fbpx Ci mancava l'ospedale omeopatico | Scienza in rete

Ci mancava l'ospedale omeopatico

Tempo di lettura: 3 mins

A Pitigliano in Ospedale ci si occuperà di agopuntura, omeopatia e fitoterapia. “A quando maghi e fattucchiere negli Ospedali” si chiede Garattini? Non fa una piega, ma in Regione si offendono. Lo facciamo per avviare sperimentazioni che possano documentarne l'efficacia e misurarla, avrebbe detto l'assessore alla sanità. No assessore, proprio no, la ricerca sui rimedi che chiamano alternativi o complementari - salvo forse l’agopuntura - non va fatta.

Ecco perché. Per sperimentare nell’uomo servono come minimo:

  1. dati di laboratorio che suggeriscano per una certa sostanza un meccanismo d’azione plausibile;
  2. dati sull’animale che indichino che non fa male e funziona;
  3. studi sui volontari che dimostrino che non fa male.

Nessun prodotto omeopatico e nessun’erba ha mai dimostrato di avere nessuno di questi requisiti. Se queste regole valgono per i farmaci perché non devono valere per omeopatia e fitoterapia?“ I medici “alternativi” dicono che ci sono molti studi che dimostrerebbero l’efficacia delle loro terapie. Studi ce ne sono, è vero, ma nessuno di questi ha mai fornito prove sufficienti a raccomandare l’omeopatia per alcun tipo di disturbo (è la conclusione di Lancet e di Effective Health Care che esamina l’efficacia degli interventi medici).

Ma se 700 mila persone in Toscana ricorrono alle medicine alternative un motivo ci sarà”. Qui bisogna intendersi. Persone che curano il diabete o lo scompenso di cuore con la pranoterapia o l’ayurvedica o persone che quando hanno il mal di schiena o l’influenza usano l’omeopatia?

“Ma se la medicina non può fare nulla, perché non dare all’ammalato la possibilità di curarsi in un altro modo come garantisce la Costituzione?” Il nostro ordinamento garantisce il diritto alla salute, non alla cura. E poi, che cos’è una cura? Qualcosa che guarisce o quanto meno che migliora la qualità di vita e lo si dovrebbe poter dimostrare.

“Non funzionerà ma almeno non fa male”. Un po' è vero, anche se in Belgio nove donne sono finite in dialisi per via di un'erba cinese che prendevano per dimagrire. L'omeopatia no, effetti negativi non ne ha proprio, la sostanza da cui si parte è talmente diluita che la soluzione finale non contiene nulla. Ma di omeopatia chi è davvero malato può anche morire se incontra qualcuno che lo convince ad abbandonare le sue cure, è successo tante volte (ho visto casi così finiti male e malissimo).

Alternativa è anche la medicina antroposofica, si basa sulle teorie del dottor Rudolf Steiner che agli inizi del secolo scorso era convinto che gli ammalati si potessero curare in base alle leggi che regolano le manifestazioni dell'anima, dello spirito e della natura. Pensava anche che dopo la morte l’uomo si reincarnasse. E’ come dire che gli asini volano: non si può escludere, ma fino ad oggi nessuno è riuscito a dimostrarlo.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Identità rubate e referee fantasma: come le paper mills aggirano le riviste

Una macchina da stampa

Sempre più, nel mondo delle pubblicazioni scientifiche emergono reti organizzate che creano identità fasulle per far accettare articoli costruiti ad hoc. Furti di e-mail, profili inesistenti e revisori compiacenti permettono alle paper mills di vendere firme e pubblicazioni a ricercatori sotto pressione. E le riviste cercano di correre ai ripari con nuovi sistemi di identificazione

Se la prossima volta che inviate un articolo a una rivista scientifica vi sentirete chiedere un documento d’identità, non abbiatene a male. Le case editrici si interrogano su quale sia il miglior metodo per verificare di avere a che fare con un ricercatore o una ricercatrice reale. Nel mondo editoriale, dove tutte le interazioni avvengono per e-mail, c’è sempre maggior preoccupazione per i furti d’identità.