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Vaccini e anticorpi, la rivoluzione dell'immunologia

Tempo di lettura: 13 mins

Perché rigettiamo i trapianti? Perché le nostre difese a volte sbagliano bersaglio e ci aggrediscono? Come si può stimolare il sistema immunitario? Perché e come compaiono nuove malattie prima sconosciute come l’AIDS, nuove versioni di virus influenzali, ceppi tossici dell’innocuo Escherichia coli (il batterio di cui tanto si è parlato nel mese di giugno e che ha causato più di trenta morti in Germania, suscitando grande allarme sui media)?

Fornire – in una forma facilmente comprensibile – gli elementi per rispondere a queste domande o, almeno, capire se e in che misura questi interrogativi sono risolti o ancora aperti per gli scienziati è l’obiettivo di questo libro, volto a chiarire natura e scopi dell’Immunologia, ossia lo studio delle difese del nostro organismo.

La ricerca in questo settore è uno dei componenti della rivoluzione biomedica che caratterizza la Scienza della fine del secondo millennio e dell’inizio del terzo. Le scoperte effettuate in ambito immunologico hanno infatti avuto un impatto profondo sulle conoscenze scientifiche in generale e sulla medicina in particolare, causando radicali cambiamenti in diversi settori: genomica, diagnostica, terapia e prevenzione.

Ad esempio, grazie alla scoperta che i geni degli anticorpi si «mischiano» fra loro per produrre nuove molecole anticorpali capaci di legarsi in modo specifico a sostanze estranee (in un processo detto di «riarrangiamento genetico ») è mutata la nostra visione del genoma: da fisso, immutabile, a dinamico, capace di cambiare.

Ancora, la scoperta degli anticorpi monoclonali, ossia della metodologia che consente di produrre in quantità illimitata anticorpi dotati di grande specificità, ha completamente rivoluzionato – seppur senza clamori – la diagnostica, ovvero quella terra di confine in cui milioni di persone «incontrano» la medicina per scoprire il loro stato di salute. Facciamo tutti gli «esami del sangue», ma non sappiamo cosa c’è dietro, ignoriamo che negli ultimi decenni sono stati introdotti nuovi test ed è cambiato il modo di fare analisi.

Infatti proprio gli anticorpi monoclonali, scoperti per studiare il sistema immunitario, sono diventati strumenti diagnostici utilizzati per valutare lo stato dell’immunità. Il film Philadelphia ha reso noto al grande pubblico che l’andamento dell’AIDS viene seguito contando il numero di linfociti «CD4», sottoclasse di linfociti T (cellule del sistema immunitario che svolgono un importante ruolo di coordinamento delle nostre difese) che ci protegge da microbi, virus e tumori, e che il virus HIV distrugge. Questa conta viene effettuata utilizzando anticorpi monoclonali in grado di legarsi ai CD4.

Un ulteriore esempio è il test del PSA: effettuato per verificare lo stato di salute della prostata e valutare il rischio di sviluppo di un cancro, è basato su anticorpi monoclonali in grado di identificare questo antigene prostatico specifico (PSA, appunto, prodotto dalla prostata) e di misurarne con grande accuratezza la quantità in circolo nel sangue.

Gli studi in ambito immunologico hanno cambiato e stanno cambiando anche la terapia. Cento anni fa Paul Ehrlich, uno dei pionieri dell’Immunologia e della Medicina, aveva sognato di usare gli anticorpi contro il cancro. Oggi lo facciamo: il loro utilizzo ha cambiato la vita dei pazienti e ci auguriamo la migliori sempre di più, considerato che tra i nuovi farmaci in sperimentazione uno su tre è un anticorpo. E siamo andati oltre il sogno di Ehrlich: utilizziamo gli anticorpi anche contro malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, malattie infiammatorie croniche dell’intestino e agenti infettivi.

Forse, però, il più grande contributo della ricerca immunologica alla salute dell’uomo rientra nel capitolo della prevenzione. Si tratta dei vaccini, che nel secolo scorso hanno permesso di sconfiggere malattie come vaiolo, poliomielite e difterite – che oggi quasi fatichiamo a ricordare – ponendo fine alle disastrose epidemie e all’alto costo di vite umane che comportavano. Oggi i vaccini consentono applicazioni preventive anche contro alcuni tipi di tumori, ad esempio del collo dell’utero e del fegato. Ma la loro sfida più grande riguarda il futuro ed è duplice. Da una parte debellare veri e propri flagelli come la diarrea infantile o la polmonite da pneumococco, che nei paesi  poveri causano ancora centinaia di migliaia di morti. Semplicemente diffondendo quelli già disponibili, infatti, si potrebbero salvare almeno 2,5 milioni dei 10 milioni di bambini che muoiono ogni anno. Dall’altra parte, la sfida è sviluppare vaccini innovativi che contribuiscano a debellare grandi flagelli dell’umanità, come malaria, tubercolosi e AIDS. Lo sviluppo di vaccini innovativi è anche una salvaguardia contro la minaccia di nuove pandemie (SARS, Aviaria, Influenza A). Usando le parole di un grande vaccinologo, Rino Rappuoli, «i nuovi vaccini rappresentano l’assicurazione sulla vita per l’umanità del Terzo millennio».

Ma non è tutto. Le ricerche in Immunologia hanno in un certo senso cambiato il modo stesso in cui guardiamo alle malattie. Grazie alle ricadute di queste ricerche si è scoperto che perfino malattie fra loro molto diverse e ritenute assai distanti dall’ambito immunitario – come infarto del miocardio, patologie degenerative del cervello e tumori – hanno invece una forte componente immunologica e infiammatoria.

A questo punto, forse, è utile capire qualcosa di più sul sistema immunitario: come è fatto e come funziona? Il sistema immunitario è stato di volta in volta paragonato ad un’orchestra o ad un esercito: due metafore fra loro molto diverse, rappresentative di due aspetti differenti ma complementari e strettamente intrecciati del modo di funzionare dell’immunità.

L’orchestra (metafora spesso utilizzata all’interno della comunità scientifica, al punto che alcuni Congressi internazionali di Immunologia sono stati aperti o chiusi da immunologi che suonavano… appunto in un’orchestra!) allude al ruolo di mantenimento di una vita ordinata dell’organismo, a partire dallo sviluppo embrionale, con direttori (i linfociti T) che sovrintendono all’armonico funzionamento di tutti i componenti, gli orchestrali e gli strumenti, che non abbiamo ancora finito di identificare.

La metafora bellica o poliziesca allude invece al ruolo del sistema immunitario nella risposta all’aggressione da parte degli agenti microbici, proprio come un esercito ben organizzato dal punto di vista delle gerarchie e delle specializzazioni. Si tratta di due facce della stessa medaglia: come tali, utilizzeremo entrambe le metafore nel tentativo di offrire una rappresentazione speriamo il più chiara e completa possibile. Sono due i meccanismi chiave del sistema immunitario: riconoscimento e comunicazione. «Riconoscimento» perché deve individuare la presenza di invasori, aggredirli e riparare il danno subito, senza danneggiare i componenti normali dell’organismo, e distinguendo fra microbi buoni e cattivi. «Comunicazione» perché per fare tutto questo nel modo giusto e senza auto-danneggiarsi è necessario un sistema di trasmissione delle informazioni efficace ed efficiente.

Numerose e diverse sono le cellule che compongono il sistema immunitario: i globuli bianchi o leucociti o cellule bianche del sangue. Ne esistono tipi (o popolazioni) differenti: ad esempio i neutrofili che circolano nel sangue, i macrofagi presenti in tutti gli organi e tessuti come polmoni, fegato, pelle e intestino, le cellule dendritiche,  vere e proprie sentinelle che danno l’allarme al sistema immunitario in presenza di un agente estraneo. Ancora, i linfociti, un ulteriore tipo di globuli bianchi, i membri più piccoli della famiglia: possono misurare meno di un centesimo di millimetro (10 micron), e sono divisi in sotto-popolazioni differenti, ciascuna delle quali svolge specifiche funzioni. Tutte queste cellule di difesa, localizzate in diverse aree del nostro organismo, assolvono compiti distinti ma lavorano tutte insieme, in modo armonico, per proteggerci nella maniera migliore. Fondamentale, infatti, il perfetto bilanciamento del sistema immunitario, in un complesso gioco di yin e yang che deve garantire la «stabilità» dell’organismo anche di fronte a mutamenti esterni o aggressioni (quella che in gergo si chiama omeostasi). Laddove questo equilibrio armonico si altera, il nostro sistema di difesa diventa esso stesso un nemico. Le ragioni di questo «tradimento» dei difensori sono in gran parte ancora poco chiare, restano uno dei misteri più grandi per l’Immunologia. Possiamo paragonarlo, volendo, a quello che nel film Guerre Stellari è il «lato oscuro della Forza» che corrompe i cavalieri Jedi e non fa più distinguere il Bene dal Male. Il risultato è una risposta eccessiva o mal diretta che può – come vedremo – arrecare danno ai tessuti e promuovere malattie diverse, perfino tumori.

Paragonato per la sua estrema complessità al sistema nervoso centrale, il sistema immunitario consente all’organismo di combattere gli agenti infettivi come virus e batteri. Questa vasta gamma di meccanismi di difesa può essere suddivisa in due diverse categorie: l’immunità non specifica o innata e l’immunità specifica o adattativa.

L’immunità innata funziona come vera prima linea di difesa contro le infezioni. Si basa su un particolare tipo di globuli bianchi – i fagociti, cellule capaci di «mangiare» molti agenti che causano malattie – ed è il fondamento dell’intero sistema immunitario: per difenderci dagli agenti patogeni e riparare il danno causato il nostro corpo scatena una risposta infiammatoria. L’infiammazione è un fenomeno noto fin dall’antichità. Le sue quattro caratteristiche tipiche sono state schematizzate da Galeno di Pergamo, uno dei più famosi medici della Roma imperiale e di tutto il mondo antico, secondo per fama solo ad Ippocrate: arrossamento, dolore, calore e gonfiore (rubor, dolor, calor, tumor).

Gli studi immunologici hanno portato a scoprire che questa risposta del nostro organismo, che sembrava stereotipata e ripetitiva, in realtà è di una complessità straordinaria. Sotto questa etichetta generale si nascondono cose fra loro molto diverse che vedremo via via nel corso di questo libro, perché differenti sono i nemici che il nostro organismo si trova ad affrontare, dal grosso verme intestinale al virus invisibile.

Le risposte infiammatorie dunque non sono altro che la manifestazione dell’attivazione dell’immunità innata, e sono alla base di un numero enorme di malattie. Dalle più comuni, come il mal di gola, alle più complesse come le patologie cosiddette autoimmuni, dovute cioè ad una reazione sbagliata, inappropriata o in eccesso, del sistema immunitario: è il caso dell’artrite reumatoide o delle malattie infiammatorie dell’intestino. Negli ultimi anni sono poi  state scoperte le malattie «auto-infiammatorie», che colpiscono i bambini: cause genetiche scatenano un’infiammazione incontrollata che provoca gravi patologie, ad esempio problemi cerebrali e febbre ricorrente. Una componente infiammatoria hanno anche le malattie infettive, poiché innescano una reazione che prosegue poi in modo incontrollato (ad esempio l’epatite cronica successiva alle epatiti), e le malattie cardiovascolari, prime fra tutte l’arteriosclerosi e l’infarto del miocardio. Infine i tumori, per i quali l’infiammazione rappresenta un meccanismo che può contribuire o all’insorgere della malattia o al suo sviluppo.

Nella maggior parte dei casi le nostre prime linee di difesa, costituite dall’immunità innata, risolvono i nostri problemi senza che neppure ce ne accorgiamo. Non a caso, negli organismi più primitivi sono totalmente sufficienti, da sole, a garantire l’equilibrio con il mondo esterno. Se però un agente infettivo riesce a superare la loro resistenza iniziale, entra in gioco un sistema di difesa più complesso e sofisticato, comparso molto più tardi nell’evoluzione: 360 milioni di anni fa (mentre l’immunità innata risale ad 1 miliardo di anni fa, e la comparsa della febbre a 600 milioni di anni fa).

È la cosiddetta immunità adattativa (o acquisita, o specifica), di cui tutti abbiamo, nella nostra conoscenza comune, una generica consapevolezza. Sappiamo infatti che, ad esempio, se siamo vaccinati contro il virus dell’epatite B non siamo però protetti da virus diversi come quello dell’epatite A o C, per cui servono vaccini ad hoc. Caratteristiche dell’immunità adattativa sono infatti la sua «specificità », in quanto riconosce un agente estraneo ma non altri, e la sua «memoria», che le consente di ricordare i patogeni (o i vaccini) che incontra. Se a distanza di tempo viene nuovamente a contatto con lo stesso agente infettivo, dunque, l’organismo risulta immune e quindi protetto. Le vaccinazioni sfruttano proprio la specificità e la memoria dell’immunità acquisita.

Questa linea di difesa così sofisticata ha come attori cellule specializzate: sono i linfociti, di cui con il tempo abbiamo imparato a conoscere e distinguere tipi e sottotipi. I linfociti B o cellule B producono specifiche armi di difesa dette anticorpi, che «si attaccano» al patogeno e aiutano il sistema immunitario a distruggerlo. I linfociti T (cosiddetti in quanto originano nel timo), invece, sono i direttori dell’orchestra immunologica perché sovrintendono all’armonico funzionamento di tutti i componenti del sistema immunitario, garantendo il perfetto equilibrio del nostro organismo. E, quando veniamo a contatto con gli agenti microbici, diventano gli strateghi delle nostre forze di difesa.

Esistono diverse popolazioni di linfociti T, che ancora non abbiamo finito di identificare. A seconda dei casi, queste possono avere un ruolo di puro comando o di combattenti di prima linea. In base alla propria specializzazione e gerarchia, tali popolazioni di linfociti T sono presenti in zone differenti dell’organismo: quelle più in alto nella catena di comando si localizzano nei linfonodi e in altri organi linfoidi (ad esempio la milza), che costituiscono la «centrale operativa» del sistema immunitario; quelle gerarchicamente più in basso pattugliano invece tutti gli altri tessuti, con specializzazioni differenti. Così, fra i linfociti T distinguiamo i T coadiuvanti o T helper – che quando entrano in gioco coordinano anche la funzione delle cellule dell’immunità innata, potenziando la capacità dei macrofagi di attaccare i patogeni, e aiutano le cellule B a produrre anticorpi – e le cellule T citotossiche, che rappresentano le «truppe d’assalto» della famiglia dei globuli bianchi, con licenza di uccidere le cellule infettate dai virus.

Come si vede da questa rapida descrizione, nel mondo infinitamente piccolo in cui si consumano le grandi battaglie del sistema immunitario, vivono e agiscono tanti protagonisti misconosciuti. Il primo obiettivo di questo libro, dunque, è aiutare il lettore a capire come funziona il sistema immunitario, componente fondamentale della rivoluzione biomedica dell’ultimo secolo, raccontandone i «protagonisti » attraverso metafore antropomorfiche che ci aiuteranno a comprendere la logica dei loro comportamenti.

Parleremo dunque dei fagociti, eroi senza ballate del sistema immunitario scoperti a Messina dal biologo russo Elie Metchnikoff lavorando su una stella marina con una spina di rosa. Descriveremo le cellule sentinella e i recettori Toll-like scoperti una mattina di Pasqua in un laboratorio in Germania da Christiane Nüsslein-Volhard, mentre studiava il moscerino della frutta. Le carte d’identità che consentono il riconoscimento delle cellule del nostro organismo. La capacità del sistema immunitario di prevedere l’imprevedibile attraverso la casualità. Le chemochine e le molecole adesive, che come segnali stradali e semafori dirigono il traffico dei globuli bianchi. I macrofagi, che come poliziotti corrotti invece di difenderci aiutano i tumori a crescere e diffondersi. I virus, che come pirati nella loro evoluzione genetica hanno catturato alcune molecole dell’immunità e se ne servono per sovvertire e tenere sotto controllo le nostre difese. E che cambiando nel tempo costituiscono per noi una minaccia sempre presente. Ancora, i vaccini, che ci hanno permesso di sconfiggere malattie come vaiolo, poliomielite e difterite, ponendo fine alle disastrose epidemie che comportavano. E che oggi promettono applicazioni anche terapeutiche e per patologie non infettive come i tumori.

Altro obiettivo del libro è provare a trasmettere il senso di dubbio e l’incertezza, ma anche la sorpresa, l’entusiasmo e la passione che accompagnano chi fa ricerca nel mondo così complesso delle nostre difese immunitarie.

L’Immunologia, come tutte le scienze, è un’avventura dell’ingegno umano, la cui storia è fatta dai percorsi, a volte tortuosi, che hanno condotto ad alcune scoperte fondamentali, dalle circostanze in cui queste sono avvenute e dalle persone coinvolte. In alcuni casi la priorità delle scoperte è oggetto di visioni diverse all’interno della comunità di chi partecipa alla ricerca di frontiera in questo settore (ad esempio, il gene Toll e i recettori Toll-like, oggetto del capitolo 3), dibattito non privo di implicazioni per l’assegnazione di premi importanti. Collocare le scoperte nella loro dimensione storica costituisce un tentativo – speriamo riuscito – di dare una percezione del continuo e concreto divenire della ricerca scientifica: un divenire fatto di persone, cose e luoghi. Non abbiamo dunque l’intenzione di sostituirci a una Storia dell’Immunologia, e  anzi ci auguriamo che queste note possano spingere qualche lettore interessato ad approfondire il tema, con l’aiuto della bibliografia che completa il volume.

Alla luce di questo proposito generale e di questi limiti, chiediamo anticipatamente scusa per eventuali inesattezze, augurandoci di essere riusciti ad offrire un’immagine complessiva e – speriamo – facilmente comprensibile dello stato dell’arte dell’Immunologia, delle sue radici scientifiche e delle vicende umane che vi stanno dietro, delle sue ricadute sociali e del suo ruolo nel progresso delle scienze. Karl Popper diceva: «Ogni scienziato (…) ha contratto un debito nei confronti dei propri simili: presentare il frutto dei suoi studi nella forma più chiara, più semplice e più modesta possibile». Con il presente volumetto speriamo di aver risposto, almeno in parte, a questo invito del grande filosofo e di aver gettato un ponte fra il sapere scientifico e la società tutta.


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