fbpx Antropologia semiseria dell’anestesista rianimatore | Scienza in rete

Antropologia semiseria dell’anestesista rianimatore

Primary tabs

Tempo di lettura: 2 mins

E’ vero che “Divinum est sedare dolorem”, ma vi siete mai soffermati sui veri artefici del miracolo divino di sedazione del dolore?

In “Noi rianimiamo” edito da Progedit, Giovanni Ancona ci racconta la sua esperienza di mezzo secolo di professione trascorso tra sale operatorie, centri di rianimazione e di terapia intensiva. Il tema affrontato si preannuncia delicato e prepara il lettore a un racconto emotivamente difficile, ma accade invece che, sin dalle prime pagine, sorrisi ed episodi spassosi fanno da protagonisti.
Perché “Noi rianimiamo” è un’antropologia semiseria dell’anestesista rianimatore: i non addetti ai lavori si ritrovano catapultati in un microcosmo inaspettato che ha le caratteristiche di un’opera da teatro dell’assurdo, a tratti dimacabra farsa o di una vera e propria bolgia infernale.
Sulla scena si alternano chirurghi e primari, con i loro rituali e codazzi da maestri, ingessati in un intrinseco “chirurgo pride”; infermieri e colleghi, con abitudini e manie spesso discutibili; pazienti con vicende diverse e reazioniindividuali variegate. Sullo sfondo gli spazi, gli strumenti e le pratiche di un ospedale del passato,privo cioè del supporto tecnologico e informatico odierno: tubi, aghi, bombole di ossigeno, apparecchi di monitoraggio e aste portaflebo riempite delle soluzioni più varie e complicate sono parte di descrizioni puntuali che si integrano nelle righe di una narrazioneveloce che tuttavia non perde mai di profondità.

Nella trama di questo racconto sagace ed esilarante, l’autore non rinuncia infatti a mettere a fuoco i suoi stati d’animo, le sue angosce e le sue legittime paure che hanno accompagnato le diverse fasi della sua carriera. Da monologhi sinceri e riflessioni profonde emerge quindi tutta la complessità umana del mestiere di anestesista, al cui rigore professionale devono aggiungersi altri oneri fondamentali. Quello della solidarietà,  quando si viene a contatto con i grovigli della vita e del destino della gente e si diventa depositari di confidenze e verità che i parenti dei pazienti non si sognerebbero di dire a nessuno, se non fossero in preda a momenti di panico e smarrimento.
In più, e non meno importante, l’enorme responsabilità di gestire l’imprevisto per salvare ogni singola vita, con l’amara consapevolezza di non avere il dono dell’infallibilità.
Nel libro, l’autore tratteggia l’impegno della sua missione quotidiana riprendendo i celebri versi di John Donne, che compaiono sul frontespizio del romanzo di Hemingway “Per chi suona la campana”: “Nessun uomo è un’isola…Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io partecipo dell’Umanità”.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.