fbpx Togli una pulce, conosci i tuoi simili | Scienza in rete

Togli una pulce, conosci i tuoi simili

Primary tabs

Read time: 4 mins

Si fa presto a dire “spulciarsi”: uno dei comportamenti apparentemente più rilassanti e – se osservato da un punto di vista squisitamente antropocentrico – spensierato è in realtà, per le comunità di primati, una chiave di volta nell’organizzazione sociale.

Da anni molti gruppi di ricerca in tutto il mondo studiano la vita e le relazioni delle colonie di primati, caratterizzate da complessi intrecci sociali, e la comprensione di tali dinamiche comportamentali si è recentemente arricchita di un nuovo tassello: è di poche settimane fa la notizia di una ricerca, coordinata da un gruppo italiano dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-CNR), che spiega come tali relazioni vengano assimilate dagli individui. La struttura sociale dei macachi (un genere di primati, appartenente alla famiglia dei cercopitechi, in cui confluiscono più di venti specie distribuite in Asia e Nord Africa) è infatti molto complessa, ed è ormai da anni assodato che i singoli individui riescano a comprendere a fondo le relazioni esistenti all’interno di una comunità.

Tale comprensione, che si articola prevalentemente su due cardini (la gerarchia di dominanza e le relazioni di parentela) è infatti un presupposto fondamentale per un corretto comportamento nei confronti dell’altro, esattamente come avviene per la nostra specie. Scopo dei ricercatori era dunque definire come ciò avvenga: hanno quindi studiato, su una popolazione di Macaca fuscata (i macachi giapponesi, detti anche macachi delle nevi per la loro distribuzione anche ad altitudini molto elevate e a temperature molto rigide) il fenomeno conosciuto come aggressione ridiretta.

La struttura sociale dei macachi giapponesi è molto complessa, e presenta per questi primati forti vantaggi nella lotta per la sopravvivenza.

Se un individuo subisce un’aggressione, hanno osservato i ricercatori, sfogherà la tensione accumulata aggredendo all’interno del gruppo un altro individuo, parente dell’aggressore originale. È quindi fondamentale che i macachi riconoscano le relazioni di parentela, onde evitare di “vendicarsi” sul macaco sbagliato. Il gruppo di ricerca ha analizzato un database di oltre 15.000 episodi di aggressione registrati in una comunità di macachi del Bioparco di Roma, giungendo alla conclusione che questi primati riescono ad identificare le parentele grazie all’analisi di tutte le interazioni amichevoli che osservano tra gli individui del gruppo: gli individui che si scambiano più frequentemente interazioni amichevoli sono “classificati” dal macaco come parenti. La corretta comprensione delle dinamiche sociali (quindi nell’identificazione dei parenti degli aggressori) si traduce in differenze significative nel numero di aggressioni ricevute, evidenziando così il vantaggio evolutivo di tale conoscenza sociale.

Osservare i comportamenti amichevoli all’interno della comunità permette ai giovani macachi di capire le relazioni sociali.

Uno di questi comportamenti amichevoli (che può però avvenire, nei primati, anche tra non consanguinei - elemento che in parte può indurre in inganno i macachi nell’attività di riconoscimento delle parentele) è, appunto, il cosiddetto grooming (lo spulciamento): questa attività ha molteplici vantaggi, sia nel breve che nel lungo periodo.
Il grooming è fondamentale, infatti, per mantenere alto il livello di igiene: grazie ad esso vengono rimossi polvere, insetti, parassiti, pelle morta, e così contribuisce in modo significativo a mantenere il pelo e la pelle dei macachi in condizioni ottimali.
Ma non è tutto: normalmente, all’interno di una comunità di macachi, vige la regola della reciprocità; in questo do ut des del mondo animale, al termine della pratica lo spulciato diventa spulciatore, e viceversa. In questo modo il grooming diventa un potente strumento di formazione di legami sociali che vadano al di là della consanguineità.

Lo spulciamento, che di solito avviene in modo reciproco, presenta diversi vantaggi nel breve e nel lungo periodo.

Addirittura, a volte, lo spulciamento viene utilizzato come “moneta di scambio” per risalire la scala sociale: come per molte altre specie, infatti, anche l’organizzazione sociale dei macachi giapponesi segue un ordine ben definito all’interno della comunità. In questo contesto è stato osservato che quando un macaco che si trova ai livelli più bassi della scala sociale spulcia un individuo dominante, in cambio generalmente riceve – oltre al grooming reciproco già citato – protezione e una maggiore inclusione nelle dinamiche sociali.

È stato infine dimostrato che tale pratica è un metodo molto efficiente per abbassare i livelli di stress: nel 2015 un gruppo di ricerca giapponese ha infatti studiato un gruppo di Macaca fuscata composto da 17 femmine che vivevano nella prefettura di Okayama. Dalla ricerca è emerso che i macachi, dopo il grooming effettuato nei confronti di macachi con cui erano in forte relazione sociale, mostravano un livello di stress (misurato attraverso il numero di volte in cui il macaco si grattava) significativamente inferiore rispetto a quando non lo facevano, o a quando lo facevano ad individui più “sconosciuti”.

Un macaco sfoga il suo alto livello di stress grattandosi.

Un indizio per capire le relazioni sociali, uno strumento per crearne di nuove, un modo per prevenire malattie e infezioni, per migliorare la propria posizione all’interno del gruppo o per abbassare lo stress: sono molte le funzioni cruciali che si nascondono dietro un gesto apparentemente banale, che ancora una volta ci ricorda quanto i primati condividano – a livello comportamentale, organizzativo, comunicativo, per certi versi anche psicologico – con l’essere umano.

Foto di Massimo Battista.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

L’allenamento musicale migliora la lettura di testi scritti

spartito

Uno studio pubblicato su NeuroImage Reports mostra che i musicisti attivano il cervello in modo diverso dai non musicisti durante la lettura, con un coinvolgimento bilaterale del giro occipitale medio. L'educazione musicale sembra migliorare le abilità di lettura e potrebbe proteggere da disturbi come la dislessia.

Immagine Pixabay

I musicisti leggono usando il cervello in modo diverso dalle altre persone. È il risultato di un recente studio uscito su NeuroImage Reports firmato da Alice Mado Proverbio e di Elham Sanoubari dell’Università Milano-Bicocca. Una delle principali conclusioni è la notevole differenza nell'attivazione cerebrale tra musicisti e non musicisti nel giro occipitale medio (MOG) durante la lettura di testi.