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Allevamenti sostenibili: così cambia la filiera del suino

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Uno degli aspetti più complessi da gestire nel settore dell'allevamento riguarda l'impatto ambientale prodotto dai cosiddetti reflui zootecnici, cioè gli effluenti liquidi e solidi prodotti dagli animali, in altre parole feci e urine.
Basti pensare che in Italia nel 2013 sono stati prodotti 32 milioni di metri cubi di reflui, solo da allevamenti suini, e 60 milioni di metri cubi da allevamenti bovini.

Le sostanze reflue inquinano se rilasciate nelle acque superficiali, inquinano l'aria e inquinano se depositate in eccesso sui terreni agricoli. Liquami e letame infatti, specie nel settore suinicolo, contengono molto più azoto di quello che i terreni disponibili sono in grado di accettare e se consideriamo che i suini “censiti” nel nostro Paese sono nell'ordine di grandezza di 8 milioni capi ci rendiamo conto della portata dello scenario.

Mappa numero suini in Italia

Progetto Seesping: come rendere l’allevamento sostenibile

Per questa ragione la questione nitrati è stata da più parti regolamentata sia a livello nazionale che internazionale – basti pensare alla Direttiva 91/676/CEE sui Nitrati datata 1991, che fissa a 170 kg per ettaro annui la quantità di azoto da effluente zootecnico.
Il punto è come raggiungere questo obiettivo e per questo l'Università di Milano ha promosso il progetto Seespig, - terminato il 31 marzo scorso. Lo scopo? Studiare nuove tecnologie in grado di ridurre l’impatto ambientale dei reflui della filiera del suino e valorizzarne le potenzialità.



Mappa kg di azoto da zootecnia

“Uno dei motori del nostro progetto – spiega Giorgio Provolo, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università degli Studi di Milano – è che la questione nitrati è regolamentata in modo preciso in particolare dalla Direttiva Nitrati, ma al tempo stesso sono i singoli agricoltori che si trovano a dover gestire questa sovrapproduzione, con la difficoltà magari di amministrazioni locali che non mantengono una posizione omogenea e che non sempre hanno indicazioni tecniche adeguate. In questo scenario ce la fanno solo gli imprenditori più capaci, mentre si assiste a un sostanziale immobilismo degli allevatori più piccoli.”

Un progetto dunque quello di Seespig, che parte dal presupposto che le enormi quantità di effluenti di allevamento prodotto giorno dopo giorno rappresentino una risorsa e non un rifiuto, per l'agricoltore ma anche per l'intero sistema zootecnico, con l'obiettivo di mettere a punto tecniche facilmente implementabili anche su piccola scala.
Il trattamento degli effluenti non ha senso solamente in termini di riduzione dell'impatto ambientale degli stessi, ma anche come valore economico per l'intero settore zootecnico, spiega Provolo. “Prima di vedere quali sono queste tecniche e quanto ciascuna è vicina ad essere trasferibile a breve termine sul mercato, è significativo soffermarsi su due aspetti di valore: la produzione di energia, e con energia si intende biogas, e il valore di questi reflui come fertilizzanti. Se questi liquami vengono usati bene – prosegue Provolo – possono arrivare a sostituire i fertilizzanti minerali comunemente usati. Sempre 10 metri cubi di liquame possono equivalere a 100 euro di fertilizzanti minerali.”
Il punto è, ancora una volta, “usare bene” queste risorse reflue dell'allevamento.
Concetto che all'interno del progetto seespig ha significato tre cose: da un lato lo sviluppo di nuove tecnologie, dall'altro la messa a punto di un sistema di supporto alle decisioni per la gestione degli effluenti, e infine il monitoraggio di alcuni case studies positivi.
Dal punto di vista delle nuove tecnologie, sono sei le linee di ricerca seguite nel corso del progetto, alcune completamente innovative, altre il cui percorso era già stato iniziato, e quattro delle quali al momento hanno dato risultati direttamente trasferibili sul mercato. La prima tecnica tra quelle trasferibili a breve consiste nella possibilità di separare la parte solida e quella liquida dall'effluente e utilizzare quest'ultima per il compostaggio per la produzione di fertilizzante ad alto reddito, mentre la parte liquida rimanente viene rilasciata nel terreno senza che risulti inquinante. Una seconda tecnologia implementabile a breve è la cosiddetta fitodepurazione, una tecnica tutt'altro che nuova che consiste nel far crescere delle piante che vengono alimentate con i liquami.
La novità è che ora è possibile agire sul liquame filtrandolo e quindi eliminando il problema della massiva concentrazione di nitrati che si rivelava dannosa per le piante. Ottimi risultati anche nell'ottimizzazione della digestione anaerobica per la produzione di biogas, specie in combinazione con la tecnica di separazione tra parte solida e liquida del liquame.
Un'ultima area di ricerca che ha cominciato a dare risultati direttamente trasferibili punta invece proprio sul potenziare l'efficienza dell'azoto. “L'obiettivo – spiega Provolo – è riportare fertilità al terreno, studiare come si comporta l'azoto trattato e usare il liquame trattato come fertilizzante riducendo l’uso di concimi minerali.
Ma il progetto ha visto altre due linee di ricerca, ancora in fase sperimentale. La prima è la messa a punto di un'innovativa tecnologia che utilizza le alghe per depurare i liquami dall'azoto, alghe che poi vengono riutilizzate dall'industria farmaceutica, la cosiddetta “green chemistry”. Infine, la creazione seppur ancora in fase preliminare, di un processo nuovo chiamato ANAMMOX che ha lo scopo di rimuovere l'azoto utilizzando consorzi microbici che richiedono molta meno energia delle comuni tecniche di rimozione ora in uso.

Sei linee di ricerca dunque che paiono risposte concrete a un problema, quello della gestione dei prodotti meno edificanti dell'allevamento, sempre più presente. Perché se non è possibile produrre semplicemente di meno, che almeno riusciamo a ridurre l'impatto sull'ambiente dell'industria zootecnica.

La Filiera Verde del Suino

Il progetto Seespig in realtà è solo una delle linee di ricerca distinte del progetto AGER.
La tematica della sostenibilità ambientale della filiera del suino è oggetto infatti di una  seconda ricerca sostenuta nell’ambito del Progetto AGER, che sarà al centro del convegno che in corso oggi a Cremona . Si tratta del Progetto “Filiera verde del suino” coordinato da G. Matteo Crovetto, dell'Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali). “Tratteremo sostanzialmente due aspetti preliminari, se vogliamo, rispetto alla questione dei reflui: la riduzione dell'impatto ambientale attraverso tecniche alimentari degli animali e il benessere dei suini allevati nei box” spiega il coordinatore. “A Cremona si parlerà quindi di quello che viene prima del trattamento degli effluenti zootecnici, cioè quello che gli animali mangiano, che deve essere studiato con attenzione, per assicurare i giusti apporti nutritivi a garanzia di ottime performance di accrescimento ma anche di minimo impatto ambientale. E si parlerà di benessere degli animali all'interno degli allevamenti, il cosiddetto animal welfare, che influenza la produttività dell’allevamento in quanto un animale che sta meglio cresce anche meglio.”
Perché, conclude Crovetto, è importante che anche all'interno di allevamenti intensivi ci si sforzi per simulare il più possibile le condizioni naturali in cui si troverebbero gli animali, in zone all’aperto che permettano loro di interagire con l'ambiente.


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