Anche la scienza, come
ogni fatto umano, è suscettibile d’errore, e anche tra gli scienziati c’è ogni
tanto qualcuno che imbroglia. Questi due fatti, ovvero che la scienza non sia
perfetta, vengono talvolta usati dagli antiscientisti per diffondere sfiducia
nella scienza, o relativizzarla sino a renderla uguale a qualsiasi altra
esperienza umana, come la letteratura o la sociologia, cui è lecito tendere
orecchio come una delle voci del coro, ma niente più.
Eppure la storia ci dimostra tutt’altro, suggerendoci che la scienza è
quell’insieme di saperi che prima e meglio di qualsiasi altro ha sviluppato
strumenti per ridurre al minimo grado errori e imbrogli, dotandosi di una
rigorosa etica dell’oggettività e del rispetto del dato empirico, senza per questo
rinunciare a speculazioni talvolta persino filosofiche, ma sempre partendo dai (e
tornando ai) dati di realtà.
Nella sua importante storia, la più antica società scientifica del mondo,
l’Accademia dei Licei, ha deciso di dedicare un’importante convegno all’analisi
del lato oscuro della scienza, dimostrando sin dal titolo —"Etica della
Ricerca Scientifica - I principi, i problemi, le soluzioni e le incertezze”— come
essa vigili costantemente sul proprio operato, sviluppando sistematicamente
contromisure a ogni errore o frode.
Il convegno prende avvio dai principi
generali, dando la parola allo storico della medicina Gilberto Cobellini che delinea un percorso storico per mostrare che
“parte dei valori delle Costituzioni alle democrazie occidentali si ispirarono
ai valori della scienza e all’etica della ricerca contenuti nei regolamenti
delle prime società scientifiche europee, quali per esempio l’Accademia dei
Lincei o la Royal Society”. Valori ed etica che necessitano di una corretta
divulgazione scientifica, ricorda nel suo intervento il fisico Andrea Frova, ma anche di una solida
giurisprudenza, tale però “da non giungere —come segnala nel suo intervento
Giovanni Maria Flick, già Presidente della Corte Costituzionale— a paralizzare
la ricerca, perché se non ci fosse la possibilità dell’errore non ci sarebbe
nemmeno la ricerca”.
Frodi ed errori: il Lato Oscuro della Scienza
Il Linceo e biochimico Ernesto Carafoli
apre la seconda sezione su “Le aberrazioni della condotta scientifica”
spiegando le differenze tra gli errori scientifici, sempre possibili e
generalmente ritrattati, e le frodi, intenzionali, sistematiche e occultate
“che oggi sono quantitativamente aumentate”.
Frodi che Cinzia Caporale, direttrice
dell'Istituto per le tecnologie biomediche del CNR, nel suo intervento
sistematizza in diverse tipologie e che Gerry
Melino, un esperto di fama internazionale sui meccanismi di morte cellulare
e che nel 1994 ha fondato e tuttora dirige il giornale “Cell Death and
Differentiation” —del gruppo editoria Nature— considerato il più rilevante
successo editoriale scientifico italiano, declina nelle regole che ogni rivista
scientifica deve adottare per “arginare frodi, plagi o manipolazioni di dati”.
La
terza e ultima sessione, sulle “Autocorrezioni della scienza”, è introdotta da un’autorevole
voce della rivista Nature, Alison Abbott. La scienza, si diceva in principio, è
stata la prima a capire, misurare e ridurre gli errori del pensiero umano, inventando
procedure come il doppio cieco, il gruppo di controllo, la peer-review e molto altro. Solo oggi però si è capito che questi
meccanismi sono sufficienti solo se ci sono buone intenzioni da parte degli
scienziati. Recentemente, anche con l’arrivo di Paesi un tempo esclusi
dall’arena scientifica, sono invece emersi diversi casi di scientific misconduct, vere e proprie frodi che alterando
positivamente i dati tentano di ottenere maggiori fondi di ricerca, specie
riguardo alla falsificazione delle immagini nei paper biomedici.
Un tema
affrontato dal fondatore della società Biodigitalvalley Enrico Bucci,
menzionato in un recente articolo di Nature
come l’inventore di un programma destinato alle le riviste scientifiche in
grado di smascherare le false immagini e di raggruppare gli autori di falsi in
“cluster”, ovvero famiglie, o meglio ‘bande’, che tendono a collaborare perché
avvezze alla falsificazione. Un atteggiamento, è l’oggetto dell’intervento del
celebre patologo Paolo Bianco —noto ai
non specialisti per essersi coraggiosamente esposto in TV contro la frode
Stamina—, che si sta diffondendo nel mondo della scienza in modo epidemico e
che può quindi essere come una malattia eradicato grazie a un sano sistema
immunitario istituzionale e alla profilassi della comunità scientifica. Di
soluzioni e modelli anglosassoni e continentali per le linee guida parla, a
conclusione del convegno, Giacinto Della
Cananea, ordinario di diritto amministrativo nell'Università degli studi di
Roma Tor Vergata, che sottolinea “i possibili rischi di una
autoregolamentazione del mondo della ricerca”, suggerendo modelli
“burocraticamente snelli come i notice
and comments britannici, proteggendo chi denuncia le frodi (whistle blowers),e insistendo sul fatto
che prevenire è più importante punire”.
La discussione che segue, moderata da
Elena Cattaneo, Giuseppe Macino e Gerry Melino che —insieme a Carafoli,
Corbellini, Pietro Rescigno e Fulvio Tessitore— fanno anche parte del comitato
ordinatore del convegno, coinvolge figure di spicco del mondo accademico e
culturale legato alla scienza come i rettori dell’Università di Milano e Roma
La Sapienza Gianluca Vago ed Eugenio Gaudio, il biochimico dell’ateneo torinese
Gianfranco Gilardi e il commissario dell'Istituto Superiore di Sanità Gualtiero
Ricciardi.
Se non ci fosse la possibilità d’errore non esiterebbe l’avanzamento scientifico. Ma proprio per questo a differenza di altre discipline la scienza basandosi sui dati empirici, pubblici e condivisi offre sempre le migliori conoscenze possibili in ogni dato momento storico, e se continua a godere di buona salute è proprio perché dell’autocorrezione di frodi ed errori , e degli strumenti per eliminarli, ne ha fatto “una scienza”.