fbpx Cosa serve per rilanciare l’ISS | Scienza in rete

Cosa serve per rilanciare l’ISS

Primary tabs

Tempo di lettura: 9 mins

Contributo per la riorganizzazione dell’Istituto Superiore di sanità

Premessa
Questo documento è un contributo alla riflessione sul riordino dell'Istituto superiore di sanità (ISS).
A partire dalle idee maturate nella nostra esperienza lavorativa, l’intento è di stimolare una discussione pubblica in questa delicata fase di ridefinizione dell'Iss, allo scopo di rilanciarne il ruolo di organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
L’Iss è commissariato dall’estate 2014 con motivazioni relative a problemi di bilancio negli anni 2011 e 2012.
Tuttavia, gli organi che sono stati fatti decadere – Presidente, Consiglio di amministrazione e Comitato scientifico – erano stati nominati nel 2013 e non potevano pertanto rispondere di problemi di bilancio precedenti al loro insediamento.
In una istituzione pubblica il commissariamento è sempre un momento delicato, ma in questa fase, in relazione ad un possibile riordino, vi è una preoccupazione aggiuntiva in quanto il Commissario, decaduti gli organi dell’Iss, si trova a operare in totale autonomia, senza rispondere ad alcun organismo di indirizzo gestionale o scientifico.
Un secondo elemento di preoccupazione è che la discussione sul riordino non sembra ancorata a una analisi delle esigenze del SSN che consenta di dire in quali ambiti le attività svolte siano adeguate e in quali altre ci sia necessità di un rafforzamento. Il terzo elemento riguarda le risorse, tenuto conto che il commissariamento è stato motivato da ragioni di bilancio, non è al momento noto alcun piano del Governo e del Parlamento, anche solo relativo ai prossimi 3-5 anni, che spieghi come si intenda affrontare la questione.

Di seguito si proverà a riflettere su alcuni aspetti che si ritengono essenziali per il riordino dell’ISS: 1) quale sia la domanda da parte di interlocutori nazionali e internazionali e come debba ispirare la riorganizzazione interna; 2) con quali risorse rispondere ai compiti assegnati; e 3) quale soggetto debba verificare che la proposta di riordino sia coerente con il mandato.
Si proverà a farlo superando atteggiamenti autoreferenziali, nella consapevolezza dei limiti e dei punti di forza dell’attuale capacità di intervento sui problemi sanitari del Paese e tenendo conto dei problemi che recentemente hanno minato l’immagine dell’ISS.

Il lato della domanda: gli interlocutori nazionali e internazionali dell’Iss

L’Iss ha una specificità rispetto al ruolo del Ministero della Salute, delle Agenzie regolatorie europee e italiane e delle Regioni. L’ISS deve poter svolgere attività tecnico-scientifiche di supporto per il SSN, riconosciute come autorevoli e indipendenti da condizionamenti e come tali di garanzia per la popolazione e per le stesse strutture governative.
In molti settori (dagli effetti dell’ambiente sulla salute al farmaco, dalle malattie infettive agli alimenti e veterinaria, ecc.) vi è una necessità continua di regolamentare, effettuare controlli, fornire indirizzi e pareri tecnici di “ultima istanza”. Per svolgere queste funzioni serve una competenza basata su un’attività quotidiana di ricerca, indipendenza di valutazione e spirito di servizio.

Nel riorganizzarsi, l’Iss dovrebbe tenere presenti diverse esigenze. In primo luogo, come emanazione del livello nazionale, sarebbe ragionevole tener conto dell’organizzazione attualmente presente a livello europeo, per meglio garantire il ruolo di interfaccia Ue/Italia e fornire il supporto scientifico necessario per affrontare adeguatamente le problematiche in discussione a livello internazionale.
Basti pensare alle Agenzie europee dei medicinali (EMA), della sicurezza alimentare (EFSA), delle malattie infettive (ECDC), dell’ambiente (EEA) e ad Agenzie internazionali (come il Centro salute ambiente dell’OMS).
In ambito nazionale, l’Istituto deve essere un punto di riferimento e di sostegno per le Regioni, in grado di rispondere alle sollecitazioni e ai bisogni di salute ed evitando, per quanto possibile, costose e inutili duplicazioni. Si pensi ai modi per affrontare al meglio emergenze sanitarie (dal ritiro di un vaccino influenzale all’epidemia di Ebola), ambientali-sanitarie (dalla valutazione dell’impatto ambientale dell’Ilva di Taranto a quella di un inceneritore), alimentari (dalla mucca pazza alla contaminazione da Escherichia coli dei germogli di soia).
Ancora in ambito nazionale, è indispensabile un organismo tecnico-scientifico centrale del SSN: ad esempio nel coordinamento delle iniziative nel settore dei trapianti e in quello delle malattie rare, nella valutazione delle tecnologie sanitarie, nelle linee guida, nella gestione di sorveglianze nazionali e nel coordinamento di piani nazionali (come quelli delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza e dello stato di salute della popolazione), nel supporto alla gestione sanitaria di emergenze di vasto impatto (dal bioterrorismo agli incidenti nucleari, alle conseguenze sanitarie di eventi climatici estremi).
Prevedere un modello di riorganizzazione mirato a questa vasta committenza rende anche evidenti le aree nelle quali è necessaria una maggiore azione dell’Iss, nonostante le attuali carenze di competenze. Si pensi all’HTA (Health Technology Assessment) nell’ambito dei dispositivi medici. Naturalmente, si tratta di attività che potrebbero anche essere affidate a organismi esterni all’Iss, a patto tuttavia che siano in grado di fornire garanzie di autonomia e competenza scientifica.
La ricognizione delle esigenze del SSN consentirebbe anche di evidenziare attività che possono essere considerate non più prioritarie, come alcuni controlli e certificazioni attualmente in carico all’ISS. In presenza di una competenza diffusa all’interno del SSN potrebbe non essere più necessario disporre di una funzione centrale. La riorganizzazione deve pertanto tenere conto delle attività da avviare ma anche di quelle svolte in passato che è ora opportuno limitare o dismettere. In futuro, la ridefinizione delle attività dell’Iss dovrebbe essere basata sui processi di valutazione periodica.
Non va scartata a priori la possibilità di prestare servizi diretti all’esterno allo scopo di attrarre risorse economiche, ma queste attività vanno analizzate molto attentamente per non indebolire le attività istituzionali e influire negativamente sul ruolo dell’ISS e sulla sua percezione da parte dei cittadini.

Sulla base delle considerazioni precedenti, l’identificazione delle strutture organizzative dovrà:
- rispecchiare le priorità definite nelle politiche sanitarie nazionali e internazionali;
- avere una massa critica qualificata in strutture funzionalmente agili per le attività rilevanti, intervenendo con misure ad hoc di reclutamento del personale finalizzate anche a risolvere il problema del precariato e distinguendo in modo più netto in futuro l’attività di formazione dei giovani ricercatori dal lavoro istituzionale;
- rendere visibili all’esterno le competenze interne e fornire un contesto di "incubazione" per le competenze in fase di formazione nelle rispettive strutture;
- assicurare un approccio multidisciplinare e integrato per affrontare le tematiche sui cui l’ISS è chiamato a esprimersi.

L’obiettivo da perseguire dovrebbe essere una “riconoscibilità” immediata dei settori di intervento dell’Iss e la possibilità di riaggregazioni operative rapide per fronteggiare emergenze sanitarie nazionali o globali. Un possibile modello organizzativo potrebbe prevedere un approccio flessibile, dove accanto a dipartimenti che si riferiscano alle missioni delle grandi agenzie europee o mondiali sia presente una struttura più modulare con dimensioni variabili, organizzata sia intorno a tematiche sanitarie specifiche che a competenze e condivisione delle metodologie.

Quali risorse per il funzionamento dell’Iss

Per garantire autonomia di giudizio e rafforzare il senso di fiducia dei cittadini è di fondamentale importanza che l’ISS disponga di una sufficiente indipendenza economica. Non è questa la situazione attuale. Il bilancio del 2013, al netto dei finanziamenti specificamente dedicati al Centro nazionale sangue (CNS) e al Centro nazionale trapianti (CNT), è stato di 98,0 milioni di euro. Si tratta di un finanziamento che a malapena copre le spese per il personale con contratto a tempo indeterminato, e che non consente più la manutenzione o il rinnovo delle strumentazioni scientifiche. Si deve poi considerare che almeno il 25% del personale dell’Iss lavora con contratti a termine su molte attività strategiche per la salute pubblica e le risorse attuali non riescono a garantire la continuità di lavoro di questo personale.
Gli Enti pubblici di ricerca non possono non avere un finanziamento statale dedicato a svolgere l’attività di ricerca. Basti pensare all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che, a fronte di una dotazione organica equivalente a quella dell’ISS, dispone di un bilancio che è più del doppio.

È stato solo grazie alla capacità dei ricercatori dell’ISS di competere nell’acquisizione di risorse esterne, a livello nazionale e internazionale, se l’Istituto Superiore di Sanità continua a garantire un’attività di ricerca, di consulenza, di controllo. Bisogna però essere consapevoli che la graduale sostituzione del finanziamento statale con un finanziamento proveniente da progetti di ricerca comporta due effetti distorsivi potenzialmente gravi. Il primo è che si disinveste da attività istituzionali, a favore di altre che possono anche non essere coerenti con le priorità del SSN, non in base a decisioni trasparenti ma solo per inseguire le risorse necessarie alla sopravvivenza. Il secondo è che si crea ulteriore precariato nel tentativo di coprire sempre nuove aree di competenza e, da questo punto di vista, la situazione dell’ISS è diventata insostenibile.

Gli effetti negativi appena descritti sono in buona misura presenti anche se le risorse aggiuntive provengono da istituzioni pubbliche (come Ministeri e Regioni) o non profit sulla base di commesse ad hoc. Ogni volta che una istituzione ha assoluto bisogno di un finanziamento per sopravvivere aumentano inevitabilmente i rischi di condizionamento. È invece importante che i cittadini abbiano fiducia che ogni parere espresso dall’Iss su delicate attività di ricerca e di valutazione non potrà essere condizionato dalla presenza o assenza di uno specifico finanziamento: si pensi all’analisi degli effetti sulla salute dell’uranio impoverito, alla verifica sulla sicurezza di vaccini/farmaci/pesticidi o di un nuovo dispositivo medico. Non è difficile immaginare gli ulteriori danni che potrebbero derivare nel caso in cui vi siano anche i conflitti di interesse dovuti a finanziamenti privati in aree sulle quali l’Iss è chiamato a svolgere la sua funzione istituzionale. Ancora, basti pensare ai condizionamenti che volta per volta potrebbero derivare se i finanziamenti fossero addirittura influenzati dagli orientamenti politici dei diversi Ministri. In sostanza, il sotto-finanziamento mette a rischio le funzioni di terzietà e può minare in maniera irreparabile la credibilità dell’Iss. Va da sé che i fondi di finanziamento statale devono essere legati a obiettivi predefiniti nei piani di attività triennale dell’ISS, i cui risultati dovrebbero essere successivamente adeguatamente valutati.

Chi deve supervisionare e approvare il riordino dell’ISS

Nel 1973 è stata approvata dal Parlamento la legge 519/1973 che ha definito compiti e organizzazione interna dell’ISS. Dalla fine degli anni '90 si è andati incontro a un processo di progressiva delegificazione. Dopo un primo riordino avviato nel 1999, nel 2012 ha preso inizio la fase di riordino attualmente in corso (D.Lgs. 28 giugno 2012 n. 106); nel novembre 2014 è stato pubblicato in gazzetta ufficiale lo Statuto dell’Iss, che prevede la definizione dei regolamenti di organizzazione, verso i quali si deve dunque procedere.
Lo Statuto prevede tuttavia che la proposta di riorganizzazione interna sia approvata dal Consiglio di amministrazione sentito il parere del Comitato scientifico. In mancanza di questi due organismi, secondo alcune interpretazioni il potere di riordino sarebbe da considerarsi in capo al Commissario dell’Iss. Ora, si può concordare sulla inutilità che il Parlamento si occupi della riorganizzazione interna dell’ISS, ma che quest’ultima venga affidata a un’unica persona indipendentemente dal parere tecnico e scientifico di altre parti in causa è completamente inappropriato. Quando si mette mano a organismi di questa importanza è impensabile – a meno di non correre deliberatamente grossi rischi di fare gravi danni – che non si avvii una discussione pubblica trasparente.

Conclusione

Nella riorganizzazione dell’Istituto dovranno essere affrontati aspetti importanti non considerati in questo documento: dalla definizione di criteri e modalità interni ed esterni di valutazione delle attività, al reclutamento del personale tenendo conto del personale precario che nel corso degli anni ha consolidato in Iss competenza e professionalità, dal modello di relazioni con altre istituzioni di ricerca e agenzie (a cominciare da Agenas, Aifa), alla necessaria riorganizzazione della componente amministrativa.
I diversi interventi da adottare dovranno rafforzare la capacità di azione dell’Iss come organo tecnico-scientifico del SSN, salvaguardandone terzietà e autonomia, al fine di garantirne la credibilità.
Serve inoltre un finanziamento pubblico adeguato, che svincoli la comunità scientifica dalla ricerca continua dei fondi anche per svolgere le attività istituzionali.
E' necessario, infine, che il riordino avvenga in un Istituto non commissariato, con un Consiglio di amministrazione che svolge il compito di indirizzo proprio della committenza e un Comitato scientifico rappresentativo della comunità scientifica esterna e interna all’ISS, garante della qualità delle scelte effettuate. 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

30 all'ora per la vita: mettiamolo nel Codice della strada

limite di velocità

Il limite a 30km/h non è una fissazione antiautomobilistica da fricchettoni, scrive Silvia Bencivelli: a mostrarlo sono i numeri. Eppure, mentre l’Europa rallenta in nome della vivibilità e della sicurezza, sulle strade italiane il Codice della Strada permette di continuare a correre - non appena il traffico lo consente. Insomma, con il nuovo Codice, ora all'esame del Senato, abbiamo perso un'occasione per avere strade più sicure.

Crediti immagine: Markus Winkler/Unsplash

Le associazioni per la sicurezza stradale hanno tutte il nome di qualcuno. Lorenzo, Michele, Sonia, Matteo: persone che avrebbero preferito intestarsi altro, semmai, e invece sono morte sulla strada. Morte, perché qualcuno alla guida di un mezzo a motore le ha investite e uccise. Eppure noi quell’evento continuiamo a chiamarlo “incidente”, come se fosse inatteso, sorprendente: come se non fosse evidente che tra un pedone e un automobilista la responsabilità dello scontro è quasi sempre dell’automobilista e a morire è quasi sempre il pedone.