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Gli Hacker della Scienza

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Berlino, Kreuzberg, è un grigio e freddo venerdì sera di fine ottobre quando gli hacker varcano piano piano, uno alla volta la porta del Betahaus, un grande spazio di co-working, sempre disponibile a nuove iniziative. Ma chi sono questi hacker? Diversamente da quello che si è soliti pensare non sono degli smanettatori che vogliono appropriarsi delle vostre password o entrare nel vostro conto in banca, ma persone normali programmatori, designer, scienziati, maker, chiunque sia interessato alla scienza e ad entrare nei suoi meccanismi per farne qualcosa di accessibile a tutti.

Qualcuno ha già un'idea di quello che sta venendo a fare, altri, molti altri lo scopriranno nelle prossime 48 ore. Eccoci qui quindi tutti insieme nello scantinato del Betahaus, dove gli organizzatori vestiti con dei camici bianchi ci danno il benvenuto. Prima di tutto c'è una cosa da chiarire “What the heck is a hack?” Che cos´è un hack? Si tratta di una soluzione semplice a un problema, non per forza la più elegante, ma spesso la più ingegnosa. È questo che sono venuti a fare qui, a trovare delle soluzioni innovative a piccoli problemi scientifici, insieme, divertendosi, ed è questo il significato più vicino al termine di hack e hacker, come nacque negli anni cinquanta all'MIT.

Il primo Science Hack Day, il giorno degli hack scientifici, è stato organizzato a Londra e pochi mesi dopo a San Fransisco nel 2010, grazie allo spirito di iniziativa e cambiamento di Ariel Waldmann, una speciale dipendente della NASA, e da allora si sono svolte hackathon (hack + marathon = marathone di hack) scientifiche in tutto il mondo. I personaggi in camice spiegano come saranno strutturati i prossimi giorni, ad esempio a che ora arriva la pizza, quali hardware e vari strumenti avranno a disposizione. Inoltre hanno invitato delle persone interessanti a parlare, a tenere dei cosidetti “discorsi illuminanti” (lighting talks).

Quindi dopo aver ascoltato Stefan Greiner parlare delle meraviglie del mondo microscopico e Arno Zimmerman su come usare la chimica per costruire dei frigoriferi migliori, tocca ai partecipanti. Alcuni sono venuti già con dei progetti a cui lavorare, varie idee o dei piccoli problemi da risolvere. Salgono sul podio e raccontano quello che vogliono fare. Un ragazzo racconta che gli piacciono le piante, ma tutte quelle che ha muoiono e vuole costruire un robot che se ne occupi. Un altro sale sul palco con un braccialetto con dei LED, lo alza in alto e dice che vuole creare una connessione tra LED per le feste. Ognuno degli amici porterà un LED e quando uno si perde può attivarlo e quindi incomincerà a lampeggiare e così anche quelli degli amici, i quali potranno alzare la mano e trovarlo. Altri salgono sul podio con degli EEG e spiegano che vogliono riuscire a comandare un robot con la sola forza del pensiero, e molto altro.

Una volta che tutte queste idee sono state espresse, messe in tavola (o meglio su whiteboard), sono libere di circolare trai cervelli e le capacità dei presenti. Siamo ancora tutti nella cantina del Betahaus, e piano piano si incominciano a formare dei gruppi di lavoro. Ognuno spiega quello che sa fare, quello che vuole fare e di cosa ha bisogno e così le idee e i cervelli si mischiano. Qualche ora e qualche birra dopo tutti gli hacker hanno trovato un gruppo o un progetto a cui lavorare e si avviano a casa per qualche ora di sonno prima del domani.

Sabato ore 9.00: che l'hackathon abbia inizio!

Eccoli che arrivano, la colazione-brunch è apparecchiata, e soprattutto, i litri di caffè sono già pronti. I gruppi si ritrovano il sabato mattina e discutono di come hanno sviluppato le idee durante la notte mentre fanno colazione. Poi chi prima e chi dopo si mettono seduti a un tavolo, tirano fuori i computer e iniziano a lavorare. Per le prossime ore si alzeranno poche volte dal tavolo, se non per fare rifornimento di caffè o per chiedere agli organizzatori un arduino, un sensore o un cavo. Lavorano, scherzano, sono contenti di avere una bella idea, passando per momenti di disperazione (“non ce la faremo mai a finire entro domenica mattina”) e di ottimismo (“ormai è fatta! Con questa invenzione rivoluzioneremo il mondo”). E così passano le ore, verso le 3 del mattino la metà degli hacker è andata a dormire, ma l'altra metà lavora ancora frementemente ai propri progetti. Stephan ha appena finito di programmare una parte che gli serve per il suo telescopio fai da te, ora finalmente la può portare alla stampante 3D e montare il pezzo mancante. Il gruppo che si occupa di creare un metodo per seguire le citazioni scientifiche semplice e opensource ha trovato il modo di superare il paywall e ora se ne tornano tutti a casa felici.

Foto: Dimitri Katz

La domenica trascorre similmente con un pò di stress in piú per chi non ha ancora finito, e un pò di stress in meno per quelli che hanno finito e devono solo preparare delle presentazioni divertenti. Alle 15 ci sono le presentazioni pubbliche. Ogni gruppo salirà sul palco e presenterà le proprie idee. Ecco alcuni dei risultati strabilianti delle ultime 48 ore:

  • InstaRainbow: uno spettrometro DIY. Costruito con dei pezzi di legno, una telecamera e un reticolo di diffrazione. Osservate quanto esattamente mostra lo spettrogramma di un LED bianco:
  • Popcorndecay: una macchina di pop corn che collegata a un app che registra i pop-corn che scoppiano nel tempo riesce a rendere piú comprensibile e gustosa la radioattivitá: http://popcorndecay.weebly.com/
  • Pimp your dong/Feel the planet: dei vibratori stampati in 3D che vibrano secondo i dati dei terremoti che avvengono al mondo.
  • Plant-O-Tron: per risolvere il problema del ragazzo che ama le piante, ma non ha modo di occuparsene David e Robert hanno costruito un vaso-robot con un sensore che sposti sempre le piante nel punto dove c´è più sole (alternativamente può essere anche utilizzato all'incontrario per tenere sempre la nostra birra al fresco!)

E molti altri. Per saperne di più sui singoli hack e dei super-hacker che gli hanno dato vita uscirà presto un post con tutta la documentazione (naturalmente è tutto opensource!) sul sito di Berlin Science Hack Day.

Gli organizzatori hanno invitato dei giudici, che premiano gli hack più scientifici, quelli più divertenti, quelli più didattici. Così gli hacker dei vibratori che vibrano come i terremoti si portano a casa un makey-makey come hack più innovativo, altri libri, dinosauri, sensori per macchine fotografiche e sopratutto la soddisfazione di aver creato in un breve finesettimana una piccola scoperta scientifica e di essersi divertiti.

Questo è stato il secondo Science Hack Day Berlinese, e io facevo parte degli organizzatori in camice bianco. Secondo me è un nuovo modo di fare scienza e di comunicare come la scienza possa essere divertente e accessibile a tutti. È un modo di fare ricerca che non avviene nei laboratori, o nelle università, ma nelle cantine, nelle cucine delle città, è un modo di vedere la scienza come non appartenente solo a chi ha studiato e sudato su libri e provette per tanti anni, ma la scienza e il sapere che produce appartiene a tutti e chiunque lo desidera può contribuire un pò. Con questo non vuole sostituire le istiutzioni scientifiche esistenti, ma complementarle, aggiungere quel tocco di divertimento, accessibilità e pazzia che ogni tanto gli manca.

Foto: Ella Funk

P.s. Se con questo racconto vi ho inspirato sul sito ufficiale dello Science Hack Day potete trovare tutte le informazioni sulle prossime hackathon e le istruzioni su come organizzarne una - non ci sono ancora stati Science Hack Day in Italia, spero non per molto!


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