fbpx La transizione energetica in Germania | Scienza in rete

La transizione energetica in Germania

Primary tabs

Read time: 3 mins

In Germania è in corso una rivoluzione che durerà decenni. La chiamano Energiewende e, come la Wende associata al crollo del blocco comunista, cambierà il volto del Paese. Anzi, lo sta già cambiando. Questo termine fu usato per la prima volta nel 1980, in uno studio pubblicato dall'Öko-Institut. Nel 2002, questo concetto è stato ripreso e definito nella sua forma attuale dal Bundesministerium für Umwelt, Naturschutz und Reaktorsicherheit (BMU). La transizione energetica, questa la traduzione di Energiewende, consiste nel passaggio dai combustibili fossili e nucleari alle fonti rinnovabili. Queste includono varie forme di energia, come quella idroelettrica, geotermica, eolica e solare. Inoltre sono previsti una maggiore efficienza e il risparmio energetico.

Come riportato sul sito Energy Transition della Heinrich Böll Stiftung, un sondaggio del 2011 ha rivelato che il 66% dei Tedeschi ritiene che il cambiamento climatico sia un fenomeno molto grave. L'indagine ha anche scoperto che il 79% della popolazione crede che l'Energiewende favorisca la crescita economica e permetta la creazione di nuovi posti di lavoro. Trattandosi di un progetto a lunga scadenza, è necessario sensibilizzare i più giovani. Peter Altmaier, il ministro federale dell'ambiente, ha lanciato lo scorso 11 marzo l'iniziativa Schulen zeigen Flagge für die Energiewende. Il BMU ha contattato circa 10mila scuole per informare i dirigenti scolastici che fino al 22 aprile sarà possibile richiedere uno dei 25 pacchetti per il risparmio energetico, con materiali che aiuteranno le scuole e gli alunni a pianificare la riduzione delle loro emissioni.
Le motivazioni alla base della transizione energetica sono molto forti: la combustione di carbone, petrolio e gas sta causando il surriscaldamento del clima; l'attuale richiesta di energia non è sostenibile, quindi occorre passare alle fonti rinnovabili e ridurre la domanda attraverso una maggiore efficienza; l'energia nucleare verrà abbandonata gradualmente entro il 2022 a causa dei rischi, dei costi e della questione irrisolta delle scorie. Le fonti rinnovabili, inoltre, possono ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia, rendendo il paese meno vulnerabile all'aumento dei prezzi dei combustibili fossili e alle influenze politiche estere. Il comparto eolico, in particolare, con una potenza installata attualmente pari a 29060 MW, avrà un peso ancora maggiore nei prossimi anni. Già nel 2011, la Germania ha ottenuto il 7.8% della sua elettricità da impianti eolici, la quasi totalità dei quali erano on-shore e gestiti da imprese di media grandezza e finanziati da piccoli investitori. Entro il 2020, il Paese prevede tuttavia di triplicare questa quota, puntando anche sull'off-shore.
In Italia, invece, secondo l'Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV) sono presenti oltre 5mila impianti per un totale di potenza installata pari a 6878 MW mentre la quota di energia prodotta nel 2011 è stata pari a circa 10 TWh, provvedendo al fabbisogno di circa 10 milioni di persone (l'obiettivo comunitario fissa in 16200 MW la quota italiana da raggiungere nel 2020).

La strada verso un'Europa più sostenibile sembra dunque tracciata, anche se i vari stati la percorreranno con velocità e motivazioni differenti. Non tutti, per esempio, sono d'accordo sulla rinuncia all'energia nucleare. Secondo uno studio appena pubblicato su Environmental Science & Technology, in Germania le centrali atomiche avrebbero impedito oltre 117mila decessi connessi con l'inquinamento dell'aria e l'emissione di CO2 tra il 1971 e il 2009. Utilizzando i dati storici di produzione, gli autori hanno calcolato che a livello globale l'energia nucleare ha impedito circa 1.8 milioni di morti connesse all'emissione di 64 gigatonnellate (Gt) di CO2. Secondo le proiezioni, l'energia nucleare potrebbe prevenire ulteriori morti, tra 420mila a 7 milioni sino al 2050 a seconda del combustibile fossile preso in considerazione, con una riduzione delle emissioni pari a 80-240 Gt di CO2.

Sono numeri decisamente impressionanti, ma rimane comunque una certa perplessità di fronte al problema delle scorie e alla responsabilità che abbiamo verso le prossime generazioni. Inoltre, non è possibile escludere a priori il verificarsi di incidenti gravi come quelli di Černobyl' e Fukushima Dai-ichi. Forse è un'utopia, ma probabilmente sarebbe più opportuna un'Energiewende europea, con tutti gli stati impegnati nel raggiungimento di obiettivi comuni. Senza dimenticare che la vera rivoluzione, non solo quella energetica, dobbiamo cominciare a farla dentro di noi, iniziando a vivere tutti in maniera più sostenibile.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Una correlazione tra l’accumulo di plastica e il rischio cardiovascolare

Uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine evidenzia per la prima volta la presenza di micro- e nanoplastiche nelle placche aterosclerotiche di pazienti sottoposti a intervento chirurgico. Seguendo i pazienti per i 34 mesi successivi, il gruppo di ricerca ha potuto rilevare anche un maggior rischio di malattia cardiovascolare nei pazienti in cui erano state rilevate le microplastiche rispetto a coloro che invece non le avevano accumulate, e l’aumento di alcune molecole associate all’infiammazione

Che la plastica costituisca un enorme problema ambientale è ormai del tutto riconosciuto; così come sono riconosciuti i danni che causa a molte specie, soprattutto marine, che finiscono intrappolate da frammenti di reti, o i cui stomaci sono così pieni di rifiuti da impedire loro di alimentarsi.