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Il mondo continua a credere nella ricerca

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L’anno che si chiude, il 2011, è stato un buon anno per la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico (R&S). Gli investimenti mondiali hanno raggiunto una cifra record: 1.333,4 miliardi di dollari (calcolati a parità di potere d’acquisto delle monete). Un valore che è pari al 2,0% del prodotto interno lordo del pianeta. L’aumento degli investimenti in R&S, rispetto all’anno precedente, il  2010, è stato di 81,5 miliardi di dollari, con una crescita dunque del 6,5%.

I dati sono riportati nel 2012 Global R&D Global Forecast di recente pubblicato negli Stati Uniti a cura della rivista specializzata R&D Magazine e della società Battelle.

Le previsioni per il 2012 restano ottimistiche. Secondo gli analisti di Battelle e di R&D Magazine nel prossimo anno gli investimenti saliranno a 1.402,6 miliardi di dollari, con un incremento del 5,2%.

È evidente che, pur in un periodo attraversato da tempeste finanziarie e costellato qui e là da crisi dell’economia reale, il mondo continua a credere nella ricerca scientifica (pubblica e privata; curiosity driven e finalizzata).

Se gli investimenti continuano a crescere, l’intensità di ricerca (ovvero la spesa in R&S rispetto al Prodotto interno loro del mondo) si è stabilizzata: ormai da alcuni anni è ferma intorno al 2,0%. Che in ogni caso costituisce un record assoluto nella storia della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico.

La spesa per aree geografiche vede prime le Americhe, con 491,8 miliardi di dollari di spesa, pari al 36,9% del totale mondiale. Al secondo posto è l’Asia, con 473,5 miliardi di dollari, pari al 35,5% del totale mondiale. Staccata è, ormai, l’Europa, con 326,7 miliardi di dollari, pari al 24,5% del totale mondiale. Nel resto del mondo (Oceania e Africa) sono stati investiti solo 41,4 miliardi di dollari, per un valore che non supera il 3,1% del totale mondiale.

La dinamica nei vari continenti è, tuttavia, variegata. La crescita degli investimenti è decisamente maggiore in Asia, che a partire dal prossimo anno supererà le Americhe e diventerà il continente dove in assoluto si spende di più di R&S. Di conseguenza il peso relativo di America ed Europa continuerà a diminuire, mentre cresce quello (piccolo in assoluto) dell’Africa.

Tutto questo segnala due aspetti: da un lato la rapida trasformazione dei paesi a economia emergente (in particolare, ma non solo, Cina, Corea del Sud, India e Brasile) da sistemi produttivi a basso tasso di ricerca e sviluppo a sistemi produttivi ad alto tasso di ricerca e sviluppo; dall’altra la difficoltà delle antiche economie sviluppate a incrementare ulteriormente il tasso di R&S. È molto probabile che nei prossimi anni che paesi emergenti e paesi di antica industrializzazione competeranno “ad armi pari” nell’economia della conoscenza. O, come sostengono i redattori del 2012 Global R&D Global Forecast, che le antiche economie sviluppate perderanno sempre più il loro “tecnopolio”, il monopolio delle alte tecnologie.

Un secondo aspetto riguarda la transizione energetica, dai combustibili fossili alle rinnovabili. Il cambio di paradigma sta creando dei rischi, ma sta soprattutto aprendo delle opportunità. E, infatti, gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo delle “nuove rinnovabili” stanno aumentando a un ritmo superiore alla media. Più in generale, si va affermando l’idea che la ricerca della sostenibilità ambientale è, ormai, un vantaggio competitivo.  

In definitiva, sostengono gli esperti del R&D Magazine e di Battelle, il nostro sta diventando un “more knowledge-intensive world”, un mondo a intensità di conoscenza sempre maggiore.

In questo mondo l’Italia – ottava economia del pianeta; quinta economia industriale – stenta a tenere il passo: il nostro paese è infatti al dodicesimo posto al mondo per investimenti in R&S, anche se nel 2011 rispetto al 2010 gli investimenti risultano cresciuti sia in termini assoluti (da 22,5 miliardi di dollari nel 2010 a 23,7 nel 2011) sia in termini relativi: dall’1,27% all’1,30% rispetto al Pil.

Questi dati vanno, tuttavia, bene interpretati, alla luce sia della caduta degli investimenti nel 2010 rispetto agli anni precedenti sia della profonda recessione del paese del periodo 2008 e 2010 non ancora recuperata.

Secondo l’AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale), infatti, nel 2010 le imprese italiane hanno speso in R&S circa 12,8 miliardi di dollari, contro i 13,2 del 2008; mentre lo stato ha investito 11,9 miliardi di dollari, contro i 12,9 del 2008: un miliardo secco in meno. La spesa complessiva italiana tra il 2008 e il 2010 è dunque diminuita del 5,3%. Solo una perdita ancora più cospicua del Pil fa sì che nel medesimo periodo l’intensità degli investimenti (spesa in R&S rispetto al Pil) risulti aumentata dall’1,11 al 1,27%.

In definitiva, nel nostro paese la ricchezza complessiva è diminuita più di quanto non siano diminuiti gli investimenti in ricerca. Ora è tempo di ripartire. Con più slancio. Puntando, come fa il resto del mondo, sulla ricerca per cercare di aumentare (anche) la ricchezza.


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