fbpx Energia per un futuro sostenibile | Scienza in rete

Energia per un futuro sostenibile

Primary tabs

Read time: 4 mins

Ci sono tre motivi indipendenti per cambiare il paradigma energetico fondato sui combustibili fossili e produrre in altro modo energia per un mondo sostenibile. Il primo è che i combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) sono fonti non rinnovabili e almeno una di esse (il petrolio) è in fase di esaurimento. Il secondo motivo è che l’uso dei combustibili fossili è la principale causa antropica che concorre ai cambiamenti non desiderabili del clima. Il terzo motivo è che l’economia alimentata dalle fonti fossili fondata su un consumo crescente di beni materiali è causa di una disuguaglianza il cui aumento a scala planetaria e locale è misurabile.

È questa l’analisi che sorregge il nuovo libro che due chimici ben noti ai lettori di Scienzainrete, Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani (quest’ultimo del Gruppo 2003), hanno pubblicato in Germania per l’editore Wiley-VHC. Il titolo del volume, Energy for a Sustainable World, e il sottotitolo, From the Oil Age to a Sun-Powered Future, oltre all’analisi del problema energetico lasciano trasparire anche la possibile soluzione.

Il nuovo libro di Armaroli e Balzani è in inglese ed è destinato a una platea internazionale. È anche abbastanza inusuale. Perché contiene tre parti (più una) di natura diversa. La prima è un introduzione al concetto scientifico di energia. La seconda – la parte preponderante –analizza, una per una, con metodo e rigore scientifico, tutte le principali fonti energetiche utilizzate o utilizzabili oggi dall’uomo: quelle fossili, il nucleare, le rinnovabili. Di ciascuna fonte viene presentata una sorta di carta di identità e, soprattutto, vengono discussi con grande equilibrio i vantaggi e gli svantaggi connessi al suo utilizzo. Due capitoli sono dedicati ad altrettanti vettori energetici – l’elettricità e l’idrogeno – proposti da alcuni come protagonisti del paradigma energetico del futuro. La terza parte, infine, è una sorta di manifesto politico. Una perorazione, argomentata, di cui diremo qualcosa fra poco. Prima occorre spendere qualche parola sulla parte aggiuntiva: la bibliografia. Una bibliografia scientifica interdisciplinare e sterminata, che rimanda a ben 946 tra libri, articoli e documenti.

È, dunque, sulla base di questa “conoscenza enorme” del problema e dei dati forniti nella pagine precedenti che Nicola e Armaroli chiudono il libro con un capitolo, intitolato Scenarios for a Sustainable Future che è (dichiaratamente) un manifesto di (lucida) natura politica.

Anche se con trasparente passione, Armaroli e Balzani guardano alla Terra come se la vedessero da lontano. Emblematica è la foto scattata dalla sonda Cassini il 15 settembre 2006 a una distanza di 1,5 miliardi di chilometri dal nostro pianeta. La Terra non appare solo piccolissima: un punticino nell’immensità dello spazio. Ma anche abbastanza isolata. Somiglia a un’astronave. Non a caso un precedente libro di Armaroli e Balzani si chiamava, appunto, Energia per l’astronave Terra.

In realtà da un punto di vista termodinamico la Terra non è un sistema isolato (che tecnicamente è un sistema che non scambia né materia né energia con l’ambiente esterno). Ma è un sistema chiuso: scambia solo energia con l’ambiente esterno (considerando trascurabile, almeno in prima approssimazione, la materia che arriva e parte dal nostro pianeta).

Bene: in questa sistema (quasi) chiuso non è possibile consumare all’infinito le risorse che non sono rinnovabili. E non è possibile che la velocità di consumo sia a lungo maggiore della capacità di rinnovo delle risorse che invece sono rinnovabili. Gli scienziati – sostengono Armaroli e Balzani – devono assumere questo sguardo lungo. E cercare le soluzioni per rompere la spirale di questi due processi ecologicamente insostenibili (ma anche, aggiungono, per rompere la spirale dei processi socialmente insostenibili). Queste soluzioni sono – in buona sostanza – riducibili a due grandi classi.

La prima è: consumare meno risorse. Trovare, anche grazie all’innovazione tecnologica e alla conoscenza, il modo di fare di più con meno.

La seconda è sfruttare quel flusso di energia che mantiene da alcuni miliardi di anni e manterrà ancora per alcuni miliardi di anni la Terra lontana da una condizione di equilibrio termodinamico: l’energia radiante proveniente dal Sole. Imparare a fare “come le piante” e “come i batteri fotosintetici”, che alimentano se stessi e il resto della biosfera grazie ai processi di fotosintesi. Queste due sono le strade maestre. Tutte la altre (nucleare compreso) sono strade limitate e alla fin fine senza uscita.

Ma, Armaroli e Balzani, affidano due compiti ulteriori agli uomini di scienza. Il loro dovere, sostengono, è di spiegare al resto della popolazione - i non esperti - quali sono i problemi. E quali sono le soluzioni. Il secondo è indicare tra tutte le soluzioni possibili, quelle che riducono e non ampliano le disuguaglianze sociali.

Non sono indicazioni nuove. Anche Albert Einstein e Bertrand Russell riconoscevano un unico dovere in più che gli scienziati hanno rispetto agli altri cittadini. Mettere in comune le loro conoscenze. Avvisare l’umanità dei pericoli che corre, se e quando c'è una fonte di pericolo. Mentre Francis Bacon, già nel XVII secolo, sosteneva che la nuova scienza non deve essere a vantaggio di questo o di quello, ma dell’intera umanità. Oltre che nella loro analisi scientifica del problema energetico, anche nel loro programma politico e sociale, dunque,  Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani salgono, con maestria, sulle spalle di giganti.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il soffocamento delle università e l’impoverimento del Paese continuano

laboratorio tagliato in due

Le riduzioni nel Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) limitano gli investimenti essenziali per università e ricerca di base: è una situazione che rischia di spingere i giovani ricercatori a cercare opportunità all'estero, penalizzando ulteriormente il sistema accademico e la competitività scientifica del paese.

In queste settimane, sul tema del finanziamento delle università e della ricerca, assistiamo a un rimpallo di numeri nei comunicati della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e del MUR (Ministero della Università e della Ricerca). Vorremmo provare a fare chiarezza sui numeri e aggiungere alcune considerazioni sugli effetti che la riduzione potrà avere sui nostri atenei ma anche sul paese in generale.