fbpx Verso un vaccino universale contro l’influenza | Scienza in rete

Verso un vaccino universale contro l’influenza

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

Come ogni anno, con il sopraggiungere della stagione invernale, saremo esposti ai virus influenzali che causeranno problemi di salute e significative perdite economiche per aziende pubbliche e private. In una piccola, ma non trascurabile percentuale, ci saranno complicazioni e, potenzialmente, anche un aumento della mortalità tra neonati e anziani causati dagli stessi virus.
La vaccinazione contro i ceppi virali stagionali protegge con un’efficacia stimate tra il 75 e l’80%, quindi buona ma incompleta. Inoltre, la somministrazione del vaccino deve essere ripetuta annualmente poiché i virus influenzali cambiano in continuazione e la composizione vaccinale contro i virus stagionali dev’essere aggiornata con la stessa cadenza. Vi è poi l’occorrenza periodica di pandemie influenzali, quali la famosa “Spagnola” del 1918, che fece più morti della prima guerra mondiale.
Le pandemie avvengono quando i cambiamenti nel genoma virale (composto da 8 segmenti di RNA indipendenti) sono tali per cui il virus è completamente sconosciuto dal punto di vista immunitario alla popolazione mondiale.
E’ quindi di fondamentale importanza identificare strategie che consentano di disegnare un vaccino in grado di prevenire l’infezione dai diversi, auspicabilmente tutti, i virus influenzali circolanti.
A questo scopo, la Fondazione Cariplo, mediante il suo programma di ricerca sui vaccini ha stanziato un importante finanziamento all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano per uno studio collaborativo con l'Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) di Bellinzona, l’Università Statale di Milano e l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie di Padova. E’ stato possibile giungere a una possibile svolta nelle strategie vaccinali contro i virus influenzali, come testimoniato dalla recente pubblicazione dello studio su Nature, una delle riviste scientifiche più importanti al mondo.

Una singola mutazione somatica iniziale è sufficiente per sviluppare un anticorpo

La scoperta consiste nell’aver identificato come il nostro sistema immunitario sia in grado di generare anticorpi in grado di neutralizzare ad ampio spettro i virus influenzali. Questi anticorpi legano una regione conservata dello “stem” e non la porzione variabile definita “globular head” dell’emagglutinina virale.
Gli anticorpi sono il meccanismo di difesa primaria contro ogni tipo d’infezione virale. La sintesi di un anticorpo è il risultato di un iniziale assemblaggio di più segmenti di DNA presenti nel nostro genoma, seguito da un complesso processo di maturazione che è basato sull’introduzione di mutazioni e sulla seguente selezione delle migliori varianti anticorpali a più alta affinità. Questi ultimi contengono fino a 20-40 mutazioni che si ritiene siano necessarie per l’ottimizzazione del riconoscimento e l’eliminazione degli agenti patogeni. Ovviamente, ciò richiede molto tempo per poter accumulare tutte le mutazioni necessarie.
La scoperta inaspettata è stata la dimostrazione che una singola mutazione somatica iniziale è sufficiente per sviluppare un anticorpo in grado di legare con alta affinità e, di conseguenza, neutralizzare molto efficacemente il virus influenzale, mentre le numerose ulteriori mutazioni introdotte successivamente sono risultate essenzialmente ridondanti.

Dallo studio pubblicato è emerso che la sintesi di questi anticorpi “rapidi” (in soggetti con meno di 40 anni) richiede un particolare assetto genico, ovvero un segmento di DNA (VH1-69), distribuito nella popolazione in due diverse varianti di cui solo una, rappresentata nella maggioranza delle persone, è in grado di dar luogo ad ampio spettro contro i virus influenzali. Lo studio è stato condotto in una coorte di ca. 350 dipendenti dell’Ospedale San Raffaele di Milano vaccinati contro il virus dell’influenza stagionale nelle stagioni autunnali 2006-2007 e 2009-2010. I volontari hanno donato un campione di sangue prima e dopo la vaccinazione. Su questi campioni, sono stati effettuati sia test serologici per la presenza di anticorpi anti-influenza nonché il test di discriminazione allelica del polimorfismo del gene VH1-69 in grado di determinare la produzione di anticorpi neutralizzanti ad alto spettro. La minoranza d’individui priva della “giusta” variante VH1-69 non è risultata, infatti, in grado di generare questi anticorpi.
Tuttavia, è importante specificare che anche individui di età superiore ai 40 anni privi della “giusta” variante VH1-69 (probabilmente in quanto più esposti a infezioni o vaccinazioni rispetto a persone più giovani) sono in grado di sviluppare questo tipo di anticorpi utilizzando altri segmenti di DNA con proprietà simili.

In conclusione, questo lavoro rappresenta un significativo passo avanti verso l’obiettivo di un “vaccino universale” contro l’influenza, sia quella stagionale, ma soprattutto quella pandemica.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

L’allenamento musicale migliora la lettura di testi scritti

spartito

Uno studio pubblicato su NeuroImage Reports mostra che i musicisti attivano il cervello in modo diverso dai non musicisti durante la lettura, con un coinvolgimento bilaterale del giro occipitale medio. L'educazione musicale sembra migliorare le abilità di lettura e potrebbe proteggere da disturbi come la dislessia.

Immagine Pixabay

I musicisti leggono usando il cervello in modo diverso dalle altre persone. È il risultato di un recente studio uscito su NeuroImage Reports firmato da Alice Mado Proverbio e di Elham Sanoubari dell’Università Milano-Bicocca. Una delle principali conclusioni è la notevole differenza nell'attivazione cerebrale tra musicisti e non musicisti nel giro occipitale medio (MOG) durante la lettura di testi.