebbe una lobby che “manipola i
cittadini e che non vuole avviare metodi alternativi”.
Punto centrale del
congresso, proprio il tavolo degli esperti tecnico-scientifico sui metodi
alternativi alla sperimentazione animale voluto dall’ex Ministro della Salute
Renato Balduzzi, definito da Stefano Fuccelli, presidente del Partito
animalista europeo, come una “farsa”. Per Fuccelli è "fondamentale
rilanciare il lavoro di questo gruppo tecnico, ma lo si deve fare davvero, per
ottenere risultati concreti. Il nostro timore, invece, è che si cerchi di
bloccarlo e svuotarlo. I 16 esperti che lo compongono sono prevalentemente
favorevoli alla sperimentazione animale, solo 3 sono esperti di metodi
alternativi, ma sono abbastanza ferrati per sostenere autorevolmente le reali
possibilità di cambiare pagina nella ricerca". Il leit motiv di “Fermiamo la vivisezione” è stato: “non esiste un
modello animale per l'umano”. Concetto ribadito più volte anche da Claude
Reiss, già direttore del Centro nazionale di ricerca scientifica francese, che ha
definito i test sugli animali "un metodo inutile e dannoso perché ogni specie
animale ha un proprio genoma unico e irripetibile". Ma quali sono le
alternative? È Candida Nastrucci, membro del Comitato Scientifico Equivita e di
EUSAAT (European Society for Alternatives
to Animal Testing) a parlarne: “Dobbiamo usare come modello
necessariamente l'essere umano con i campioni che ci fornisce come cellule e
poi sviluppare modelli di simulazione al computer”.
Sulla reale consistenza di
metodi alternativi, la Cattaneo è molto chiara: “Chi afferma che oggi esistano
metodi alternativi in grado di sostituire completamente la sperimentazione
animale nella ricerca biomedica dice il falso e questo è particolarmente grave
se a farlo sono persone delle istituzioni. È il buon senso, continua la
scienziata, prima delle competenze tecniche, a dirci che una cellula singola
non è un organismo intero, così come una simulazione non può ancora essere così
sofisticata da prevedere tutte le possibili variabili con cui un organismo può
reagire a un trattamento. Se si potesse davvero rinunciare alla sperimentazione
animale tutti – dai ricercatori, alle istituzioni, alle case farmaceutiche –
sarebbero disposti a farlo, per ragioni non solo etiche ma anche semplicemente
economiche.
Dello stesso avviso della Cattaneo è il Gruppo 2003, che con una nota a firma del suo
Presidente Maria Grazia Roncarolo ha
dichiarato come la “sperimentazione animale non possa essere sostituita da
metodi alternativi, per quanto buoni essi siano, se non si vuole rinunciare a
importanti progressi e alla sicurezza per l’uomo”.
Un convegno per fermare la sperimentazione animale
Primary tabs
prossimo articolo
Alimentazione sostenibile: imparare dalla preistoria

Il progetto Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.
Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).
Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.