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In ricordo di Nanni Bignami

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Sembra difficile anche solo immaginarlo, ma Giovanni (Nanni) Bignami ci ha lasciato. Da Madrid. Sembra impossibile perché se c’era un uomo vitale e, quindi, lontano dalla morte, con un’energia e una volontà incontenibili, con capacità notevoli, talvolta straordinarie, in molti campi – dall’astrofisica alla organizzazione della scienza, dalla comunicazione alla politica della scienza, beh questo era lui, Nanni.

Ce ne ha dato dimostrazione già quando scoprì la prima stella a neutroni che non produceva (sembrava non produrre) onde radio e la chiamò GEMINGA, che in milanese significa “non c’è mica”. Geniale.

Ma poi questa creatività, questa passione esplosiva questa iperattività l’ha proposta in ogni campo, imponendosi come uno degli astrofisici italiani più noti al mondo. Basta scorrere il suo curriculum sul suo sito (www.giovannibignami.it) per averne un’idea. Per ricordarlo, pubblichiamo un’intervista che ci ha concesso non molto tempo fa. Partiamo da Calvino. Ma Nanni ha lo sguardo rivolto al futuro. Come solo i creativi pragmatici e i visionari con i piedi per terra e gli occhi al cielo, sanno fare.

È il Nanni, ironico ma serissimo, che non dimenticheremo.

Certo, approfitta dell’aiuto di un vero esperto, Qfwfq, l’alieno inventato da Italo Calvino per indagare il cosmo con la sua carica di magico realismo. Certo, utilizza come orologio un “astro narrante”: la cometa di Halley. Ma pochi saprebbero accompagnarci nei futuri possibili con la stessa leggerezza, la stessa ironia, lo stesso ottimismo della ragione e della volontà che Giovanni Fabrizio Bignami, astrofisico, Accademico dei Lincei e membro di innumerevoli altre istituzioni scientifiche, già presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, mette in mostra con l’attitudine del gran divulgatore nel suo libro, Cosa resta da scoprire.

Bignami, quello che lei ci propone è un viaggio nel tempo. La progressione e, diciamolo pure, il progresso nel cammino dell’umanità cadenzato da un “eterno ritorno” quello della cometa di Halley. Perché?

Perché la cometa di Halley è un buon metronomo dell’evoluzione tecnologica dell’umanità. Per millenni la gente l’ha vista passare ogni 76 anni e per millenni è l’unica interazione è stata un “Oh” di ammirazione. Poi Giotto l’ha dipinta, nel 1301. Nel 1910, invece, per la prima volta è stata fotografata: e abbiamo così avuto la sua immagine oggettiva. Ancora un giro e nel 1986 un sonda spaziale, Giotto, le arriva così vicino – a meno di 600 chilometri di distanza dal nucleo – da poterla scrutare nel suo intimo. Tutto questo ci fornisce un esempio di accelerazione del progresso scientifico e tecnologico. È quindi logico chiedersi in che mondo vivremo al prossimo giro, nel 2062, quando Halley apparirà di nuovo alla nostra vista.

Halley è l’orologio. Ma poi chiama in causa un alieno, il signor Qfwfq di Calvino, per farsi spiegare in che mondo vivremo nel 2062. Perché?

Ogni previsione è un gioco. È fatta per essere smentita. La storia dimostra che la nostra capacità di prevedere l’innovazione anche solo da qui a qualche anno è davvero limitata. Chi aveva previsto il successo incredibile dei telefoni cellulari, che hanno modificato la nostra esistenza? La previsione può essere però un gioco serio, perché indirizza oggi la nostra ricerca per il futuro. Eisenhower diceva che i piani di battaglia sono inutili, perché poi sul campo tutto va diversamente, ma la pianificazione è essenziale: perché ci si esercita a capire come potrebbero andare le cose. Anche nella scienza prevedere è un esercizio fondamentale. Io l’ho trovato un gioco molto stimolante e istruttivo: ho capito, per esempio, che tutti i problemi di punta sono collegati. Ecco perché nel libro pago volentieri un pegno a Italo Calvino e mi lascio guidare dal realismo magico del signor Qfwfq.

Nel suo libro ci sono due impliciti. Uno che c’è ancora molto da scoprire. L’altro è che molto di quello che c’è da scoprire sarà scoperto. Non appartiene alla scuola di pensiero di Lord Kelvin e di Stephen Hawking, che il primo alla fine del XIX secolo e il secondo in questi nostri anni, hanno sostenuto che, almeno in fisica, ormai tutto era stato scoperto e nulla c’era più da scoprire.

Beh, Lord Kelvin è stato clamorosamente smentito poco dopo le sue affermazioni addirittura da due rivoluzioni, quella della relatività e quella della fisica quantistica. Penso che anche Stephen Hawking sarà smentito di qui a qualche anno.

E infatti lei elenca almeno dieci novità sia culturali, perché cambieranno la visione di noi stessi e dell’universo, sia tecnologiche, che cambieranno la nostra vita. Se dovesse indicare le due più importanti, una di scienza fondamentale ciascuna delle due categorie, quali sceglierebbe?

Difficile rispondere. Per quanto riguarda la scienza direi senz’altro l’origine della vita. Una scoperta che a mio avviso sarà legata indissolubilmente alla scoperta della vita extraterrestri. Vede, finora non capiamo l’origine della vita, non sappiamo descriverla, perché ne abbiamo solo un esempio: il nostro, la vita sulla Terra. Se scoprissimo sulla Terra la vita 2.0, come si chiama: un’altra forma di vita con una biochimica diversa su un altro pianeta del sistema solare, sarebbe più facile capire l’origine di questa peculiare organizzazione della materia. Dal punto di vista della tecnologia è più difficile rispondere. Direi la dimostrazione dell’ipotesi di Riemann e dunque la scoperta della legge che consente di capire come si generano i numeri primi. Anticipo la sua obiezione: la soluzione del problema di Riemann sarebbe una scoperta fondamentale che più fondamentale non si può. Ma la matematica è il ferro del mestiere dello scienziato. E infatti anche la soluzione del problema di Riemann avrebbe ricadute applicative formidabili, persino sul bancomat che portiamo nel portafoglio. Costringerebbe a rivedere il modo di organizzare la trasmissione di informazione in codice.

Nel suo libro lei fa riferimento a un’invenzione in grado di assicurarci l’immortalità: la possibilità di “scaricare” in una pennetta USB tutta l’informazione contenuta nel nostro cervello – comprese la memoria o le emozioni – in una pennetta USB, proprio come si fa con il file di un computer. Non sarebbe questa una novità davvero clamorosa?

Questo è un evento al quale, secondo me, siamo molto vicini, ora stiamo capendo sempre meglio il funzionamento del cervello. Non abbiamo dubbi che ci sia una questione di segnali elettrici. Noi siamo piuttosto bravi a gestire i segnali elettrici. Quindi penso proprio che la possibilità di scaricare il contenuto del nostro cervello su un chip o portarci una chiavetta USB che si aggancia dietro l’orecchio e contiene una montagna di informazioni che si trasmettono al cervello sia più vicina di quanto si pensi.

Nel 2062, quando ritornerà Halley, certamente il mondo sarà stato ridisegnato dalla produzione di nuova conoscenza e nuova tecnologia. Ma lei è certo che sarà un mondo migliore. Che la conoscenza si trasformerà in progresso?

Sì, sono ottimista anche su questo. Intanto perché ognuno di noi ha un’idea precisa di cosa significa migliore qualità della vita: salute, durata della vita, durata della vita attiva, grado di istruzione. Sono tutte cose che sono aumentate negli ultimi decenni e continueranno ad aumentare in futuro. Penso che l’aumento dell’istruzione e la produzione di nuova conoscenza siano gli antidoti migliori contro le pulsioni negative che animano anche oggi la nostra società.


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