fbpx Con Pubmed Commons, ogni ricerca potrà essere commentata | Scienza in rete

Con Pubmed Commons, ogni ricerca potrà essere commentata

Primary tabs

Read time: 2 mins

Che sia davvero una svolta epocale si vedrà. Ma di certo PubMed Commons potrebbe cambiare il processo di valutazione degli articoli scientifici per sempre.

PubMed Commons è un programma lanciato il 22 ottobre dal NCBI che consentirà agli utenti di commentare i lavori pubblicati sul sito Pubmed, che indicizza circa 22 milioni di paper scientifici. Per ora, è ancora un progetto pilota e solo i destinatari delle sovvenzioni del NIH e del Wellcome Trust britannico possono registrarsi. Ma il direttore del NCBI David Lipman, che ha contribuito a sviluppare il programma, assicura che presto ogni autore PubMed potrà partecipare.
Questa applicazione potrebbe togliere la peer review post-pubblicazione dalle mani degli editori e metterla saldamente in quelle dei consumatori della letteratura scientifica.
Le ricerche così verranno continuamente valutate dopo la loro pubblicazione, in modo da poter individuare i difetti e le lacune. Finalmente si potrà abbandonare il metodo antiquato e, diciamolo, inadeguato delle lettere al direttore della rivista. Lipman spera che il grande utilizzo che viene fatto di PubMed ogni giorno, possa essere di aiuto per lo sviluppo di una community, ma ammette che la sfida più difficile sarà quella di convincere i ricercatori a farne parte. Già da qualche tempo sulla piattaforma PLoS è possibile lasciare i commenti, ma l’iniziativa non sembra funzionare, su circa 90 mila documenti solo il 10% ha ricevuto dei commenti.  

Un altro aspetto da tenere in considerazione è il modo con cui verranno fatti e gestiti i commenti. “Se si dà alle persone un pastello e si chiede di marcare il web, probabilmente faranno uno scarabocchio", spiega Dan Whaley, fondatore di Hypothes.is.

Un modo per eliminare commenti inutili o off-topic sta nell’istituire un sistema attraverso il quale gli utenti potranno votare sull’utilità e la credibilità di un commento.
“Questa è una grande opportunità per fare della peer review post-pubblicazione una realtà. Ma funzionerà solo con il contributo della gente”, ha sottolineato
Michael Eisen della Berkeley University.

Autori: 
Sezioni: 
Dossier: 
Valutazione della ricerca

prossimo articolo

Come cominciano i terremoti

faglia di terremoto

Analizzando i primi secondi delle onde P, le prime a essere registrate dai sismometri durante un terremoto, un gruppo di ricercatori ha mostrato che è possibile stimare la magnitudo del terremoto. Il loro risultato si aggiunge al lungo dibattito sulla natura deterministica dei fenomeni di rottura all’origine dei terremoti e dunque sulla loro prevedibilità e ha implicazioni per i sistemi di allerta sismica precoce.

Nell'immagine due geologi dell'USGS misurano una rottura di faglia causata dai terremoti di Ridgecrest in California nel 2019. Foto di Ben Brooks/USGS (CC0).

È possibile prevedere la magnitudo di un terremoto osservando le onde sismiche nei loro primissimi istanti? Gli scienziati dibattono da decenni intorno a questa domanda, che è centrale per la progettazione dei sistemi di allerta sismica precoce.

Uno studio pubblicato recentemente da un gruppo di sismologi dell'Università di Napoli Federico II mostra che è possibile, analizzando circa 7000 mila onde sismiche relative a 200 terremoti avvenuti in tutto il mondo con magnitudo tra 4 e 9.