Antonella Bena raccoglie e analizza alcuni degli aspetti più importanti da considerare per avere un efficace coinvolgimento delle comunità nella fase 2, una delle condizioni individuate come fondamentali dall'OMS.
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Tra le condizioni necessarie per sostenere la fase 2, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) individua il pieno coinvolgimento delle comunità. Le persone dovrebbero comprendere cosa significa passare dal rilevamento e trattamento dei casi gravi al rilevamento e isolamento di tutti i casi. La fase 2 rappresenta una “nuova normalità” nella quale le misure di prevenzione devono essere mantenute e tutti gli individui della comunità hanno un ruolo importante nel realizzarne e facilitarne l’attuazione. L’OMS raccomanda non solo di informare i cittadini ma di interpellarli regolarmente ogni volta che le misure per il controllo dell’epidemia sono implementate o revocate.
Molte delle misure cardine per proteggere cittadini e lavoratori dall’infezione sono basate sul cambiamento di comportamenti. Lavare le mani, indossare mascherine e guanti (in certi contesti), mantenere la distanza fisica, evitare assembramenti, adottare correttamente i dispositivi di protezione quando si lavora sono tutte forme di comportamento umano. Ma cambiare il comportamento delle persone non è facile: le strategie messe in campo non possono limitarsi a informare sui rischi, minacciare sanzioni e controllare quello che succede. Ne sono la prova queste prime settimane di post-lockdown, in cui le cronache registrano assembramenti senza mascherine in bar, piazze, spiagge. Eppure i media non fanno che ripetere che se non si rispettano le regole l’epidemia riprenderà nuovo vigore e saremo costretti a chiuderci nuovamente in casa.
Affrontare il problema della health literacy e del bias informativo
Affinché le informazioni siano utili non devono solo essere disponibili, ma anche comprese, accettate e applicate. A maggior ragione se si considera che l’infodemia presente crea confusione e favorisce la circolazione di notizie false. Ma oltre un terzo della popolazione mondiale ha difficoltà a trovare, comprendere, valutare e utilizzare le informazioni necessarie per gestire la propria salute (Sorensen et al, 2015). La risposta alla pandemia inoltre dovrebbe essere guardata attraverso le lenti dell’equità, ponendo attenzione ai gruppi più vulnerabili (anziani, migranti, carcerati, persone con disabilità). Su The Conversation, un gruppo di ricercatori fornisce alcune raccomandazioni per tenere conto dell'alfabetizzazione sanitaria quando si comunica su SARS-CoV-2:
- fornire informazioni in modo comprensibile, riconoscendo che le persone e i gruppi con scarsa conoscenza della salute potrebbero aver bisogno di maggiori spiegazioni e di diversi formati di comunicazione (per esempio video e animazioni) che spieghino il virus, la malattia, la sua trasmissione e le misure protettive
- spiegare la situazione in modo trasparente e chiarire ripetutamente gli obiettivi prioritari, per preparare le persone al fatto che gli interventi e le raccomandazioni potrebbero cambiare quando arrivano nuove prove e gli scenari devono essere adattati
- comunicare nuove prove e informazioni senza temere di correggere messaggi e dichiarazioni precedenti, se necessario
- evitare di incolpare rafforzando, invece, la responsabilità ben informata degli individui e mostrando solidarietà con i gruppi di popolazione più vulnerabili
Favorire il cambiamento a livello individuale
I modelli teorici sul cambiamento del comportamento ci insegnano che le persone agiranno dopo aver ricevuto raccomandazioni sulla salute solo se (Van den Broucke, 2020):
- ritengono di essere personalmente suscettibili allo sviluppo della condizione;
- percepiscono la condizione come grave;
- percepiscono l'azione preventiva come efficace;
- pensano di essere in grado di eseguire l'azione preventiva
Nel caso di COVID-19, queste condizioni non sono sempre soddisfatte. Le persone potrebbero non considerarsi a rischio (per esempio se non sono state in contatto con altre persone che sono state contaminate), potrebbero sottovalutare la gravità della condizione (per esempio quando viene loro detto che la maggior parte dei decessi sono persone anziane o persone con morbilità preesistente ) o potrebbero non considerarsi in grado di eseguire i comportamenti preventivi.
Ci sono molte strategie per aiutare le persone a cambiare comportamento. Un gruppo di ricercatori fornisce sul blog BMJ Opinion alcune raccomandazioni, concentrandosi su quelle che migliorano la motivazione o le capacità:
- motivare le persone ad adottare un comportamento preventivo presentando loro una logica chiara, preferibilmente sotto forma di un modello mentale del processo di trasmissione
- creare norme sociali che incoraggino il comportamento preventivo, attraverso campagne mirate all'identità personale delle persone e facendo sì che le persone si scambino feedback
- creare il giusto livello e tipo di emozione associando avvertenze sulla salute a consigli concreti per un'azione protettiva
- dare consigli su come i comportamenti a rischio possono essere sostituiti da comportamenti più efficaci, piuttosto che chiedere semplicemente di fermarli
- semplificare il comportamento, ad esempio costruendolo con routine già esistenti o usando delle sollecitazioni
Rendere protagonisti cittadini e comunità
Durante la gestione di precedenti epidemie, per esempio durante la recente epidemia di Ebola in Africa occidentale (Laverack, 2017), è stato evidenziato che l’attivazione di cittadini e comunità è cruciale perché contribuisce a mitigare l’impatto sociale ed economico di alcuni provvedimenti. I governi in molti casi preferiscono viceversa approcci preconfezionati top-down, preoccupati dalla sostenibilità e dalla complessità degli approcci partecipativi.
Un’analisi condotta con l’ECDC su quanto accaduto in quattro paesi europei (Spagna, Olanda, Irlanda, Islanda), ha tuttavia dimostrato la fattibilità e l’importanza di identificare sinergie tra il processo decisionale istituzionale e gli attori e le reti presenti nelle diverse comunità prima, durante e dopo una risposta di salute pubblica a una data emergenza epidemica (Vries et al, 2020). In molti paesi, Italia compresa, la mobilitazione di volontari durante questa pandemia da parte di organizzazioni non governative, università e organizzazioni della comunità ha garantito l’indispensabile supporto per, ad esempio, consegnare beni essenziali, distribuire le mascherine, prendersi cura delle persone vulnerabili.
Durante il lockdown è venuto a mancare l’usuale sostegno sociale delle reti famigliari e amicali, quindi le persone si sono spontaneamente aiutate le une con le altre a livello di condominio, quartiere o città. Questa forma di altruismo non è avvenuta ovunque: alcune località si sono organizzate meglio rispetto ad altre. La programmazione in anticipo e il sostegno alle organizzazioni della comunità e alle reti di volontariato da parte delle istituzioni è una buona pratica che permetterebbe un supporto più sistematico ed equo a tutte le persone, specialmente a quelle più vulnerabili.
Non c’è un unico modello: ogni paese deve sviluppare il proprio approccio tenendo conto dei punti di forza e delle criticità del proprio contesto socio-culturale, politico, economico, infrastrutturale e storico. Alcuni contesti, per esempio, possono tollerare blocchi di lungo periodo mentre altri si opporranno, specialmente se la vita diventa sempre più difficile. Sostenere le comunità locali, partendo dai loro punti di forza e dalle capacità esistenti, conducendo uno sforzo comunitario proattivo che porti molti stakeholder locali al tavolo, è un modo per trovare nuove forme di sviluppo (cambiamenti dell'ambiente fisico, della struttura organizzativa, dell'amministrazione e persino della gestione) e rafforzare la resilienza.
La promozione della salute può svolgere un ruolo importante
Tra le competenze della promozione della salute vi sono quelle utili per sostenere individui, organizzazioni e comunità ad aumentare il controllo sui determinanti della salute. Vi sono le strategie da usare per sostenere le persone al cambiamento ma anche quelle per sostenere le comunità al fine di ridurre la resistenza alle regole imposte dai governi e mantenere le misure di prevenzione.
La Carta di Ottawa sottolinea l'importanza di lavorare con le comunità, sostenendole nella valutazione dei bisogni, nella definizione delle priorità, nella pianificazione congiunta, nello sviluppo delle capacità, nel rafforzamento dei partenariati locali, nel lavoro intersettoriale, nel miglioramento della partecipazione pubblica e del sostegno sociale (Nutbeam, 1998). Tutte queste attività mirano a creare comunità forti, in cui individui e organizzazioni applicano le loro capacità e risorse negli sforzi collettivi per affrontare le priorità di salute e soddisfare i rispettivi bisogni. La promozione della salute può quindi contribuire a mantenere bassi i livelli di diffusione del virus, attraverso l’attivazione di azioni che conosce bene perché rappresentano il cuore delle sue competenze.
La promozione della salute può svolgere un ruolo importante anche nel periodo post-epidemia supportando le attività per affrontare lo stigma, lavorare con i sopravvissuti, fornire supporto sociale a famiglie e comunità, promuovere l’uso di servizi tra cui le vaccinazioni e il counselling. In questi mesi in cui la crisi è stata più forte tutte le risorse disponibili sono state riorientate per contrastare l’epidemia. Anche i promotori della salute sono stati coinvolti nelle attività territoriali e in molti casi i programmi di prevenzione sono stati sospesi. È tuttavia urgente che tutte le attività già in essere di promozione di stili di vita salutari (corretta alimentazione, adeguati livelli di attività fisica, prevenzione del consumo di alcool e fumo di sigaretta eccetera), le vaccinazioni, i programmi di screening, i programmi con le scuole, i programmi dedicati ad affrontare lo stress, la salute mentale e la violenza domestica vengano riprese e potenziate seguendo il sistema a doppio binario raccomandato dall’OMS-Europa.
C’è infatti il rischio reale che la morbilità e la mortalità dovute a problemi di salute non legati alla pandemia aumentino significativamente. Il potenziamento dei servizi territoriali, necessario per affrontare l’epidemia nella cosiddetta fase 2, dovrebbe comprendere anche professionisti esperti in promozione della salute. La promozione della salute non è un utile esercizio che i paesi ricchi si possono permettere in tempi “normali” ma uno strumento importante per sostenere individui, comunità e società ad affrontare un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Il prossimo piano nazionale della prevenzione, in procinto di essere varato, dovrebbe sostenere fortemente questa prospettiva inserendola in modo strutturale nella programmazione delle regioni.
Bibliografia
WHO - COVID-19 strategy update - 14 April 2020
Laverack G. The Role of Health Promotion in Disease Outbreaks and Health Emergencies. Societies 2017, 7, 2
Vries DH et al. Methodology for assessment of public health emergency preparedness and response synergies between institutional authorities and communities. BMC Health Services Research (2020) 20: 411
Sørensen K, Pelikan JM, Ro¨thlin F, Ganahl K, Slonska Z, Doyle G et al. Health literacy in Europe: comparative results of the European health literacy survey (HLS-EU). European Journal of Public Health (2015), 25, 1053–1058.
Nutbeam D. Health promotion glossary. Health Promotion International (1998), 13, 349–364
Strengthening and adjusting public health measures throughout the COVID-19 transition phases. Policy considerations for the WHO European Region. EU-WHO 24 aprile 2020, euro.who.int.
Van den Broucke S. Why health promotion matters to the COVID-19 pandemic, and vice versa. Health Promot Int. 2020 Apr 16. Smith JA, Judd J. COVID-19: Vulnerability and the power of privilege in a pandemic. Health Promot J Austr. (2020) (2):158-160.