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La sugar tax fa bene alla salute e non danneggia l’occupazione

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La ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova sostiene che la tassa sulle bevande zuccherate ha effetti negativi sull’occupazione, soprattutto a suo dire nei settori agricolo e alimentare.

Questa affermazione è sbagliata. Infatti le esperienze dei Paesi in cui questa e altre tasse di scopo (sulla plastica, sul fumo, ecc.) sono state introdotte dimostrano che si è ottenuto il doppio effetto di migliorare la salute della popolazione e di aumentare l’occupazione.

Spiega Franco Sassi, direttore del Centre for Health Economics and Policy Innovation dell’Imperial College di Londra e fra le massime autorità in materia: «La questione dell’impatto delle tasse di scopo sull’occupazione è stata a lungo oggetto di dibattito tra gli economisti. Per tutte le tasse intese a limitare i consumi di prodotti dannosi per la salute la conclusione è chiara. Queste tasse non hanno un impatto negativo. Anche nei casi in cui si verifica una riduzione dell’occupazione nelle industrie che commercializzano i prodotti tassati, aumenti in altri settori, dovuti a spostamenti nei consumi, portano a un effetto netto positivo sull’occupazione, sempre restando nel settore agricolo e alimentare. Nel caso delle bevande zuccherate, un autorevole studio americano ha dimostrato già nel 2014 che non esiste un effetto negativo sull’occupazione».

In particolare studi recenti condotti negli Stati Uniti e in Messico hanno confutato chi resisteva all’introduzione della sugar tax invocando rischi occupazionali. In entrambi i casi «non vi sono stati impatti sull’occupazione, e quindi gli argomenti utilizzati contro la tassa hanno di fatto tentato di ingannare legislatori e gruppi di interesse», come si può leggere negli articoli citati (vedi sotto).

Continua Sassi: «Il legislatore ha in mano tutti gli strumenti necessari per favorire un impatto positivo sull’occupazione della sugar tax. Ad esempio, usare la tassa come incentivo per la riduzione dei livelli di zucchero nelle bevande, o incentivare l’industria a investire sulla promozione di bevande più salutari, possono attenuare se non annullare l’impatto sulle vendite, e quindi sull’occupazione, pur mantenendo l’effetto desiderato sulla salute», conclude Sassi.

Di seguito gli studi a disposizione


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