fbpx SARS-CoV-2: il mistero di un virus perfetto | Scienza in rete

SARS-CoV-2: il mistero di un virus perfetto

Primary tabs

Tempo di lettura: 9 mins

In pochi mesi abbiamo imparato moltissimo di SARS-CoV-2. Ma un punto rimane ignoto: la sua origine.
Crediti immagine: Miroslava Chrienova/Pixabay. Licenza: Pixabay License

Il virus alla base dell’attuale pandemia, il SARS-CoV-2, fino a pochi mesi fa un totale sconosciuto, ora lo è sempre meno, grazie al fatto che una consistente parte della ricerca mondiale, non solo biomedica, è stata orientata e reimpostata sul virus e sui temi a esso collegati. Nonostante ciò, vi è un aspetto che rimane sconosciuto e oscuro: l’origine del virus. Questo aspetto è di fondamentale importanza non solo dal punto di vista scientifico generale ma anche per le possibili ricadute sulla prevenzione e sui rapporti internazionali.

Il primo SARS-CoV-2 trovato nel paziente HU-1 di Wuhan, ai primi di dicembre 2019, nasce praticamente perfetto, dato che nei successivi mesi, nonostante nel corso della pandemia il virus si sia riprodotto per migliaia di miliardi di volte, è andato incontro a un numero relativamente ridotto di mutazioni significative (Zhan et al, 2020). Come si sa, il genoma del SARS-CoV-2 è costituito da un singolo filamento di RNA e le mutazioni più significative delle basi che lo costituiscono sono quelle che determinano la sostituzione di aminoacidi (mutazioni non-sinonime) e che quindi possono modificare la funzione del virus. Il virus, quindi, fin dal suo primo apparire noto nell’uomo e fino a oggi, è rimasto essenzialmente invariato.

Mutazioni ed evoluzione

Tra le mutazioni significative avvenute nel corso dell’attuale pandemia è una mutazione non-sinonima (D614G) della proteina Spike (Pacchetti et al, 2020), che aumenta l’affinità del virus per il legame con il recettore ACE e quindi la sua infettività, ma non la letalità (Korber et al, 2020). In accordo con questo guadagno funzionale, il virus portatore di questa mutazione, apparsa in Europa già prima di marzo 2020 , ha progressivamente rimpiazzato il ceppo originario, diventando, a partire dalla fine di marzo 2020, esclusiva in Italia, Francia, Germania, New York e persino a Taiwan, e prevalente a livello globale (Korber et al, 2020).

La particolarità del SARS-CoV-2 di essere nato apparentemente già in versione evoluta contrasta con l’origine e l’evoluzione di un altro coronavirus appartenente alla stessa famiglia, il SARS-CoV, l’agente dell’epidemia che negli anni 2002-2004, in due ondate successive, colpì la Cina ma non si diffuse significativamente al resto del mondo (Zhan et al, 2020). Come si sa, i due virus hanno un’omologia genomica del 79% e condividono il recettore, ACE2, con cui si legano alle cellule umane.

Al contrario del SARS-CoV-2, il SARS-CoV non è nato perfetto ma ha migliorato la sua capacità di infettare attraverso una significativa serie di mutazioni che si sono verificate nei primi mesi dell’epidemia, attraverso il passaggio da uomo a uomo (Zhan et al, 2020). A questo primo periodo di intensa mutagenicità e di selezione di varietà più contagiose è seguito un periodo di bassa mutagenicità, segno che il virus aveva raggiunto un adattamento sufficiente ad assicurargli una conservazione attraverso il passaggio nell’uomo. Tutto, si direbbe, in accordo con il principio darwiniano della selezione naturale per adattamento all’ambiente che, nel caso del virus, è l’ospite, cioè l’essere umano. Una storia evolutiva, questa del SARS-Cov, perfettamente in linea con l’idea che i primi reperti del virus ritrovati nell’uomo corrispondessero a un virus da poco entrato in contatto con la nostra specie.

Differenze con la prima SARS

Ovviamente ci si chiede dove e quando il SARS-CoV-2 abbia subito quell’evoluzione che lo ha reso così adatto all'essere umano da non richiedere un miglioramento attraverso una serie di mutazioni che ne aumentassero la contagiosità. In effetti, il SARS-CoV-2 come noi lo conosciamo, fin dal suo apparire, si presenta come una specie virale matura e molto più perfezionata, ai fini della sua conservazione, rispetto al SARS-CoV. Infatti il nuovo virus è in grado di infettare, al contrario del SARS-CoV, anche le prime vie respiratorie, facilitando così l’emissione del virus all’esterno. Inoltre il SARS-CoV-2 ha un’affinità per il suo recettore nell’ospite, ACE2, dalle 10 alle 20 volte superiore a quella del SARS-CoV. Queste due caratteristiche rendono il SARS-CoV-2 molto più contagioso del SARS-CoV.

Inoltre, il SARS-CoV-2, probabilmente attraverso una serie di mutazioni negative, avvenute a un certo punto della sua evoluzione ma comunque non nel corso della pandemia, ha una letalità inferiore rispetto al SARS-CoV. È evidente che una letalità ridotta e una contagiosità elevata sono caratteristiche che favoriscono la conservazione del SARS-CoV-2, al contrario del SARS-CoV che invece, essendo relativamente poco contagioso e molto letale, è andato facilmente incontro all'estinzione.

Un secondo, fondamentale aspetto dell’origine dei betacoronavirus umani è la derivazione da progenitori provenienti da un ospite prossimale. Così, il SARS-CoV è stato trasmesso all’uomo dallo zibetto delle palme, un piccolo mammifero che viene allevato perchè si ciba delle bacche delle palme, che una volta defecate hanno un aroma che ricorda il caffè e per questo sono utilizzate come infuso. Lo zibetto, a sua volta, è probabilmente l’ospite intermedio del SARS-CoV tra il pipistrello e l’essere umano. Questa sequenza di trasferimento dal pipistrello allo zibetto e quindi all’uomo è in accordo con il fatto che a essa corrisponde un progressivo aumento dell’omologia genomica del virus relativo a ciascuno di questi ospiti. Così l’omologia del coronavirus del pipistrello con il SARS-Cov umano è del 96% (Zhou et al, 2020) mentre quello dello zibetto è del 99%. Da questo si deduce che lo spillover, il trasferimento del CoV dallo zibetto all’uomo, è stato reso possibile dal fatto che il coronavirus dello zibetto era facilmente adattabile all’uomo anche se non ancora nella versione definitiva, che sarebbe stata raggiunta solo in seguito a una serie di mutazioni intervenute nella prima fase del trasferimento lla nostra specie.

Sorgenti animali del virus

Per quanto riguarda SARS-CoV-2, l’ospite dal quale sarebbe avvenuto il trasferimento all'essere umano è ignoto. Sebbene l’omologia del genoma del CoV di pipistrello con il SARS-Cov2 sia del 96%, notevolmente più elevata rispetto a quella del SARS-CoV (79%), studi che utilizzano come indice di divergenza evolutiva un parametro neutro, cioè non sottoposto a selezione evolutiva, come le differenze in basi che codificano per lo stesso aminoacido (sinonime), indicano che la divergenza tra il SARS-Cov-2 e il virus del pipistrello è 14 volte più ampia di quella tra l’uomo e lo scimpanzè e il doppio di quella tra l’uomo e il macaco (Tang et al, 2020). Questa ampia divergenza evolutiva esclude il pipistrello come ospite prossimale del virus. Il pipistrello rimane comunque il maggiore indiziato come sorgente primaria del virus. Inizialmente, il pangolino, un piccolo formichiere squamoso, è stato indicato come ospite intermedio del SARS-CoV-2 tra pipistrello e uomo, ma questa ipotesi è stata in seguito scartata, in quanto l’omologia genomica tra il virus del pangolino e quello umano è inferiore (84%) a quella del pipistrello e la divergenza sinonima paragonabile a quella tra l’uomo e il topo (Tang et al, 2020).

Non arriva necessariamente dal wet market

In realtà, per quanto riguarda l’origine del SARS-CoV-2 esistono molte incongruenze che hanno gettato un’aura di mistero e di sospetto sull’origine del virus. Una notizia della prima ora, accreditata dallo stesso governo cinese, aveva indicato nel wet market di Wuhan e nella macellazione in loco di animali selvatici che albergano il virus il meccanismo del trasferimento all’uomo. Questa possibilità, tuttavia, è in contrasto con il fatto che tutti i reperti ambientali, cioè non prelevati dall’uomo, provenienti dal mercato di Wuhan hanno un’omologia con il virus isolato nell’uomo del 99,9%, sono cioè identici al virus come lo si è ritrovato nei pazienti e quindi in uno stadio ormai evoluto (Zhan et al, 2020). Bisogna però considerare che questi reperti sono stati ottenuti dopo la chiusura del mercato di Wuhan, non prima, e quindi sono poco significativi al fine di ricostruire la progenie del virus.

D’altra parte, nonostante l’enfasi sul mercato di Wuhan come sede dello spillover, il primo virus raccolto e caratterizzato come SARS-CoV-2 proviene da un soggetto che non lavorava nè frequentava il mercato di Wuhan.

Infine, studi di epidemiologia genomica hanno localizzato nel sud della Cina, piuttosto che a Wuhan e nella provincia di Hubei, il primo caso di infezione da SARS-CoV-2 (Forster et al, 2020).

Tre ipotesi sull'origine del virus

A questo punto, tre sono le ipotesi che si possono prendere in considerazione: secondo la prima ipotesi, il SARS-CoV-2, analogamente al SARS-CoV, si sarebbe naturalmente evoluto in un ospite intermedio tra il pipistrello e l’essere umano, andando incontro, nell’ospite, a quelle mutazioni adattative che lo hanno reso praticamente maturo per infettare l’uomo. Questo giustificherebbe l’assenza di quella serie iniziale di mutazioni adattative che invece si osservano nel SARS-CoV. Questa ipotesi è debole perchè è inverosimile che una specie non umana possa fornire un ambiente così simile a quello umano da fornire la stessa pressione selettiva di un ospite umano, consentendo l’omissione di una iniziale serie di mutazioni adattative conseguenti al passaggio nel nuovo ospite, l’uomo.

Queste considerazioni portano infatti alla seconda ipotesi, e cioè che il virus si sia evoluto infettando indisturbato l’uomo per circa tre mesi, il tempo necessario per effettuare una serie di mutazioni, alcune positive, altre negative e quindi risultanti in un aumento dell’infettività e, rispettivamente, in una riduzione della letalità. In questo modo il virus avrebbe raggiunto la fase evoluta, che è quella che conosciamo. Il punto debole di questa ipotesi è che non esiste traccia ufficiale di questa fase nei resoconti cinesi, a meno di pensare che sia avvenuta ma sia stata coperta e che il virus sia stato rivelato quando ormai l’iniziale processo evolutivo era già terminato.

Esiste però una terza ipotesi, che è sicuramente la più intrigante ma anche la più speculativa, secondo la quale il virus sia originato in un centro di ricerca. Come si sa, molti ricercatori occidentali hanno escluso con forza la possibilità che il virus sia stato costruito in silico utilizzando metodi di biologia molecolare. Ciò però non esclude che il virus sia stato ottenuto in laboratorio utilizzando gli stessi metodi utilizzati in natura, trasferendolo dal pipistrello in un ospite intermedio il più possibile vicino all’uomo, per esempio un primate ed eventualmente un primate antropomorfo, nel quale il virus ha subito mutazioni che lo hanno reso abbastanza evoluto da richiedere ancora solo poche ulteriori mutazioni per le quali potrebbero essere stati sufficienti un paio di mesi, durante i quali il virus potrebbe aver circolato nell’uomo rimanendo misconosciuto o comunque non segnalato al servizio sanitario nazionale e all’OMS.

Allo stato attuale non esiste alcuna prova di questa terza possibilità, che rimane altamente speculativa e ai limiti della fantascienza. Ma purtroppo questa pandemia ci ha insegnato che è possibile anche ciò che sembra impossibile. Infatti, a gennaio di quest’anno nessuno avrebbe mai immaginato che l’epidemia segnalata in Cina a dicembre sarebbe esplosa in Italia dopo qualche mese.

 

Bibliografia
Korber B, Fischer WM, Gnanakaran S, Yoon H, Theiler J, Abfalterer W, Foley B, Giorgi EE et al. Spike mutation pipeline reveals the emergence of a more transmissible form of SARS-CoV-2 (2020) bioRxiv, https://doi.org/10.1101/2020.04.29.069054
Pachetti M, Marini B, Benedetti F, Giudici F, Mauro E, Storici P, Masciovecchio C, Angeletti S, Ciccozzi M, Gallo RC et al. Emerging SARS-CoV-2 mutation hot spots include a novel RNA-dependent-RNA polymerase variant. (2020) J. Translat. Med. 18, 179 
Tang X, Wu C, Li X, Song Y, Yao X, Wu X, Duan Y, Zhang H, Wang Y , Qian Z , Cui J and Lu J. On the origin and continuing evolution of SARS-CoV-2, (2020) Nation. Sci. Revhttps://doi.org/10.1093/nsr/nwaa036
Zhan SH, Deverman BE, Chan YA SARS-CoV-2 is well adapted for humans. What does this mean for re-emergence? (2020) bioRxiv, https://doi.org/10.1101/2020.04.29.069054
Zhang T, Wu Q, Zhang Z. Probable Pangolin Origin of SARS-CoV-2 Associated with the COVID-19 Outbreak. (2020) Current Biology 30, 1346 https://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2020.03.022
Zhou P, Yang X-L, Wang X-G, Hu B, Zhang L, Zhang W et al. A pneumonia outbreak associated with a new coronavirus of probable bat origin. (2020) Nature. 579, 270

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Superdiffusore: il Lancet ricostruisce la storia di una parola che ha avuto molti significati

Un cerchio tutto formato di capocchie di spillo bianche con al centro un disco tutto formato da capocchie di spillo rosse

“Superdiffusore”. Un termine che in seguito all’epidemia di Covid abbiamo imparato a conoscere tutti. Ma da dove nasce e che cosa significa esattamente? La risposta è meno facile di quello che potrebbe sembrare. Una Historical review pubblicata sul Lancet nell’ottobre scorso ha ripercorso l’articolata storia del termine super diffusore (super spreader), esaminando i diversi contesti in cui si è affermato nella comunicazione su argomenti medici e riflettendo sulla sua natura e sul suo significato. Crediti immagine: DALL-E by ChatGPT 

L’autorevole vocabolario Treccani definisca il termine superdiffusore in maniera univoca: “in caso di epidemia, persona che trasmette il virus a un numero più alto di individui rispetto alle altre”. Un recente articolo del Lancet elenca almeno quattro significati del termine, ormai familiare anche tra il grande pubblico: