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I 25 anni del centro WHO di Verona

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L’ultimo rapporto della Scuola di Sanità Pubblica di Harvard stima per il 2011-2030 gli effetti delle malattie sulla produzione: quelle mentali saranno responsabili del 35% della perdita di produzione. Secondo infatti l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie mentali causano i maggiori danni all'individuo e alla stessa collettività: circa il 12% dei DALYs (disability adjusted life year) relativi a tutte le malattie è dovuto proprio ai disturbi mentali contro un 10% delle malattie cardiovascolari e un 5% di tutte le forme tumorali e neoplasie. Oggi quasi 450 milioni di persone al mondo è affetto da disturbi mentali. A fronte di questi dati, la percentuale del fondo sanitario del nostro Paese dedicato ai servizi di salute mentale non supera il 3%, mentre nel Regno Unito questa percentuale si attesta al 12%.

Molti progressi sono stati fatti negli ultimi anni nella cura di questi disturbi, abbiamo oggi a disposizione non solo farmaci, ma anche interventi psicologici e psicosociali di provata efficacia. Tuttavia molto resta ancora da fare. L’occasione giusta per approfondire il tema delle malattie mentali  sarà nel corso del convegno Independent Research and Innovative Practice: New Frontiers for Better Mental Health Care, organizzato dal Centro WHO per la formazione e la ricerca della salute mentale che si terrà a Verona il 21 settembre. Il convegno vedrà la partecipazione tra i relatori di alcuni esponenti di spicco in ambito internazionale quali Peter Tyrer docente di psichiatria presso l’Imperial College di Londra, Benedetto Saraceno dell’ Università di Ginevra e Sir David Goldberg del King’s College di Londra. Andrea Cipriani, ricercatore presso il centro veronese parlerà del progetto Mental Health Gap. Nei Paesi economicamente svantaggiati l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato l’esistenza di un notevole gap tra le conoscenze a nostra disposizione e le pratiche effettivamente messe in atto per la cura del disagio psicologico e delle malattie neurologiche. Al fine di colmare questo gap l'OMS, in collaborazione con il centro collaborativo di Verona, sta producendo una serie di raccomandazioni, basate sulle prove di efficacia, orientate a migliorare lo standard terapeutico dei paesi economicamente svantaggiati. Si discuterà inoltre della ricerca scientifica indipendente e della pressione a cui gli scienziati vengono sottoposti dai finanziatori che premono per avere risultati concreti e in linea alle loro aspettative e sottopone la scienza a una riduzione della quantità di informazioni disponibili e quindi anche della qualità per via della segretezza che spesso comporta la ricerca.

Il convegno sarà anche l’occasione per festeggiare i 25 anni da quando la World Health Organization ha designato il Centro di Verona come Centro Collaboratore. Il centro si propone di raggiungere due importanti obiettivi: cercare di colmare il divario esistente tra i bisogni delle popolazioni e le risorse disponibili per ridurre il carico dei disturbi mentali nel mondo e promuovere la salute mentale. “Dal 1987 il Centro WHO di Verona ha fatto grandi passi avanti nella ricerca nel campo della salute mentale”, spiega Michele Tansella direttore del Centro, “riuscendo ad acquisire una posizione di leader nel campo europeo come dimostrano gli oltre 60 lavori pubblicati solo lo scorso anno sulle più importanti riviste internazionali”.
Il centro svolge tre tipologie di attività: clinica, formazione e ricerca. Nell’ ambito della ricerca, studi molto importanti vengono svolti sugli psicofarmaci, saggiandone l’efficacia e gli effetti collaterali. “Purtroppo lo sviluppo di farmaci è fermo a 30 anni fa, le case farmaceutiche non investono”, spiega Tansella, “in un settore nel quale non si possono avere risultati immediati”. Il mondo della ricerca in generale non investe in questo campo, per questo i ricercatori del Centro cercano in maniera coerente di integrare tutte le conoscenze, mettendo insieme paradigmi diversi. “Solo integrando le ricerche psicologiche, sociali insieme a quelli biologiche si possono superare le frontiere, lo studio del genoma da solo non spiega l’insorgenza di una malattia, bisogna valutare le variabile genetiche collegandole a fattori ambientali”. I pazienti del Centro di Verona con disturbi psicotici gravi vengono sottoposti ai più moderni studi di neuro-imaging per identificare le alterazioni a livello celebrale. I collaboratori del centro per arricchire i propri studi epidemiologici possono usufruire, oltre ad avanzate strutture informatiche con elaborazione dati, di uno dei più “vecchi” Registri Psichiatrici dei Casi presenti in Europa.

Vengono inoltre tenuti importanti corsi di comunicazione, cercando di sviluppare le qualità comunicative dei medici, “molto spesso il medico non riesce a cogliere gli spunti forniti dai pazienti, una buona comunicazione nell’ambito sanitario ha un impatto profondo sulla salute del paziente, sul suo benessere, sulla sua capacità di prendersi cura di sé e sull’esito della patologia”, afferma Tansella. Ma forse l’obiettivo più ambizioso del Centro è quello di riuscire a combattere il pregiudizio che esiste intorno alle malattie mentali, la discriminazione intorno ai malati non aiuta la ricerca. “La gente non ritiene possibile una vittoria contro queste malattie, c’è pessimismo. Si ignora, per esempio, che 1/3 degli affetti di schizofrenia può guarire completamente dalla malattia”.

Il 21 settembre potrà essere l’occasione per parlare di questo “male oscuro” che affligge i nostri tempi.

 


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